Protezione civile, perchè il Partito Democratico ha detto no

La Camera ha approvato con 282 sì, 246 no e un astenuto il decreto legge sulle emergenze, che in origine avrebbe dovuto trasformare la Protezione civile in Spa.

Riporto di seguito l’intervento integrale di Dario Franceschini, con le ragioni del NO.

“Oggi potremmo dire che il bilancio di questi giornate di lavori parlamentari segna una vittoria del PD e di tutti i gruppi di opposizione.
Potremmo dirlo perché sono state fatte profonde modifiche a un testo che veniva presentato come blindato e immodificabile.
Potremmo dirlo perchè è stato evitato un altro voto di fiducia e sono stati votati e approvati nostri emendamenti.
E’ scomparsa la privatizzazione definitiva della Protezione Civile con la rinuncia alla Spa.
E’stato eliminato l’ultimo degli scudi, quella assurda norma che non solo sospendeva processi, ma che addirittura impediva di avviare azioni giudiziarie nei confronti delle gestioni commissariali.
Un’altra spudorata norma per garantire  l’impunità.
Potremmo dire di aver vinto perché tutto questo non è avvenuto per una scelta politica lungimirante della maggioranza ma per la ferma determinazione dei nostri comportamenti parlamentari.
Potremmo dunque dire che è stata una nostra vittoria.

Ma non crediamo sia così, perché non è stato soltanto questo.

E’ stato qualcosa di più profondo.

E’ stata una vittoria del Parlamento.

Perché per una volta abbiamo restituito a quest’aula la sua sovranità, dopo un avvio di legislatura in cui la Camera è sembrata destinata a diventare solo il luogo di ratifica delle scelte dell’esecutivo, soffocata da decreti legge, maxiemendamenti, voti di fiducia, pareri negativi su ogni proposta per assenza di copertura.

Abbiamo finalmente dimostrato che per la nostra Costituzione è il Governo ad essere espressione del Parlamento, non viceversa.

E l’abbiamo fatto su un tema di straordinaria importanza e di assoluta attualità, sentendo soffiare fuori da qui il vento di una bufera causata non solo da comportamenti di singoli accusati di aver violato la legge, ma causata da norme e da scelte politiche colpevoli e sbagliate.
Noi abbiamo scelto di lasciare fuori da questo dibattito le vicende giudiziarie che pure coinvolgono strutture dello Stato ed esponenti del Governo nello stesso settore su cui stiamo legiferando.
L’abbiamo fatto perche sappiamo che accertare la violazioni di leggi e regole è competenza della magistratura mentre responsabilità della politica è fare le leggi e scrivere regole giuste per il futuro,  che correggano gli errori e che evitino che vengano ripetuti.
Ed errori ce ne sono stati tanti. Troppi.

Errori che hanno mortificato lo straordinario sistema delle Protezioni Civili, quella nazionale e quelle regionali e locali.

Il giorno dopo il terremoto dell’Aquila, e il sottosegretario Bertolaso la sa bene, io sono stato, da segretario del mio partito, tra le macerie e i campi dei terremotati. Da solo, senza avvisare giornalisti e telecamere, che mi sembravano offensive in mezzo a quel dolore straziante. E ho visto lo straordinario e silenzioso lavoro di centinaia di donne e uomini della Protezione civile e delle organizzazioni di volontariato.

Quel lavoro che tutti gli italiani conoscono e apprezzano da anni e anni. Fin da quando noi ancora bambini guardavamo con invidia in televisione i ragazzi più grandi di noi, gli Angeli del fango nelle strade di Firenze invase dall’acqua dell’Arno.

Ecco perché l’abuso delle ordinanze è ancora più grave.

Ecco perché quello che stiamo leggendo sui giornali, le notizie delle inchieste provocano ancora più dolore.

Perché si abbattono come una maledizione sulla fatica e la passione di migliaia di persone che ogni giorno mettono a disposizione la loro generosità e il loro impegno in nome di una solidarietà concreta e vissuta.

Eppure il torto più grande che si poteva fare a questa realtà non sta nei pur gravissimi fatti che stanno emergendo dalle inchieste. Quelle sono responsabilità di cui dovranno rispondere gli individui chiamati in causa, a tutti i livelli.

No. Il torto più grave che viene fatto alla Protezione civile è quello che si produce con la sciagurata scelta di fare di questa realtà, che davvero è patrimonio comune dello Stato, uno strumento per esercitare fuori dai suoi confini ordinamentali il potere del governo, rendendolo onnipotente, arbitrario e incontrollabile.

Questa è la colpa imperdonabile del governo Berlusconi, il tentativo al quale ci opporremo con tutti gli strumenti politici e parlamentari a nostra disposizione.

E’ un disegno senza pudore, che viene ammantato dei seducenti aggettivi della concretezza e del pragmatismo dai cosiddetti “uomini del fare”.

Questa cultura che vuole apparire moderna ed efficiente, che risolve i problemi aggirando gli ostacoli, forse funziona nelle emergenze.
E nessuno ha obiezioni se si tratta di emergenze vere.
Ma non tutto è emergenza, e se vengono considerati fastidiosi  ostacoli anche  i codici, le leggi, le procedure parlamentari, l’equilibrio tra i poteri, allora questa presunta cultura del fare diventa pericoloso arbitrio.
Apre la strada ad una degenerazione in cui il potere finisce per ubriacarsi del suo contenuto fino a diventare illegittimo.
Non è un discorso teorico. Basta vedere dove sta la fonte delle tante degenerazioni cui stiamo assistendo.
Sta nella scelta di utilizzare lo strumento della dichiarazione dello stato di emergenza per grandi eventi che con l’emergenza non c’entrano nulla.
Anche un non addetto ai lavori, anche chi ci ascolta da casa, capisce bene che è giusto rendere tutto il più veloce possibile, anche in deroga a leggi e garanzie, se si è di fronte a un terremoto, a una alluvione, una frana, un disastro ferroviario.
Ma chiunque capisce anche che l’emergenza non c’entra nulla con eventi sportivi o culturali magari programmati da anni.
Cosa c’entra l’emergenza con l’Expò, con le celebrazioni per l’Unità d’Italia, con i mondiali di nuoto o di ciclismo, con i giochi del Mediterraneo, con l’Anno giubilare Paolino, con l’esposizione delle spoglie di San Giuseppe da Copertino, o con la Luis Vuitton Cup?

Ecco, prendiamo come esempio la Vuitton Cup a La Maddalena, una delle 108 ordinanze del 2009.

Il 12 gennaio viene classificata come grande evento, per cui si applica il regime dell’emergenza.  Nell’ordinanza che nomina il commissario, sono previste deroghe praticamente a tutto. Alla vigilanza dell’Autorità sui lavori pubblici, alle procedure di affidamento, ai controlli dei requisiti per i contratti, alla procedura per la scelta del contraente, alla pubblicazione dei bandi di gara, agli inviti, ai termini, ai criteri di selezione delle offerte, alla progettazione, alle verifiche archeologiche, al subappalto, alle varianti in corso d’opera, alle penali e all’adeguamento dei prezzi.

Tutto in deroga. Senza nessuna ragione, perché non è un terremoto o un alluvione. E’ una gara di vela.

Tutto senza regole.

E senza regole e garanzie le tentazioni e la corruzione sono sempre in agguato.

Sappiamo bene, e immagino che tra un po’ l’on. Cicchitto lo ripeterà, che anche i governi precedenti hanno usato in qualche caso lo strumento dell’ordinanza per grandi eventi.

E’ stato un errore e noi oggi vogliamo cambiare la norma. Ma va detto che durante i governi di centrosinistra nessuna ordinanza ha causato inchieste giudiziarie e mai a nessuno sarebbe venuto in mente di abusarne e di eliminare addirittura il controllo preventivo di legittimità della Corte dei Conti, come invece voi avete fatto.

Per questo, nonostante i risultati ottenuti , voteremo contro il decreto.

Perché avete rifiutato, bocciando il nostro emendamento, di distinguere per sempre catastrofi naturali da grandi eventi.

Perché avete aggravato questa linea pensando di usare l’emergenza carceri per eliminare anche lì regole di trasparenza, nonostante le garanzie che il Ministro Alfano aveva dato in quest’aula.

Perchè invece di fronte agli eventi alluvionali del Natale scorso in Toscana, Emilia Romagna e Liguria avete destinato 100 milioni di euro rispetto ai 700 chiesti dalle Regioni e non avete sospeso i termini per i versamenti tributari per le imprese e per i cittadini colpiti.

E questa è una emergenza vera non una regata velistica!

Noi vogliamo che questo Parlamento torni a scrivere Regole.

Non bastano annunci ad effetto, come questo slogan affrettato della nuova legge anticorruzione.

Servono regole giuste. Perché solo regole giuste garantiscono efficienza, trasparenza, pulizia.

E questo paese per tornare a sperare nel suo futuro ha bisogno di questo.

Non di furbizie, di cinismo, di truffe.

Ha bisogno di efficienza, di trasparenza. Ha bisogno di pulizia.

Dario Franceschini”

9 comments to Protezione civile, perchè il Partito Democratico ha detto no

  • Giovanna

    A proposito di Leonardo, che spina dorsale nel rispondere a Berlusconi che criticava il gioco del Milan, che dognità. L’avessero i politici questa schiena dritta davanti al premier.

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  • Giulio Zannoni

    Verdini viene difeso e Leonardo aspramente criticato. Il mondo alla rovescia di Silvio Berlusconi.

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  • Mariotto Conticini

    A me scappa da ridere a sentire Berlusconi che difende l’indifendibile Verdini.

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  • The Reflex

    Ma proprio non c’è limite alla ferocia predatoria del Capitale. La PC privatizzata, l’acqua privatizzata… A quando nonne ed aria?!?

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  • Grande vittoria quella contro la trasformazione della Protezione Civile in spa … Nel mio ormai quasi trentennale furor antiprivatizzazioni qualsiasi processo del genere bloccato è da festeggiare …

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  • Nunzio

    Nella migliore delle ipotesi c’era un pugno di sciacalli pronti a fregare un pugno di pirla con incarichi di governo. Semplice, semplice…

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  • Fulvio Corini

    Non si può accettare in maniera acritica la vulgata di Berlusconi su Bertolaso. Si vada avanti, il Paese ha diritto di sapere come sono andate davvero le cose a L’Aquila.

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  • Marco Barone

    La protezione civile in sé è meritoria, ma è chiaro che la gestione Bertolaso presenta buchi da chiarire assolutamente.

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  • Guglielmo Scuotilancia

    Avete fatto benissimo! L’indagine deve rivoltare come un pedalino questa baracca che comincia davvero a puzzare lontano un miglio.

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