Mattarella: la politica nel nome di mio padre ucciso dalla mafia

Per chi non l’avesse letta, riporto l’intervista di Tony Zermo a Bernardo Mattarella – da La Sicilia del 4 settembre 2009.

UN PEZZO DI STORIA. «Anche Falcone convinto che a sparare fu Fioravanti»

Tony Zermo

mattarellaNon confondiamo i tanti Mattarella. Bernardo Mattarella, deputato regionale del Pd, è figlio del presidente Piersanti ucciso dalla mafia nel gennaio ’80, nipote del nonno Bernardo e dello zio Sergio. Ha 50 anni, una carriera politica consolidata e un nome illustre che si richiama alla storia travagliata di Sicilia. Per cui ne è venuto fuori un colloquio a mezzo tra politica e storia. Bernardo Mattarella era accompagnato dall’on. Giuseppe Berretta, dalla deputata regionale Concetta Raia e dal segretario del Pd catanese Luca Spataro. «Avevo poco più di 20 anni – dice Bernardo Mattarella – quando venne ucciso e ne fui testimone oculare perché in auto, oltre a mia madre, c’eravamo io, mia sorella e mio nonno».

E com’è che sua madre, Irma Chiazzese, si sarebbe sbagliata indicando come killer Giusva Fioravanti «dagli occhi di ghiaccio»?

«Da avvocato debbo dire che è difficile accettare l’idea che su un testimone oculare prevalga il sentito dire di un pentito che non era presente. C’è qualcosa che non funziona dal punto di vista logico».

Ma lei condivideva la versione di sua madre?

«Intanto la condivideva Falcone. Anche noi siamo stati convinti della fondatezza di questo riconoscimento di mia madre».

Ma chi ce lo portava Giusva Fioravanti, killer della destra eversiva, a uccidere a Palermo il presidente della Regione?

«Intanto quel giorno si trovava a Palermo con suo fratello. Chi ce lo portava a Palermo? Probabilmente i rapporti che potevano esserci con Cosa Nostra. Sarebbe molto interessante leggere gli atti di quel processo, la fase iniziale, quella che portò al dibattimento, perché fu un’elaborazione di Falcone».

E la causa scatenante fu quella delle costruzione delle scuole che la cosca Inzerillo voleva realizzare?

«Non fu solo una la causa scatenante, ci fu una serie di vicende. Sicuramente ci fu l’ispezione al Comune di Palermo per la costruzione di quelle scuole, ma ci furono anche una serie di atti ispettivi alla Regione. E non dimentichiamo che tre mesi prima c’era stato a Palermo Sindona. Ci fu anche la legge urbanistica che fu fatta in quel periodo e una serie di iniziative come quella che riguardava l’interesse dei Salvo nelle cantine sociali. Ci furono le dimissioni imposte all’assessore Cardillo».

Tanti motivi per cui suo padre dava fastidio.

«C’era dietro anche una questione politica gigantesca. Cioè la questione che, fatti i dovuti paragoni portò, al sequestro e alla morte di Moro, il rapporto di allora tra Democrazia cristiana e partito comunista.

Mio padre nel ’78 era stato eletto con i voti del partito comunista che nel suo primo governo faceva parte del l’area della maggioranza. E quindi c’era sullo sfondo una grossa questione politica.

Papà era l’uomo di Moro in Sicilia e non soltanto in Sicilia, era destinato a diventare vicesegretario nazionale nel congresso che poi si svolse subito dopo la sua uccisione».

Cambiamo registro e parliamo di politica regionale. Il governo Lombardo trova spesso una sponda nel Pd. E’ una sponda occasionale?

«Non c’è un appoggio del Pd perché il governo Lombardo nasce da una coalizione del centrodestra. Il Pd ha svolto in aula un lavoro di grande responsabilità dando contributi non secondari nella costruzione delle leggi e ciò rinunciando anche alla facile opposizione che fa opposizione allo sfascio. Ci siamo comportati così perché sappiamo quanto sia importante che questa legislatura produca risultati nell’interesse della Sicilia e perché abbiamo riscontrato alcuni aspetti di novità rispetto al passato».

Insomma, vi regolate caso per caso?

«E’ successo ad esempio sulla legge sulla Sanità che in una fase delicata di rapporti all’interno del centrodestra il Pd ha dato un contributo parlamentare alla costruzione della legge e anche sulla legge di riforma della burocrazia. Ma comunque il nostro è un partito di opposizione che contribuisce all’attività legislativa. Altro non c’è, perché comunque lavoriamo per un progetto alternativo e obiettivamente non è che, al di là di questa attività parlamentare, si intraveda un progetto di sviluppo o alcune linee particolari di un progetto di innovazione.

Eppure ce ne sarebbe bisogno. Tenga conto che per quanto riguarda i fondi europei siamo ancora al palo. Abbiamo anche il grosso problema dei rifiuti che non si può portare in aula per le difficoltà che ci sono nel centrodestra. Anche per il disegno di legge sugli aiuti alle imprese sono passati tantissimi mesi, eppure era pronto. Questa maggioranza di governo è implosa ed è un problema serio».

A suo parere il governo Lombardo dura tutta la legislatura?

«Secondo me, sì, anche se prevedo che dovrà rimaneggiare gli assessori per l’instabilità della sua coalizione. Non credo che vivremo un altro scioglimento anticipato della legislatura, l’auspicio è che ci siano risultati concreti per la Sicilia».

Sul piano nazionale, se il Pd per ipotesi si spaccasse ed Enrico Letta facesse un suo movimento, lei lo seguirebbe?

«Non ci vogliamo spezzare, vogliamo crescere. Il dibattito nel Pd al momento è concentrato sul congresso del 25 ottobre che definirei fondativo del partito. Ognuno di noi ha una collocazione precisa, io ho scelto la mozione di Bersani sulla quale convergono innanzitutto D’Alema, Rosy Bindi ed Enrico Letta. Il Pd uscirà più forte perché saremo in grado di ripartire dopo due anni di grandi aspettative, ma di pochi risultati».

screenshot007

3 comments to Mattarella: la politica nel nome di mio padre ucciso dalla mafia

Leave a Reply