Agricoltura, il paradosso Sicilia

Agricoltura: il paradosso Sicilia e una crisi che viene da lontano. Le proposte del Pd.

È la prima regione d’Italia per produzione di arance, ma le esportazioni sono in calo. In compenso, tra Spagna e Sudafrica, il mercato italiano accoglie tonnellate di arance straniere. E’ il paradosso-Sicilia che sta mettendo in ginocchio il settore agrumicolo, uno dei più importanti per l’economia della nostra Isola, e in generale tutto il comparto agricolo. Un paradosso che sta producendo una crisi mai vista, frutto di politiche del passato sbagliate, a partire dagli accordi commerciali con l’Egitto voluti dall’allora ministro Alemanno, e della miopia dell’attuale governo. Oltre a tutelare l’asiago e la bresaola, oltre a pagare le multe per le quote latte agli allevatori del Nord, oltre a battersi a Bruxelles per i produttori settentrionali, il ministro Zaia cosa sta facendo per le arance siciliane? E per i viticoltori siciliani? Ecco i numeri e le ragioni di questa crisi, che ho avuto modo di illustrare domenica 28 febbraio a Grammichele durante un’iniziativa del Pd sullo stato dell’agricoltura siciliana, e le proposte del Partito Democratico per fronteggiarla, contenute in un ordine del giorno accolto alla Camera dei Deputati.
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La crisi del settore agricolo viene da lontano, ma oggi forse si sta manifestando in tutta la sua gravità, a partire dal comparto degli agrumi. In Sicilia ogni anno si producono circa 12 milioni di tonnellate di arance. Il 70 per cento – secondo i dati dell’Ismea, l’Istituto di servizi per il mercato agricolo e alimentare – viene esportato verso Paesi che però sembrano sempre meno attratti dalle arance rosse di Sicilia: la richiesta da parte della Svizzera lo scorso anno è crollata del 24 per cento, mentre il calo della domanda ha sfiorato il 47 per cento in Germania. Di contro, l’Italia continua ad importare sempre più arance dall’estero: dalla Spagna, dalla Francia, dal Sudafrica.

Oggi si sta pagando il prezzo di politiche sbagliate, di amministrazioni inefficienti e di un cattivo modo di gestire le risorse pubbliche, ed i fondi europei in particolare, visto che la Sicilia è ultima tra le regioni d’Italia per l’utilizzo delle risorse comunitarie.

Il settore agrumicolo è vessato da costi di produzione sempre più alti e prezzi di vendita sempre più bassi. È inammissibile che il guadagno su un chilo di arance vada per la grande parte a signori in giacca e cravatta che con una telefonata decidono del futuro di un territorio. Perché è la grande distribuzione a fare i prezzi? Si sta lasciando il settore nelle mani di chi non fa altro che speculare sulla filiera produttiva, anche a causa della mancata applicazione della legge sul doppio prezzo: sapere che un chilo di arance è stato venduto dal produttore a 10 centesimi al chilo e acquistare lo stesso chilo di arance a due euro al chilo servirebbe a qualcosa…

Oggi noi paghiamo il prezzo degli accordi commerciali con i paesi del Nord Africa. Ricordate gli accordi con l’Egitto sottoscritti dall’allora ministro per le Politiche agricole Alemanno? In cambio di commesse per i macchinari prodotti nelle aziende del Nord Italia, abbiamo concesso ai prodotti egiziani di entrare nel nostro Paese. Accettando merce da Paesi in cui non ci sono controlli sui fitofarmaci, garanzie per i lavoratori, ma con costi di produzione stracciati. Sono queste le scelte che sono state assunte sulle teste dei siciliani. Forse perché si vuole che l’agricoltura siciliana scompaia o che venga semplicemente dimenticata. Come fa il ministro Zaia: questo è il governo che ha cancellato i rimborsi per i vitigni danneggiati dalla peronospora, voluti dal governo Prodi, ma che invece garantisce per il pagamento delle multe relative alle quote latte degli imprenditori del Nord. Con una mano non si dà a chi subisce una calamità e con l’altra si premia chi ha violato la legge.

E la Regione, cosa sta facendo per fronteggiare la crisi? Assistiamo innanzitutto ad una politica poco lungimirante dell’assessore Bufardeci, che ha rimodulato il piano di sviluppo rurale, spostando i finanziamenti europei dall’Asse 1 all’Asse 2. In sostanza, agli investimenti si preferiscono i pagamenti diretti, il modo peggiore per dare una risposta di lungo respiro alla crisi. Il modo migliore per impedire un futuro all’agricoltura siciliana. E che dire dei 29 ispettori regionali – ben 29 su un organico di 70 mila dipendenti regionali! – incaricati di controllare in tutti i porti, le ferrovie e i luoghi di transito della Sicilia l’arrivo di tonnellate di prodotti poi spacciati per siciliani? Certo non è questo il modo di reprimere le frodi, né di tutelare la nostra agricoltura e la nostra salute. E, ancora, perché la Regione non ha dato seguito a quanto annunciato dal governatore Lombardo, facendo approvare a Bruxelles il decreto che avrebbe congelato per 12 mesi i tributi per le aziende in crisi? E perché solo oggi la Regione comincerà a pagare agli agricoltori 10 milioni per le calamità del 2007 e del 2008?

Il Partito Democratico ha presentato un ordine del giorno alla Camera, che è stato accolto, che individua alcune delle criticità del settore agricolo e impegna il governo ad assumere iniziative immediate per fronteggiare quella che non è la primi crisi del settore. Ma, andando avanti così, rischia di essere davvero l’ultima.

Queste le proposte che avanziamo:
adottare iniziative per fronteggiare la grave crisi economica e sociale che sta colpendo vaste aree
del Mezzogiorno, penalizzate dalle difficoltà dell’agrumicoltura;
affrontare l’emergenza, riconoscendo lo stato di crisi di mercato, con la sospensione delle scadenze contributive, la ristrutturazione a medio e lungo termine (10-20 anni) della situazione debitoria per tutte le aziende agricole, l’accesso al credito senza garanzie patrimoniali, la richiesta all’Unione europea della possibilità di riconoscere un aiuto economico ai produttori danneggiati dalla suddetta crisi;
abbattere i costi di produzione azzerando le accise del carburante per usi agricoli, riducendo al 4 per cento l’IVA sui mezzi di produzione, stabilizzando le riduzioni degli oneri previdenziali, abbassando il costo del denaro;
adottare le opportune iniziative volte a prevedere, per poter debellare fenomeni speculativi, l’obbligo del doppio prezzo all’origine e al consumo come deterrente all’ingiustificato divario tra prezzi riconosciuti all’agricoltore e prezzi praticati nei mercati;
ritirare dal mercato una quota consistente di prodotto per destinarlo a interventi umanitari.

17 comments to Agricoltura, il paradosso Sicilia

  • Antonio

    si, bello sfogo il suo.. condiviso e sofferto .. ma ora che il PD è al Governo Regionale che cosa è cambiato per i poveri agricoltori Siciliani?

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  • Matteo Marchese

    Come è stato detto, ormai passa tutto attraverso la comunicazione. Ed il settore agrario, sia dei proprietari che dei semplici lavoratori, è molto carente nel campo.

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  • Ugo Lattani

    Vero, i braccianti sono considerati molto meno degli operai. Eppure sono davvero tanti, molti più di chi lavora in fabbrica. Almeno in Sicilia di sicuro è così.

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  • Annina CN

    Il problema è che i braccianti non hanno sindacati in grado di fare una gran comunicazione. E purtroppo oggi passa tutto da qui.

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  • Claudia Zurria

    Però, a ragionarci su, l’agricoltura è un settore che impiega molta più gente dell’industria. Credo che in Sicilia si parli di qualche centinaio di migliaia di lavoratori. La crisi del settore è quindi devastante, altro che Termini Imerese.

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  • Enzo Orrigo

    Crisi di un sistema socio-economico che si basava sulla politica peggiore. L’agricoltura è al collasso, ma non è che gli altri settori stiano meglio.

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  • Monica C.

    Vabbè, ma non è che la crisi dell’agricoltura dipende dai porti. E’ la crisi di un sistema che è andato in tilt da decenni.

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  • Mario Catalfamo

    Se parliamo di porti apriamo un’altra nota dolentissima. Perché l’agricoltura è in crisi anche per l’inadeguatezza delle nostre infrastrutture. Palermo e Messina sono porti agonizzanti, Catania va un po’ meglio, ma non è che goda di ottima salute.

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  • Angelo D.

    Il sud Italia è troppo indietro sulla Zls, troppo. Tunisia, Marocco, Egitto sono molto più avanti. Pensiamo solo ai porti egiziani. Da noi solo Gioia Tauro sembrava all’altezza dell’appuntamento, ma nell’ultimo anno sembra in crisi anche questo scalo.

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  • Giuseppe Pagnini

    La zona di libero scambio converrà a tutti, ma non ai Paesi europei. Di certo non alla Sicilia.

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  • Matteo Fusini

    E dire che in Sicilia si aspettava la zona di libero scambio euromediterranea come un’apparizione mariana ed ora che il 2010 è arrivato neanche si sa se realmente è attiva o meno.

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  • Alessandro Valenti

    E qual è la soluzione? Il protezionismo?!? Ma per favore..

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  • Gianni Garozzo

    La vicende dell’agricoltura siciliana mi sembrano una perfetta esemplificazione di come l’Unione Europea non convenga alle regioni in qualche modo indietro nello sviluppo. Sì, vi sono gli auiti, ma tanto in Sicilia non sappiamo nemmeno fare i bandi per richiederli. In compenso, la concorrenza è spietata. Assurdo anche solo che in Sicilia si trovino le arance estere nei supermercati.

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  • Max Giacomini

    Fatemi capire, gli Usa mandano i marines in giro per il mondo, noi la spremuta umanitaria?

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  • Arturo

    Proprio ieri pare che la Regione Sicilia abbia fatto una cosuccia concreta, una di quelle suggerite dal Pd, ammettendo 16.000 agricoltori agli aiuti per “liberare” gli alberi dalle arance invendute, arance che saranno trasformate in succhi da inviare in aree disastrate del pianeta.

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  • Angela

    Le proposte del Pd sono troppo ragionevoli per essere accettate dal governo centrale o dalla Regione Sicilia. La moratoria dei debiti? Ma nella loro mentalità predatoria chi è in difficoltà deve essere aggredito alla giugulare, altro che aiutato.

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  • Valerio Russomanno

    Anche in questo settore, in cui potremmo essere all’avanguardia come di fatto siamo stati per secoli, ormai siamo in ginocchio. Incredibile.

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