L’Italia Giusta parte dal Sud

In questa campagna elettorale abbiamo cercato di parlare a tutti, soprattutto a chi normalmente non viene interpellato perché “non conta” La nostra idea di Italia giusta è un Paese dove nessuno è escluso, dove tutti contano. Vorrei affrontare con voi una grande questione di esclusione, di marginalizzazione, di vera e propria scomparsa. Il Mezzogiorno, in questi anni il grande assente dal dibattito pubblico del nostro Paese. È stato difficile persino parlarne, pronunciare la stessa espressione, un tempo asse forte di ogni politica, “questione meridionale”.

L’agenda politica imposta dalla destra è stata, invece, occupata da liberalizzazione del mercato del lavoro, rinnovati attacchi all’articolo 18,  flessibilità’ del lavoro, libertà’ di licenziare: ricette pericolose e dannose ovunque ma semplicemente inutili dove c’è un’estesa e radicata disoccupazione.

Ci vuole sviluppo, politiche del lavoro serie e forti. Ci vuole orientamento e formazione. Ci vogliono vere politiche di sviluppo che aggrediscano le barriere assieme a grandi investimenti nelle infrastrutture. Per far sì – il vero obiettivo da promuovere e tutelare – che le imprese nascano, crescano, si irrobustiscano, si sviluppino.

Ulteriori liberalizzazioni a senso unico – cioè solo a danno dei lavoratori – del mercato del lavoro sono scorciatoie  dannose e pericolose per le donne in cerca di occupazione, per i giovani, per il Mezzogiorno. I problemi di un mercato così complesso ed esposto alla concorrenza internazionale non si risolvono per legge o con colpi di mano ma con il consenso, con gli accordi tra le parti sociali e il governo.

La competitività che, come tutti ripetono, manca al Sistema Italia e in misura ancora maggiore al Sud, deve invece basarsi sull’innovazione e sulla qualità’. Diversamente non produrrebbe reale e solida competitività.  Qualità’ dell’impresa,  dei prodotti e della ricerca ma soprattutto delle risorse umane.

Lo diciamo adesso, in questa campagna elettorale. Per far sapere cosa guiderà le nostre scelte al governo del Paese, affinché siano scelte giuste.

Non c’è’ tempo da perdere. Per il Mezzogiorno e’ allarme rosso. O c’è’ una svolta strutturale oppure il Mezzogiorno si perde e viene risucchiato in una recessione, questa sì, strutturale.

La crisi del Mezzogiorno e’ un mix micidiale di fattori materiali e immateriali: crisi economica e delegittimazione del Mezzogiorno vanno infatti di pari passo. Le scelte economiche compiute in questi anni dal centrodestra hanno dato luogo a una distribuzione delle risorse a favore delle aree più forti.

Il Mezzogiorno vive una situazione drammatica, per molti aspetti paragonabile a quella della crisi petrolifera del 1973 che pose fine alla più intensa convergenza mai avvenuta nella storia d’Italia e alla quale fece seguito un indebolimento strutturale dell’intervento straordinario nel Mezzogiorno.

La recessione che oggi viviamo registra un fatto nuovo con cui dobbiamo confrontarci. Nelle fasi congiunturali negative il Mezzogiorno, per effetto della sua minore apertura ai mercati internazionali, risentiva meno delle difficoltà’ economiche. Questa volta e’ proprio nel Sud che la crisi morde più’ ferocemente perché’ il Mezzogiorno somma due cose insieme: la generalizzata crisi attuale e le debolezze strutturali che si aggravano ulteriormente in una fase così’ difficile.

E’ un Mezzogiorno debole, che vede aggravati i propri elementi di debolezza e indebolire i fattori più dinamici che ci sono, dentro una debolezza più generale dell’Italia. Una debolezza dove la crisi economica dell’oggi – e di ieri – genera una sempre più marcata crisi di fiducia, per cui anche il domani appare nero. Eppure, come in tutte le vicende sociali, non c’è’ niente di irreversibile. Occorrono però uomini giusti che vogliano e sappiano fare le scelte giuste nei tempi giusti.

Ci vuole una svolta. Un governo che sappia parlare al Sud. Noi possiamo farlo: gli altri hanno altri interessi e per loro il Sud è solo riserva di voti e consensi. Noi dobbiamo farlo perché, riprendendo lo slogan con il quale le donne hanno rivendicato la propria dignità, Se Non Noi Chi?

Una svolta. A partire da un grande Piano nazionale per il Mezzogiorno che sia in grado di affrontare la questione meridionale così come si pone oggi nel 2013. Una questione che si pone con forti elementi di continuità’ rispetto al passato ma anche con elementi di rottura. Noi dobbiamo vedere sia l’una che l’altra, dobbiamo vedere, insieme, sia la continuità’ che la frattura.

Ciò che è cambiato radicalmente è il contesto internazionale in cui si muovono il Mezzogiorno e l’Italia. La globalizzazione cambia profondamente i termini della questione meridionale. Non c’è’ più’ soltanto il divario tra Nord e Sud e la rincorsa del Sud verso i modelli di sviluppo del Nord. La sfida per lo sviluppo del Mezzogiorno si colloca in un contesto ben diverso da quello che fissava i vecchi termini della contesa fra Mezzogiorno, Nord, Stato centrale. La vera e nuova dimensione dello sviluppo del Mezzogiorno e’ la dimensione internazionale. Guai se non la vedessimo.

La nuova centralità del Mediterraneo nei commerci internazionali può aiutarci, può rappresentare una grande e nuova opportunità. A una semplice condizione: dovremo saper passare dalle declamazioni, ormai stanche e insopportabili, ai fatti.

Il Mediterraneo torna a essere – dopo cinque secoli – una delle aree strategiche dell’economia mondiale. Lo vediamo anche oggi, nonostante la crisi e le difficoltà’ mondiali. Ma occorre fare presto e bene. Se ci sapremo fare il Mezzogiorno può diventare la più importante piattaforma logistica d’Europa. Occorre concentrare grandi capitali nel campo delle infrastrutture, di una nuova politica industriale, della ricerca, dei servizi, dei saperi, della formazione. Occorre investire nel capitale materiale ma ancor più nella scuola dalla quale può formarsi quel capitale immateriale che tanto manca alla società meridionale e che ne contrassegna i ritardi più delle strade malridotte.

E si può fare molto in termini di trasferimenti di tecnologia, di formazione nei confronti dei paesi dell’area mediterranea: torna alla mente il progetto, assurdamente dimenticato, di Politecnico del Mediterraneo da far nascere in Sicilia grazie alle sue Università.

Occorre agire su più fronti: migliorare le infrastrutture, valorizzare le risorse umane, contrastare il fenomeno mafioso. Occorre, insomma, muoversi contestualmente su ciascuno di questi fronti. Come occorre fare in tutte le grandi imprese che abbiano l’ambizione di cambiare l’oggi e preparare il domani.

Il Sud non cresce senza il Paese, senza nuove, forti e incisive politiche di sviluppo nazionali.

Ma sappiamo anche che l’Italia non può faccela senza il Mezzogiorno. La Sicilia e il Sud rappresentano la più grande risorsa per lo sviluppo dell’Italia. Un’Italia che, per l’appunto, vogliamo “Giusta”. Un’Italia che guardi al suo Mezzogiorno come una grande opportunità.

Solo noi possiamo dare questa speranza, solo noi possiamo dare ai nostri giovani un orizzonte di futuro. Con questa consapevolezza dobbiamo impegnarci, andare casa per casa e convincere la Sicilia, il Mezzogiorno e il Paese. Ne va solo della nostra vita e della sua qualità, per lasciare ai nostri figli una terra della quale possano essere orgogliosi.

 

1 comment to L’Italia Giusta parte dal Sud

  • Pippo Di lorenzo

    Il nostro mezzogiorno ha bisogno di sviluppare il turismo nelle sue forme culturale, termale e congressi, abbiamo bisogno di poter collegare le nostre città con le stesse strade e le stesse ferrovie del nord per portare sviluppo e lavoro.

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