La relazione di Valerio Onida Presidente emerito della Corte Costituzionale

SINTESI DELLE OSSERVAZIONI DEL PROF. VALERIO ONIDA SUI PROGETTI DI LEGGE IN TEMA DI LEGITTIMO IMPEDIMENTO

  1. Il legittimo impedimento dell’imputato come causa di rinvio dell’udienza nel processo penale è istituto previsto nel nostro ordinamento processuale a tutela del diritto di difesa.
  2. L’esigenza di permettere l’esercizio di funzioni pubbliche da parte del componente di un organo costituzionale (in particolare le Camere parlamentari) o  del titolare di una carica pubblica che sia imputato in un processo, consentendo il regolare e integro svolgimento delle medesime funzioni,   è già pacificamente considerata causa di possibile legittimo impedimento che dà luogo, se riconosciuta dal giudice, al rinvio dell’udienza. In tal senso è la dominante prassi giudiziaria, nonché la giurisprudenza dei giudici comuni e quella della Corte costituzionale, a partire dalla sentenza n. 225 del 2001. Da questo punto di vista l’affermazione iniziale in tal senso, contenuta in alcuni dei progetti di legge, appare inutile.
  3. Trattandosi non di circostanze che si presentano improvvisamente e in modo imprevedibile e con carattere di forza maggiore indiscutibile (come per altri eventi di varia natura che pur possono costituire causa di necessario rinvio dell’udienza), ma di circostanze prevedibili, che si ripetono nel tempo e che consentono margini di apprezzamento del carattere più o meno stringente della necessità, il principio base da seguire è il bilanciamento fra due contrapposte esigenze: da un lato l’interesse all’effettivo esercizio della funzione giurisdizionale attraverso la celebrazione del processo, dall’altro l’interesse al continuativo e regolare svolgimento delle funzioni pubbliche, specie se facenti capo ad organi costituzionali.
  4. Tale bilanciamento non può di massima che essere attuato, in definitiva, in concreto, cioè tenendo conto  delle circostanze concrete riguardanti sia il tipo, il modo e il contenuto preciso della funzione pubblica interessata, sia la situazione del singolo processo penale interessato. Ciò comporta che, in definitiva, solo il giudice del caso possa compiere le valutazioni decisive a proposito del carattere dell’impedimento e quindi della necessità di rinviare l’udienza: valutazioni non libere ma vincolate a tener conto dei dati oggettivi della situazione.
  5. Una disciplina legislativa ulteriore del legittimo impedimento derivante dalla necessità di esercizio di funzioni pubbliche è, in linea generale, ammissibile, purché fondata su criteri di ragionevolezza.
  6. Una disciplina che stabilisse a priori e in modo vincolante che la titolarità e l’esercizio di funzioni pubbliche costituisce sempre legittimo impedimento per tutta la durata della carica pubblica o per lunghi predeterminati periodi di tempo, prescindendo da qualsiasi valutazione del caso concreto, si tradurrebbe però nella statuizione di una vera e propria prerogativa dei titolari delle cariche pubbliche interessate, diretta a proteggerne lo status o la funzione. Non si tratterebbe più di una legittima disciplina del processo, rimessa al legislatore ordinario, ma di una forma di deroga al normale esercizio della funzione giurisdizionale, che solo il legislatore costituzionale potrebbe eventualmente stabilire. L’impedimento legittimo è infatti per sua natura  qualcosa di puntuale e concretamente localizzato nel tempo: una presunzione ex lege assoluta di impedimento “continuativo” per un lungo periodo di tempo equivarrebbe ad una norma di status derogatoria, cioè appunto ad una prerogativa.
  7. Non sfuggirebbe alla censura di incostituzionalità nemmeno una normativa (come quella prevista in una delle proposte di legge) che stabilisse una presunzione ex lege assoluta di legittimo impedimento per un intero lungo periodo di tempo in attesa e nelle more dell’approvazione di una legge costituzionale  sulle prerogative di una carica costituzionale. La transitorietà non potrebbe giustificare l’adozione per legge ordinaria di una disciplina dichiaratamente volta a stabilire una prerogativa, che eventualmente solo una legge costituzionale potrebbe stabilire.
  8. Sarebbe invece ammissibile, in linea di principio, una disciplina legislativa tendente a restringere la discrezionalità del giudice nell’apprezzamento delle circostanze che costituiscono legittimo impedimento. Tuttavia una disciplina esaustiva e interamente vincolante, che cioè non lasci alcuno spazio a valutazioni del caso concreto (e che non si trasformi nella previsione di una vera e propria prerogativa, costituzionalmente illegittima, secondo quanto precisato al punto 6), appare di fatto molto difficile se non impossibile da stabilire, per la impossibilità di predeterminare compiutamente i criteri di apprezzamento delle variabili circostanze di fatto, attinenti sia alle funzioni pubbliche interessate, sia alla situazione del singolo processo.
  9. D’altra parte, se per quanto riguarda l’attività parlamentare la conciliazione delle due esigenze contrapposte può ottenersi in concreto attraverso il previo esame dei calendari parlamentari, che sono conoscibili e pubblici, assai più difficile sarebbe stabilire a priori criteri di conciliazione con riguardo ad attività come quelle proprie di un componente del Governo. Queste non rispondono infatti se non molto limitatamente a calendari predeterminati, e sono assai più varie e articolate nel loro contenuto e nelle loro caratteristiche. Una casistica esauriente sarebbe praticamente impossibile da stabilire (al di là di ipotesi sostanzialmente limitate come quella delle riunioni del Consiglio dei ministri);  né potrebbero valere criteri vaghi e a loro volta suscettibili di diverse applicazioni come quello del tempo preparatorio o susseguente necessario rispetto al compimento di un atto. Per contro, occorrerebbe tener conto del fatto che gli impegni derivanti dalle funzioni governative sono assai spesso modulabili e collocabili nel tempo in modo discrezionale ad opera degli stessi titolari della funzione (perché si tratta di organi monocratici il cui titolare ha  ampia disponibilità del calendario dei propri impegni, o è competente a fissare egli stesso riunioni di organi collegiali e altri adempimenti della carica). Ciò è suscettibile di rendere, in molti casi, l’impedimento meno “assoluto” e indiscutibile, perché la sua collocazione nel tempo è più disponibile da parte dell’interessato. Resta d’altronde il fatto che la statuizione di criteri più elastici e meno “oggettivi” non solo non eliminerebbe, ma anzi presumibilmente accrescerebbe la possibilità di conflitti interpretativi e applicativi.
  10. Stando così le cose, la via percorribile potrebbe essere piuttosto quella di una disciplina procedimentale, sul tipo di quella proposta in uno dei progetti di legge, però con minore grado di dettaglio. Si tratterebbe cioè di  stabilire che, quando si presenti, nell’ambito di un processo penale destinato a lunga durata, l’esigenza di consentire all’imputato di esercitare il suo diritto a presenziare alle udienze senza pregiudicare il concomitante esercizio da parte sua delle funzioni pubbliche di cui sia titolare, il giudice debba concordare a priori con l’imputato, per tutta la presumibile durata del processo o comunque per un periodo di tempo adeguato, un calendario delle udienze che tenga conto degli impegni  previsti e prevedibili del medesimo imputato collegati all’esercizio delle sue pubbliche funzioni, e sia compatibile con le esigenze di celebrazione del processo. In caso di mancato accordo si dovrebbe ipotizzare una decisione giudiziale assistita dalle normali garanzie di contraddittorio ed eventualmente di revisione. Naturalmente resterebbe impregiudicato il caso dell’impedimento legittimo pur della stessa natura ma imprevedibile e sopravvenuto, il cui carattere di assolutezza resterebbe affidato all’accertamento e all’apprezzamento  in concreto,  e quindi alla decisione del giudice. In ogni caso, si potrebbero ipotizzare meccanismi di ricorso contro le decisioni giudiziali di fissazione del calendario non concordato o di accertamento del legittimo impedimento sopravvenuto.

Roma, 15-16 dicembre 2009

(prof. Valerio Onida)