Carcere, non si può morire così

Non posso che ripeterlo, e continuerò a farlo finché continuerà ad essere calpestata così palesemente la Costituzione. Non si può morire di carcere. Non si può vedere negato il diritto alle cure e alla salute, nemmeno nei confronti di chi ha sbagliato e sta pagando – con il carcere, appunto – i propri errori, anche gravi. Accade invece che Christian Bianchini, siracusano detenuto nel carcere di Taranto e colpito da tumore al fegato, non riesca ad ottenere il ricovero in un centro specializzato per essere operato immediatamente. Una vicenda ancora più tragica perché dettata, a quanto pare, dalla mancanza di risorse economiche necessarie per lo spostamento di Christian Bianchini da Taranto all’Ismet di Palermo. Un fatto ignobile, che calpesta i diritti fondamentali di ogni uomo, su cui chiederò alle istituzioni carcerarie di intervenire subito e presenterò un’interpellanza parlamentare urgente.

La vicenda riguarda Christian Bianchini, 28 anni. Christian sta scontando una pena per 13 anni di reclusione nel carcere di Taranto ma è affetto da un tumore al fegato e avrebbe bisogno con urgenza di essere operato. Ma l’ordinanza che consentirebbe il ricovero all’Ismet di Palermo non è stata eseguita, a quanto pare per la carenza di risorse finanziarie per sostenere i costi del trasferimento da Taranto a Palermo.

Dei fatti si è occupato anche il capogruppo del Partito Democratico alla Provincia di Siracusa, Carmelo Spataro, sollecitando un mio intervento parlamentare alla Camera. Non è la prima volta che mi occupo delle tante carenze delle strutture carcerarie italiane e siciliane in particolare. Ho ricevuto anche diverse lettere da parte di detenuti, che lamentano soprattutto la mancanza di una giusta assistenza sanitaria: poche medicine, visite mediche sporadiche, cure non adeguate. Quello di Christian Bianchini è un caso limite che non può essere ignorato, anche perché dietro moltissimi casi di suicidi in carcere si nasconde un motivo semplice: l’abbandono, non soltanto psicologico, in cui sono costretti a vivere i detenuti.

Leggi l’articolo apparso su “La Sicilia”

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