LOTTA ALLA POVERTA', APPROVATA LA LEGGE PER IL REDDITO DI INCLUSIONE

1,6 MILIARDI DI EURO PER IL CONTRASTO ALLE DISEGUAGLIANZE SOCIALI

POVERTAUna misura strutturale e non una tantum, un finanziamento pari ad 1 miliardo di euro a partire dal 2017 (600 milioni per il 2016) per realizzare misure di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale.
Oggi il Parlamento ha approvato il disegno di legge delega che introduce misure importanti per venire incontro a quella fascia sempre più ampia di popolazione che vive in condizioni di povertà. Proprio nella giornata in cui l’Istat ha certificato che 1 milione e mezzo di famiglie nel 2015 viveva in condizioni di assoluta povertà (4 milioni e mezzo di persone), aver introdotto per la prima volta una misura nazionale quale il reddito di inclusione mi sembra un primo importantissimo passo per rispondere alle crescenti diseguaglianze acuite dalla crisi economica. Aiutando davvero chi ha pochissimo o nulla. Una misura, tra l’altro, che va nella direzione di quanto suggerito dall’Istat (con un sostegno concreto per le famiglie maggiormente bisognose, con bimbi, disabili o anziani) e da varie risoluzioni e raccomandazioni dell’Unione Europea che spingono per l’introduzione di una misura di reddito minimo nei Paesi UE. Stiamo andando nella giusta direzione, nonostante i demagoghi del M5S sostengano il contrario e si siano opposti al ddl approvato oggi. I cinquestelle preferiscono parlare di reddito di cittadinanza elargito a tutti, uguale per tutti, indipendentemente dal reddito e dalla situazione lavorativa. Ignorando l’impraticabilità di una simile proposta (attuata solo in Alaska, in via sperimentale!), alla quale il PD ha preferito i fatti di una misura concreta, realizzabile e seria per rispondere a drammi sociali sempre più profondi.
Ecco quindi di seguito gli obiettivi e i dettagli del ddl di contrasto alla povertà.

GLI OBIETTIVI

L’obiettivo del Ddl è l’introduzione in Italia di una misura nazionale di contrasto della povertà e dell’esclusione sociale (o reddito minimo), denominata Reddito d’inclusione, che sia garantita uniformemente su tutto il territorio nazionale, come livello essenziale delle prestazioni.

La misura è universale ma condizionata alla prova dei mezzi, cioè è rivolta a tutti coloro che si trovano sotto una determinata soglia di reddito.
La soglia individuata è quella della c.d. povertà assoluta, definita come l’impossibilità di disporre dell’insieme dei beni e dei servizi necessari a condurre un livello di vita dignitoso.
La misura si dovrà comporre di un sostegno economico e di una componente di servizi alla persona assicurata dalla rete dei servizi e interventi sociali territoriali.
Saranno i servizi sociali del Comune ad accogliere le domande dei nuclei familiari interessati, che verranno poi sottoposte a controlli e verifiche da parte dell’Inps e poi affidate a un’équipe multidisciplinare istituita a livello di ambito territoriale (sono i c.d. distretti sociosanitari che includono un certo numero di comuni) e che deve vedere la partecipazione anche degli altri servizi interessati (centro impiego, scuola, asl, enti e agenzie per la casa etc) per costruire un progetto personalizzato per il nucleo familiare a cui saranno assegnati degli obblighi e delle opportunità (corsi di formazione, ricerca impiego, frequenza scolastica etc) per fuoriuscire dalla condizione di povertà. Il sostegno economico verrà erogato da un Ente centrale (Inps o Poste). La valutazione dei requisiti di accesso verrà fatto sulla base dell’Isee tenendo conto dell’effettivo reddito disponibile e di indicatori della capacità di spesa.

Il Ddl disegna la misura così come dovrà essere a regime, ossia quando lo stanziamento del relativo Fondo sarà sufficiente a coprire tutti i nuclei familiari in povertà assoluta. Finché lo stanziamento non sarà a quel livello, il Ministero dovrà stabilire attraverso il Piano nazionale per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale le somme da erogare e i destinatari individuandoli prioritariamente tra i nuclei familiari con figli minori o con disabilità grave o con donne in stato di gravidanza accertata o con persone con più di 55 anni di età in stato di disoccupazione.

LE RISORSE

Le risorse destinate alla nuova misura sono quelle previste dal Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale, istituito dalla legge di stabilità 2016, e che prevede uno stanziamento di 1 miliardo a partire dal 2017. Un fondo quindi strutturale, non uno stanziamento una tantum.
Il ddl prevede inoltre l’assorbimento progressivo nel Fondo delle prestazioni di natura assistenziale finalizzate al contrasto della povertà, con una serie di eccezioni che le fanno quindi individuare essenzialmente nella Social Card e nell’Asdi, prevedendo comunque la tutela di coloro che sono già destinatari delle stesse.
Il Ddl prevede altresì che il Fondo possa ricevere altri stanziamenti da altri provvedimenti di legge: ciò segnala la volontà di incrementare progressivamente il Fondo fino a coprire interamente la platea di tutti i nuclei familiari in condizione di povertà assoluta.
A ciò si aggiunge la previsione di impiegare i fondi dell’Accordo di partenariato per l’utilizzo dei fondi strutturali europei 2014-2020 a sostegno degli interventi previsti dai progetti personalizzati oppure per il rafforzamento dei servizi sociali.

IL SISTEMA

La nuova misura richiede un cambiamento nel funzionamento del sistema dei servizi sociali. Anche se essi hanno sempre gestito il contrasto alla povertà poiché fino ad oggi affidata all’autonomia comunale e quindi alle risorse stanziate dai bilanci dei singoli Comuni (con quale disparità è facile immaginare), la nuova misura richiede un approccio molto più impegnativo in termini di controllo, di presa in carico e di monitoraggio e valutazione, nonché di capacità di relazione con gli altri enti del territorio. La prima leva su cui agire è quella del rafforzamento della gestione associata dei servizi sociali, che esiste già per tutti i Comuni del territorio nazionale in quanto tutte le regioni hanno recepito nelle loro leggi le indicazioni della L. 328/00, ma che spesso si basa su forme di associazionismo “leggero” (accordi di programma, convenzioni) che non garantiscono il pieno sviluppo della regia dei servizi in termini di efficacia e di efficienza. Il Ddl prevede quindi di rafforzare le forme di gestione, dando una delega al governo per il riordino della normativa inerente le forme strumentali per la gestione associata dei servizi sociali; infine, il Ddl prevede meccanismi premiali per favorire le forme associative più stabili nell’assegnazione delle risorse dell’Accordo di partenariato per l’utilizzo dei fondi strutturali europei 2014-2020.

Inoltre, essendo del tutto evidente che la “devolution” delle competenze in materia di politiche sociali alle Regioni, avvenuta con la riforma del titolo V, ha creato una profonda disparità territoriale, il Ddl istituisce un organismo di coordinamento del sistema degli interventi e dei servizi sociali, presieduto dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con la partecipazione delle regioni, delle province autonome di Trento e di Bolzano, delle autonomie locali e dell’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e il coinvolgimento periodico delle parti sociali e degli organismi rappresentativi degli enti del Terzo settore.

Occorre tenere presente che molte Regioni hanno già istituito propri strumenti di reddito minimo: nel rispetto della competenza costituzionale, l’obiettivo è anche quello di trovare modalità che possano portare al coordinamento di queste misure regionali con la misura unica nazionale.

CONTROLLI E MONITORAGGIO

La creazione della nuova misura necessità di un salto di qualità anche nella capacità di controllo e monitoraggio di quanto avviene nel campo dei servizi sociali e ciò passa soprattutto dal rafforzamento (previsto nel Ddl) del sistema informativo dei servizi sociali e del Casellario dell’assistenza, dalla sua integrazione con i sistemi informativi sanitari e del lavoro, nonché con i sistemi informativi di gestione delle prestazioni già nella disponibilità dei comuni; il Ddl dispone anche il miglioramento della fruibilità delle informazioni del sistema informativo dei servizi sociali da parte degli enti locali, a supporto della gestione, della programmazione e del monitoraggio della spesa sociale locale e per la valutazione dell’efficienza e dell’efficacia degli interventi realizzati nei singoli territori; prevede infine anche il rafforzamento degli obblighi di trasmissione di dati al sistema informativo da parte degli enti, delle amministrazioni e dei soggetti obbligati, ivi comprese le segnalazioni relative a trattamenti indebitamente percepiti, e l’introduzione di sanzioni per i soggetti inadempienti.

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