Contributo unificato, aumenti ingiusti

L’aumento del contributo unificato potrebbe avere effetti deleteri sul nostro sistema giudiziario, già sofferente, senza risolvere il problema principale della giustizia italiana: la lentezza dei processi.

Anzi, come sostengono anche alcuni addetti ai lavori, con il rischio di disincentivare il soggetto che si rivolge all’ordine giudiziario per la verifica dell’effettivo rispetto della normativa, vessandolo con la richiesta di pagamento di somme spropositate rispetto al servizio offerto.

In particolare l’aumento del contributo unificato nel processo amministrativo in materia di appalti pubblici previsto dal ddl di “stabilità” è sbagliato e molto pericoloso, oltre che dal punto di vista del diritto di agire a tutela dei propri interessi legittimi, di cui all’art. 24 della Cost., anche da quello della prevenzione degli abusi e della verifica della correttezza dell’azione amministrativa.

Insieme al collega Iannuzzi abbiamo presentato un emendamento alla legge di “stabilità”, per tentare di porre rimedio; come tutti gli emendamenti che comportano dei costi, non sarà di facile approvazione ma è una battaglia di civiltà giuridica che merita di essere combattuta e lo faremo.

Per capirne di più, però, vi consiglio di leggere questa pagina di lexitalia.it e questa lettera al ministro della Giustizia Severino:

Catania, 20 ottobre 2012

On.le Avv. Prof.
Paola Severino

Gentilissima Signor Ministro,
la dignità e fermezza della Sua figura, unitamente alla Sua semplicità e disponibilità, mi inducono a permettermi di rivolgerMi a Lei senza alcuna formalità con l’assoluta convinzione della Sua attenzione.
La questione del DDL sulla “Stabilità” in relazione al contributo unificato in materia di appalti, richiede alcune riflessioni.
Esse vanno risolte – prima che richiamare elementari principi normativi, peraltro di rango costituzionale – secondo semplici considerazioni di buon senso, ragionevolezza e proporzionalità (che peraltro, sono espressione dell’articolo 97 della Costituzione e costituiscono cardini del sistema comunitario).
Chi ha previsto il contributo in una tale entità, non conosce chiaramente l’attuale momento del sistema giudiziario, con particolare riferimento al diritto del cittadino di rivolgersi al Giudice dello Stato.=
Esso è già gravemente menomato dall’attuale contributo, anch’esso sproporzionato e posto in violazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione.
Le partecipanti alle procedure di appalto invero, già sono enormemente condizionate dall’esigenza di pagare un così esoso contributo, essendo costrette a rinunziare al diritto garantito dall’articolo 24 della Costituzione.
Non esiste proporzione infatti, tra il contributo ed il valore della causa (che pure, ai sensi della normativa del 2001, doveva costituire il parametro per la sua determinazione).
Addirittura, oggi sono soggetti a contributi, non solo il diritto all’azione, ma anche quello all’eccezione (ovvero, il ricorso incidentale che, nel giudizio amministrativo assume quasi sempre il ruolo di eccezione e dunque di semplice strumento di difesa, che non incide affatto sul valore della causa).
Ancor più paradossale è l’eguaglianza di trattamento riservata a giudizi di valore tra loro enormemente diverse (in quanto, una causa relativa ad un appalto di importo pari ad un milione di euro, viene trattata esattamente come una di valore pari a 100 milioni, sino all’infinito).
Sono certo che già tali argomenti, faranno sussultare la sua suscettibilità e soprattutto, che non la indurranno a richiamare la “discrezionalità legislativa”.
La conseguenza di tali fatti è devastante.
Viene praticamente mortificato il diritto di difesa (e, sull’argomento, non occorre aggiungere altro).
Tutto ciò aggravato dalla smisurata dinamicità delle pronunzie amministrative, anche in relazione alla proliferazione legislativa, sì che oggi si alternano costantemente pronunzie di segno contrario su questioni identiche (tanto da rendere praticamente impossibile, l’attività di consulenza).
Ma ancor di più, viene costituita una zona franca per le infiltrazione della malavita negli appalti pubblici.
Il fenomeno è purtroppo tipico della materia (non solo in Sicilia, ma in tutta Italia).
E mi riferisco, anche ai noti fenomeni della “cricca”.
Si provoca infatti la sottrazione degli affidamenti al controllo del Giudice Amministrativo (tant’è che, più di pensare ad una diminuzione del contenzioso, prevarrà la teorica del “fatto compiuto”, ovvero delle aggiudicazioni illecite che non troveranno nemmeno un controllo di legittimità (considerato che, i tempi del giudizio penale, sono peraltro impraticabili).
Nè è ipotizzabile una soccombenza del diritto di difesa, rispetto a quello dell’organizzazione amministrativa degli uffici giudiziari o della finanza pubblica, che debbono trovare altri rimedi, che non siano quelli della evidente violazione degli articolo 24 e 3 della Costituzione.
Allora, se si vogliono assumere rimedi, si garantisca un miglior operato delle amministrazioni, anche invitando i Giudici Amministrativi a trovare soluzione che rendano più omogenee le proprie pronunzie; o si intensifichino i lavori di controllo e sanzione delle note interferenze sulle procedure di appalto, frutto spesso di quelle a livello politico o di intreccio delle competenze (magistrati e consulenti).
Ma non si uccida l’articolo 24 della Costituzione.
ringranziandoLa per la Sua preziosa attenzione, porgo i miei più distinti saluti.
Ignazio Scuderi

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