Dimissioni o sfiducia

Marco LaudonioAndrea Draghetti su www.partitodemocratico.it

Aldo Brancher deve dimettersi. Lo chiede Enrico Letta a nome del PD dopo che in una nota il Quirinale afferma che il neoministro per l’Attuazione del federalismo non può ricorrere al legittimo impedimento per evitare di presentarsi in tribunale: “Le parole del Quirinale sono un macigno. Solo le dimissioni del ministro Brancher possono sanare questo scandalo. Le chiediamo per il bene del Paese e per il rispetto delle istituzioni” dichiara immediatamente il vice segretario del Pd. Da pochi minuti le agenzie stanno battendo la nota del Quirinale: “In rapporto a quanto si è letto su qualche quotidiano questa mattina a proposito del ricorso dell’onorevole Aldo Brancher alla facoltà prevista per i ministri dalla legge sul legittimo impedimento si rileva che non c’è nessun nuovo ministero da organizzare in quanto l’onorevole Brancher è stato nominato semplicemente ministro senza portafoglio”. Il Colle fa riferimento alle notizie apparse questa mattina sui quotidiani che riferiscono della comunicazione dello stesso Brancher al tribunale di Milano, dove è in corso il processo Antonveneta e per il quale il ministro ha deciso di avvalersi della legge sul legittimo impedimento, così da evitare il processo a differenza della moglie, imputata ma non ancora assurta a titolare di un dicastero. Mentre lui si è valso il titolo di ministro al legittimo impedimento, come rimarcava in mattinata Filippo Penati, capo della segreteria politica di Pier Luigi Bersani.
Ora dimissioni, altrimenti il PD è pronto a presentare la mozione di sfiducia, come annuncia Dario Franceschini, capogruppo PD alla Camera: “Adotteremo tutte le iniziative parlamentari conseguenti d’intesa con gli altri gruppi di opposizione, compresa una possibile mozione di sfiducia comune. Intanto – sottolinea – è necessario che Berlusconi venga immediatamente in aula a spiegare le ragioni della nomina: ho scritto dunque al presidente Fini perché solleciti Berlusconi ad essere personalmente in aula mercoledì al question time che presenterò a nome del gruppo del Pd”.

E dopo le dimissioni affronti il processo Antonveneta che lo vede imputato in tribunale come rimarca Rosy Bindi, presidente dell’Assemblea nazionale del Partito Democratico: “Sul legittimo impedimento per il neoministro Brancher il presidente della Repubblica pronuncia parole ineccepibili e giuste. Alle nostre obiezioni sull’inutilità, in tempi di crisi, di un nuovo ministro ci era stato risposto che si trattava di una nomina low cost, e invece il neoministro del nulla dice che non può presentarsi dai magistrati perché deve
organizzare il proprio dicastero. Motivazioni risibili, contraddittorie e inaccettabili. Non si può tollerare l’uso personale delle istituzioni, lo stravolgimento della legalità e la beffa alla Costituzione. Non c’è altro da aggiungere, il ministro si dimetta e si presenti in tribunale”.
Da Napolitano è arrivata una sconfessione sonora come rimarca il responsabile Giustizia del Pd, Andrea Orlando: “La nota del Quirinale conferma che ancora una volta il Capo dello Stato costituisce un punto di riferimento fondamentale per la corretta attuazione della Costituzione. Per questo merita un plauso e un sostegno pieno. Il neo ministro ne tragga le dovute conseguenze e lasci il bunker di un incarico vuoto e inutile. Le istituzioni non sono a disposizione dei singoli, ma sono strumenti per servire il Paese”.

Un ministero inutile a occuparsi dell’attuazione del federalismo che ha fatto litigare PDL e Lega, con un nominato che si accavalla alle competenze al centro del ministero per le Riforme di Umberto Bossi, dei Rapporti con le Regioni di Raffele Fitto dell’Attuazione del programma di Gianfranco Rotondi, di quello per la Semplificazione di Calderoli. Un vero ufficio complicazione cose semplici, che comporta il cambio delle deleghe dopo appena tre giorni dal giuramento, in mano all’uomo da sempre considerato il pontiere di Berlusconi con i leghisti.

Intanto le parole che giungono dal Quirinale “sono chiare, nette ed incontrovertibili – dichiara Anna Finocchiaro, presidente del gruppo Pd a Palazzo Madama – Brancher ne tragga le conseguenze, altrimenti in Parlamento non permetteremo che un uso così disinvolto delle istituzioni e delle loro prerogative continui ad oltraggiare la democrazia italiana”.
“Questa vicenda conferma una delle critiche di incostituzionalità fatta dal Pd alla legge sul legittimo impedimento”, osserva Stefano Ceccanti, della presidenza del gruppo Pd a Palazzo Madama. “Infatti, per invocarlo è sufficiente una sorta di autocertificazione che non può essere messa in discussione dai giudici anche quando le sue motivazioni sono palesemente false – osserva – come è evidenziato dalla nota del Quirinale”.
L’ex segretario del Pd, Walter Veltroni, attacca: “Deve dimettersi. Le ragioni della sua inopinata nomina sono emerse immediatamente nella loro reale natura: Brancher è stato nominato ministro esclusivamente nel tentativo di usufruire del legittimo impedimento per sfuggire ad un processo. Il Quirinale ha reso evidente, con la sua nota, la pretestuosità delle motivazioni con le quali il neo ministro ha tentato di usare la sua carica per non rispondere ai magistrati” aggiunge Veltroni sottolineando che “il rapporto diretto tra la nomina e il tentativo di avvalersi immotivatamente del legittimo impedimento delegittima completamente il ministro Brancher”. “Le sue dimissioni mi sembrano -conclude Veltroni il minimo atto di responsabilità richiesta”.
Anche Nicola Latorre, vicepresidente del Gruppo Pd al Senato ai microfoni del Gr1 la pensa allo stesso modo: “Il ministro Brancher non ha alcuna ragione per servirsi del legittimo impedimento e per la verità non si comprendono neanche le ragioni per cui è stato nominato ministro, dunque a questo punto farebbe bene a dimettersi”. Latorre ha aggiunto che “il presidente Napolitano con il consueto equilibrio e la saggezza che lo contraddistinguono, ha interpretato nella maniera più giusta la legge e la Costituzione”.

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Della serie al peggio non c’è mai fine, Brancher finalmente è uscito allo scoperto. Davanti alle pressioni da parte di tutto il mondo politico e alla richiesta di dimissioni da parte del Pd, il neo ministro senza funzioni ha finalmente rilasciato le sue prime dichiarazioni alla stampa.

“Contro di me solo cattiveria” è stata la prima miccia bagnata a cui è seguita un perla: “Attaccano me per l’eliminazione dell’Italia dai mondiali di calcio”. Poi non contento delle prime barzellette che raccontava ha fatto il suo terzo errore: “le mie deleghe sono tutte state pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale”. Peccato solo che nessuna Gazzetta Ufficiale (o ufficiosa) abbia mai pubblicato nulla. Insomma sbugiardato davanti a tutti, Brancher ha continuato a balbettare scuse che non avevano neanche la benché minima ombra di verità.

Pensando all’attacco contro la nazionale di calcio, ora rimane solo il dubbio che le deleghe per il suo dicastero siano contenute nella Gazzetta dello Sport!

Per il coordinatore della segreteria nazionale del Pd, Maurizio Migliavacca è arrivata “conferma, per bocca dallo stesso on. Brancher, che nemmeno lui sa quali siano le deleghe che gli sarebbero state assegnate. Balbetta in tv e rimanda ad una Gazzetta Ufficiale mai uscita. Inoltre, l’unico accostamento possibile tra la sua vicenda e la performance dell’Italia è che sono state due debacle”.

“Diciamo la verità. L’on. Brancher si è fatto nominare ministro nei giorni dei mondiali perché sperava che il suo ‘inciucio’ venisse coperto dal clamore dei successi della Nazionale. Questo non è accaduto, e oggi tira in ballo il calcio per un paragone improponibile e un po’ grottesco. Che c’entra la sconfitta dell’Italia in Sudafrica con la vicenda di cui si è reso tristemente protagonista? Anzi, diciamo noi, meno male che gli italiani non hanno perso la capacità di indignarsi nonostante la calura e il calcio, come evidentemente vorrebbe qualcuno”.

Molto ironico il giudizio di Stefano Ceccanti, senatore del Pd. “Il neo-ministro Brancher invita al’opposizione a leggere le sue deleghe sulla Gazzetta Ufficiale. Al momento esse non sono mai state pubblicate, nonostante che rientrino nella piena disponibilità del Governo, senza ulteriori controlli. Il sito del Governo potrebbe comunque anticiparle, anche prima della Gazzetta, ma al momento esso ha solo la delega a Brancher come sottosegretario del 27 giugno 2008.
Se il ministro Brancher conosce le sue deleghe ce le può gentilmente comunicare?
Altrimenti siamo costretti a concludere che non le conosca o che non esistano ancora o che ci sia un illegittimo impedimento a renderle note”.

Anche Stefano Di Traglia, responsabile Comunicazione del Pd, ha replicato alle parole del ministro Brancher: “L’Italia non è fatta di odio. L’Italia e gli italiani chiedono semplicemente che le istituzioni non siano utilizzate per puri fini personali o per sfuggire a un giudizio della magistratura. Gli italiani chiedono solo rispetto per le istituzioni. E’ difficile capirlo? Per questo non è possibile che l’on. Brancher rimanga un solo minuto in più ministro della Repubblica”.

“Sono in piena confusione! Non si capisce più chi decide cosa e quali responsabilità intendono condividere le forze politiche che compongono la maggioranza di governo. In questo caos la Lega si è data il ruolo spregiudicato di chi c’è e non c’è, sa e non sa, condivide e non condivide. Tutto questo non è più tollerabile e gli esponenti della Lega hanno il dovere di rispondere ai cittadini, come e più di altri, di quanto sta accadendo”. A dirlo è Filippo Penati, capo della segreteria politica di Pier Luigi Bersani.

“Significative, in questo senso, le interviste di oggi al ministro Calderoli e al capogruppo alla Camera Reguzzoni. Entrambi – ha proseguito Penati – dicono e allo stesso tempo negano cose diverse tra loro sia riguardo la scelta di Brancher, sia riguardo i compiti che gli sarebbero stati assegnati”.

“Uno, nessuno e centomila è il titolo di un famoso romanzo di Pirandello ma, a quanto pare, è diventato – ha concluso Penati – anche il ruolo della Lega nel governo Berlusconi.”