Per l’italia un decennio perduto

un’attenta analisi di Andrea Draghetti su www.partitodemocratico.it


Calati i redditi e il potere d’acquisto. Le famiglie si sono impoverite e nel tasso di crescita siamo davanti solo ad Haiti. Solo pochi continuano ad arricchirsi e uno in particolare

La crisi c’è stata e ha colpito tutti. Se questa è una certezza che ci accompagnerà anche con l’arrivo dell’anno nuovo, resta ancora una domanda a cui occorre dare risposta: da quanto tempo c’è la crisi?

A seconda dell’interlocutore politico la risposta varia di parecchio. Per la maggioranza la crisi è legata alla congiuntura economica mondiale e ha investito l’Italia solo nell’ultimi due anni. Anzi, per loro solo per loro, siamo già fuori dalla crisi e molto meglio di altri Paesi che stanno ancora soffrendo(?!). Per Silvio Berlusconi la crisi non c’è mai stata: sono solo invenzioni della stampa e del Pd che si ostinano a dimostrare ciò che per lui (solo lui) non è mai accaduto. E in parte ha anche ragione perché Berlusconi è l’unico italiano, insieme ad una cricca di avidi speculatori, che ha visto accrescere il proprio impero economico e finanziario senza interruzioni.

Ma i numeri parlano di un’altra realtà. Un’Italia che arranca e intorpidita dal bromuro del “ghe pensi mì” continua a rigirarsi tra le coperte senza nessun interesse a svegliarsi. E sono quegli stessi dati che da poco sono stati confermati dall’ultimo rapporto dell’Istat sulla “Distribuzione del reddito e le condizioni di vita in Italia”: la crisi non è affatto superata e ci blocca da dieci anni!
Come ha detto Pier Luigi Bersani nella conferenza stampa di fine anno sono stati “10 anni del nuovo secolo caratterizzati per la democrazia personalizzata e che ci han fatto precipitare in tutte le classifiche, che riguardano la vita reale degli italiani. Com’è che abbiamo perso posti nei redditi, nel pil procapite, siamo appena davanti a Malta nell’occupazione femminile, al penultimo posto per la giovanile e che per il tasso di crescita siamo davanti solo ad Haiti? Com’è che la fedeltà fiscale è calata e i redditi non salgono?”

Le famiglie si sono progressivamente impoverite e le loro difficoltà non si sono allentate affatto si visto che in media saranno costrette a spendere in media circa 1000 euro in più per il 2011 per i rincari che vanno dai trasporti e alla benzina. Di contro pochi continueranno ad arricchirsi aumentando il divario che esiste tra ricchi (sempre di meno nel numero ma sempre più ricchi) e poveri (sempre di più).

Il reddito netto medio delle famiglie Italiane è sceso, in termini reali, del 2,1%, dato l’aumento dell’inflazione che nel 2008 è cresciuta del 3,2%. Il potere d’acquisto di operai e impiegati è crollato e dal 2000 hanno perso 5500 euro a fronte di un aumento di 6000 euro per imprenditori e professionisti. Il potere d’acquisto cumulato delle retribuzioni 2000/2010 è pari a -3384 euro a testa; la perdita cumulata con il fiscal drag è pari a -5453 euro a persona. Dati elaborati su numeri del Fondo Monetario Internazionale mettono nero su bianco un’evidenza incontestabile: su 180 Stati del mondo l’Italia è al 179° posto.

E, contrariamente a quanto ha dichiarato Berlusconi recentemente, sono proprio i lavoratori dipendenti ha subire maggior mente il colpo: il minore potere d’acquisto legato al aumento del costo della vita e della tassazione statale (qualcuno si ostina ancora a parlare di “meno tasse per tutti”) lasciano un segno negativo indelebile per le tasche delle famiglie. Per famiglie intendiamo di certo la stragrande maggioranza delle famiglie e non quel 10% (circa 2 milioni e 380mila) che possiede quasi il 45% dell’intera ricchezza del Paese con un badget patrimoniale di oltre 1 milione e mezzo di euro.

E così, basta davvero poco per non fare tornare i conti giusti: una lavatrice o lo scaldabagno che non funzionano più, un dente che fa male, un problema alla frizione dell’automobile e per molte famiglie sono guai seri.

Dal rapporto dell’Istat si legge: “Nel 2009, il 15,2 per cento delle famiglie ha presentato tre o più sintomi di disagio economico tra quelli previsti dall’indicatore sintetico definito dall’Eurostat. Questo valore non presenta variazioni statisticamente significative rispetto all’anno precedente e si conferma molto più elevato tra le famiglie con cinque componenti o più (25,8 per cento), residenti nel Mezzogiorno (25,1 per cento) e tra le famiglie con tre o più minori (27,1 per cento). Il quadro offerto dagli indicatori di deprivazione e di difficoltà economica si presenta sostanzialmente immutato rispetto all’anno precedente, quando era significativamente peggiorato rispetto al 2007 (anno in cui a soffrire di tre o più sintomi di disagio era stato il 14,8 per cento delle famiglie, contro il 15,8 per cento del 2008), anche se crescono le famiglie che non potrebbero far fronte a spese impreviste di 750 euro (dal 32,0 al 33,3 per cento in media), quelle che sono state in arretrato con debiti diversi dal mutuo (dal 10,5 al 14,0 per cento di quelle che hanno debiti) e quelle che si sono indebitate (dal 14,8 al 16,5 per cento).

Per queste ragioni il 2011 dovrà essere l’anno della riscossa, del risveglio e del cambio di rotta a partire da questo governo che ha fallito su tutti i fronti tranne su quello di consentire ai ricchi di diventarlo ancora di più!

“I dati elaborati dal Fondo Monetario Internazionale mettono, nero su bianco, un’evidenza incontestabile: su 180 Stati del mondo l’Italia è al 179° posto. Siamo di fatto ultimi, fatta eccezione per Haiti che è formalmente il centottantesimo Paese della lista per via del terremoto e delle sue ripercussioni economiche, sociali e umanitarie. Ultimi, dunque. Con una crescita, in dieci anni, del 2,43%. In sintesi non ci siamo mossi: fermi al 2000. Ben altre le performance dei Paesi del G8: Usa, UK e Francia in testa, rispettivamente con il 17, il 15 e il 12 per cento di crescita”. Così Enrico Letta, vice segretario del Pd.

“È prevedibile – ha continuato – che la presentazione di questi dati scateni in Italia, com’è avvenuto puntualmente negli anni scorsi, i soliti sterili dibattiti sul pessimismo o sul fatto che tutto sia correlato alla crisi economica globale. Così il nostro essere fermi al 2000 è un fatto non opinabile che, in quanto tale, non può essere oggetto di dibattito, distinguo o obiezioni. La crisi c’è stata per tutti. E non possono bastare, a sollevarci il morale, le argomentazioni edulcorate di chi tira in ballo le perfomance non buone di Giappone e Germania, le due grandi potenze industriali che, pur essendo anch’esse in fondo alla classifica, raggiungono dati di crescita, cumulata sul decennio, comunque tre volte superiori al nostro”.

“Il dato del «decennio perduto» si lega strettamente alla mission dell’Italia nel mondo e forse di queste considerazioni dovremo «riempire» il confronto pubblico che accompagna le celebrazioni per il centocinquantesimo anniversario dell’Unità di Italia, come il Presidente Napolitano ci invita autorevolmente a fare. Aprire una discussione del genere significa porre da una parte la questione delle riforme non fatte e, dall’altra, quella di una società vecchia e «senza fame». Entrambi i temi sembrano accomunarci al Giappone, l’altra grande economia malata del mondo occidentale. Occorrono riforme che incidano sulle sacche di inefficienza e di privilegio da cui il nostro sistema è ancora affetto”.

Molto duro il giudizio del presidente dell’Assemblea nazionale del Pd, Rosy Bindi sulla distanza tra la situazione nazionale e le dichiarazioni del premier per la stampa. “Proprio mentre l’Istat certifica le drammatiche difficoltà vissute da moltissime famiglie italiane, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi torna a raccontare la favoletta di un Paese che nel 2011 crescerà come se non ci fosse stata la crisi e parla, contro ogni evidenza, di un’Italia che non c’è, che starebbe meglio degli altri paesi europei, e di un governo che ha fatto tutto e risolto ogni problema. E se qualcosa è andato storto, come i rifiuti in Campania, è solo perché qualcuno ha tramato contro il governo. Sarebbe ora che Berlusconi prendesse atto del suo fallimento e dell’estrema esiguità della maggioranza che è rimasto a sostenerlo, come ogni giorno riconoscono apertamente anche i rappresentanti della Lega. Proprio per questo, gennaio sarà un mese decisivo per dimostrare in Parlamento la fragilità di una maggioranza che è ormai una pesante palla al piede per il Paese”.

Per Antonio Lirosi, responsabile Consumatori del Pd “i dati resi pubblici dall’Istat confermano quale sia lo strumento con cui il governo Berlusconi si occupa delle difficoltà economiche delle famiglie: il più totale disinteresse. Le statistiche fornite dall’Istat attestano che l’esecutivo non ha offerto alcun riparo alle famiglie e le ha lasciate del tutto esposte agli effetti della tempesta economica che infuria da due anni a questa parte. Un peso sicuramente considerevole sui bilanci familiari ha avuto il mancato controllo, da parte del governo, delle dinamiche tariffarie di tutti quei servizi che famiglie e consumatori sono costrette a utilizzare: servizi postali, autostradali, ferroviari, idrici, raccolta rifiuti, rc-auto, carburanti hanno fatto registrare negli ultimi mesi incrementi ingiustificati dei prezzi anche di quattro-cinque volte superiori alla media dell’inflazione. Ciò dimostra che di tutto si è occupato il governo fuorché delle difficoltà di quei lavoratori, consumatori, pensionati, pendolari e automobilisti i cui redditi sono stati colpiti dalla crisi. Purtroppo tutto lascia pensare che, se il governo continuerà con il suo atteggiamento di irresponsabile disinteresse, le cose non potranno che peggiorare”.

Dello stesso parere anche David Sassoli, capodelegazione del Pd nel Parlamento europeo. “Mentre governo e maggioranza continuano a dare di sé l’indecoroso spettacolo offerto nell’ultimo anno, arriva il bagno di realtà dei dati Istat sulle famiglie”. “Sono numeri agghiaccianti – continua Sassoli – che parlano di un Paese in enorme difficoltà, in cui a fare le spese di una politica sbagliata sono le famiglie con più figli. Un Paese ogni giorno più iniquo, in cui la ricchezza continua ad essere appannaggio di pochi e che, anziché investire sulle generazioni più giovani, le lascia sole, a carico delle famiglie e in balia di un precariato senza garanzie né protezione”.

“Che fine hanno fatto le promesse sul quoziente familiare e sul sostegno alle famiglie? E’ una situazione inaccettabile che chiama in causa diretta il governo, che irresponsabilmente ha prima negato la crisi, poi ne ha decretato a tavolino la fine”.

“Un governo ogni giorno più debole e ripiegato su se stesso – conclude l’esponente del Pd – che non è quello che serve al Paese. Per questo l’appello del Pd a tutte le opposizioni, affinché si facciano carico della fuoriuscita dal tunnel del berlusconismo, diventa ancora più urgente e chiama in causa tutti coloro che hanno davvero a cuore il bene degli italiani”.
A puntare l’indice contro il ministro del Tesoro e le sue politiche è Cesare Damiano, capogruppo Pd in Commissione Lavoro della Camera. “I dati Istat rivelano il fallimento del governo e delle politiche economiche di Tremonti. Mentre l’economia peggiora e le tariffe dei servizi continuano incessantemente ad aumentare da mesi, il centrodestra è paralizzato, attento solo a questioni di potere interno. Aumentano le famiglie in difficoltà e ciò che è peggio è che le cose peggioreranno il prossimo anno quando i tagli di Tremonti, che colpiranno soprattutto gli enti locali, renderanno la situazione ancora più pesante per le famiglie. Questo è il vero pantano: un governo incapace di fare le riforme per il paese, attento solo ai fatti personali del premier e incurante dei problemi concreti degli italiani: quello del lavoro che non c’è, sopra tutto. E’ ora di cambiare, il fallimento è nei fatti e non solo nei risicati numeri di una asfittica maggioranza”.

Andrea Draghetti

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