Fermiamo la linea della mafia

Stamattina ho partecipato al al Consiglio straordinario sul contrasto alla criminalità organizzata e il sostegno alla legalità nel X Municipio di Roma (Ostia). Agli amici di Ostia ho detto che…

piovra020Leonardo Sciascia nel 1970 in un‘intervista sulla mafia, rilasciata a Giampaolo Pansa de ‘La Stampa’ illustrò la sua teoria della linea della palma.

“Secondo una teoria geologica, per il riscaldamento del pianeta la linea di crescita delle palme sale verso il nord di un centinaio di metri all’anno. Per questo motivo, fra un certo numero di anni, vedremo nascere le palme anche dove oggi non esistono. Anche la linea della mafia sale ogni anno. E si dirige verso l’Italia del nord. Tra un po’ di anni la vedremo trionfare in posti che oggi sembrano al riparo da qualsiasi rischio. E anche al nord la mafia avrà gli stessi connotati che oggi ha in Sicilia”.

Le cronache giudiziarie di questi anni ci hanno raccontato di come vada riscritta la geopolitica criminale. In questi ultimi anni, grazie al lavoro incessante delle Forze dell’ordine e della Magistratura e grazie anche all’opera di giornalisti e cittadini coraggiosi, abbiamo scoperto che l’economia mafiosa non è solo un’esclusiva del Sud Italia.

I beni confiscati sono un segno della presenza delle organizzazioni criminali sul territorio e nel Lazio non si può parlare di una presenza sporadica, temporanea, episodica.

Roma, con 383 beni, è la settima provincia in Italia per immobili e aziende confiscati alle mafie, mentre il Lazio è la sesta regione con 482 beni.

La mafia sceglie zone dove può investire e che possano produrre redditività, dove si può contare sua una maggiore disattenzione nel valutare alcuni fenomeni e dove le infiltrazioni avvengono a livello economico, senza la volontà di avere anche il controllo di un territorio come avviene tradizionalmente nel Sud.

Una mafia con queste caratteristiche diventa molto più difficile da scovare, perché spesso si nasconde dietro una maschera di rispettabilità che la rende quasi invisibile.

Ma questo ci deve consegnare un dato di come nessun territorio può considerarsi immune dalle contaminazioni mafiose.

Il primo terreno di scontro in cui la società civile, innanzitutto, deve impegnarsi è sul piano culturale.

Guai se attecchisse e si diffondesse la cultura mafiosa, la cultura del silenzio, dell’omertà, della illegalità.

Si avvererebbe la tragica previsione di Sciascia “Tutta l’Italia diventerebbe Sicilia” nella peggiore delle accezioni. Ostia, Roma hanno gli anticorpi necessari per combatterla. C’è un tessuto sociale ed economico che può prevenire ogni tentativo di infiltrazione criminale.

Non bisogna negare che ad Ostia ci siano infiltrazioni malavitose: l’importante è non convincersi, non rassegnarsi che bisogna convivere con questa realtà.

E’ necessaria una forte azione di contrasto a tutti i livelli da parte della società civile, nei confronti di tali fenomeni.

Quanto alla questione degli affari economici essi devono osservati con attenzione nel momento in cui si realizzano, perché dopo potrebbe essere tardi. Solo se ci sarà una volontà diffusa consapevolezza ed una radicata volontà di contrastare il fenomeno criminale in tutte le sue manifestazioni si potrà impedire la “colonizzazione” di questa parte d’Italia da parte delle organizzazioni criminali.

Una comunità sana che è portatrice di valori positivi ha il dovere di opporsi con forza a questi tentativi e troverà a proprio fianco le istituzioni.

Il rischio è forte ma altrettanto forte deve essere la speranza nella società civile, nel patrimonio di valori della legalità che dobbiamo contribuire a diffondere e che sono il fondamento indispensabile per una economia sana che produce ricchezza e benessere per tutti.

Ho iniziato citando un illustre siciliano voglio concludere citandone un altro.

“La lotta alla mafia- diceva Paolo Borsellino – è il primo problema da risolvere nella nostra terra bellissima e disgraziata”.

“La lotta alla mafia – continuava – non deve essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale che coinvolge tutti e specialmente le giovani generazioni, le più adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità”.

Ecco credo che queste parole debbano essere di monito per tutti. Facciamo in modo, a cominciare dagli impegni che assumiamo oggi che Ostia continui ad essere bellissima e non diventi disgraziata.

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