L’Italia Giusta – Il Programma: SALUTE

LE PRIORITÀ DEL PD PER IL RILANCIO DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE
La grave crisi che sta attraversando il nostro Paese richiede uno straordinario e prolungato impegno affinché il sistema di tutela della salute non venga travolto ma, al contrario, venga migliorato e consolidato. L’aumento della disoccupazione e delle povertà, i continui tagli alle politiche sociali e alle politiche sanitarie non fanno altro che aumentare l’insoddisfazione delle persone che, sempre più spesso, lamentano un peggioramento delle condizioni di accesso ai servizi, l’aumento dei ticket, il degrado delle strutture, il disorientamento di fronte a restrizioni spesso assurde e contraddittorie, la carenza di sostegni alla non autosufficienza.
LE POLITICHE A TUTELA DELLA SALUTE SONO UNA PRIORITÀ PER IL PD La crisi non può e non deve diventare una giustificazione al rovesciamento dei principi dell’universalismo e della solidarietà nella tutela della salute. Questo è l’impegno primario del PD. L’impegno è sulle politiche sanitarie e sulle politiche sociali, perché la tutela della salute delle persone non può più tollerare la diffusa scarsa integrazione fra sociale e sanitario. Il Servizio Sanitario Nazionale italiano va considerato, nonostante i casi di spreco o di inefficienza che talvolta emergono, in maniera positiva nel suo complesso, in particolare per il suo carattere universalistico. Nel corso degli ultimi dieci anni abbiamo assistito a una crescita sostenuta della spesa sanitaria pubblica in tutti i paesi ad economia avanzata (la crescita media annua è stata del 4,8% tra il 2000 e il 2009 nei paesi Ocse) che ha subito negli ultimi tre anni un rallentamento legato alla crisi economico-finanziaria e alle conseguenti manovre di contenimento della spesa e riequilibrio dei conti pubblici. Oggi il sistema italiano è meno finanziato di molti altri in Europa: il fondo sanitario ammonta al 7,1% del PIL quando la media degli stati UE hanno investito in sanità circa il 9% rispetto al valore dei loro PIL. I dati ci dicono che né il livello né la dinamica della spesa sanitaria del nostro Paese possono essere considerati motivo di allarme per la finanza pubblica. Si tratta di una voce di spesa importante, ma sulla sanità vantiamo uno spread positivo rispetto alla Germania: spendiamo nel pubblico almeno 1,6 punti di PIL in meno e complessivamente – tra pubblico e privato – 2,3 punti in meno. Nonostante i bassi livelli di spesa, i fondi per la sanità pubblica sono stati sottoposti a ripetuti tagli da parte degli ultimi governi e la Corte dei Conti ha stimato in 31 miliardi i tagli fino al 2015, a cui si uniscono nuovi ticket, previsti dalla manovra del 2011 e che entreranno in vigore da gennaio 2014, per rastrellare ulteriori 2 miliardi di euro. Il totale è una manovra pari al 30% della complessiva dotazione annuale del Fondo Sanitario Nazionale. Gli effetti di questa politica stanno provocando una situazione di incertezza e di grandissima difficoltà. Non solo perché ciò ha impedito la possibilità di concretizzare il Patto per la salute fra il Governo e le Regioni, ma anche perché la conseguenza è quella di aprire la strada ad un processo di destrutturazione che si manifesta già con una riduzione dei servizi e delle prestazioni ai cittadini. Infatti sono cresciuti visibilmente fenomeni di malessere e di sfiducia sia fra gli utenti che fra gli operatori. Un segnale di allarme che non va ignorato. E’ ormai evidente che la doverosa e condivisibile ricerca di maggiore efficienza, l’appropriatezza delle cure, l’innovazione, non possono dare i risultati finanziari attesi e pongono in crisi la sostenibilità del sistema anche là dove, in questi anni, il buon governo aveva prodotto buona sanità nel rispetto degli equilibri finanziari. In nome della crisi della finanza pubblica (il debito) e dei cambiamenti demografici, a partire dall’invecchiamento della popolazione e dall’aumento delle cronicità, emergono sempre più frequentemente affermazioni quali “questo sistema non ce lo possiamo più permettere”. Si dice che è “finanziariamente insostenibile” per ridefinire i confini dell’universalismo e aprire la strada ad un “secondo pilastro” fondato su logiche individuali, mutualistiche o assicurative. Il PD è risolutamente contrario a queste ipotesi: non è ineluttabile arrendersi all’idea che non c’è altra via possibile da quella dei tagli lineari e del ridimensionamento dei servizi. Altra cosa è portare a compimento la regolazione normativa e fiscale della mutualità integrativa, già prevista dalle norme vigenti, per dare più tutela alla abbondante spesa privata che i cittadini già sostengono e stimata in 30 miliardi di euro. La nostra posizione è quella di dire con chiarezza no a nuovi tagli e nuovi ticket. Tra l’altro l’incremento dei ticket, oltre a gravare pesantemente sui redditi delle famiglie, sta provocando su molte prestazioni uno spostamento di risorse dal pubblico al privato con l’effetto di aggravare i bilanci delle ASL che perdono entrate senza la riduzione proporzionale dei costi. La tutela della salute per tutti è un diritto primario e fondamentale e la spesa che serve a questo scopo non può essere considerata sullo stesso piano di altri capitoli della spesa pubblica. Si tratta di una priorità indiscutibile. La fonte principale per reperire le risorse necessarie a rendere esigibile questo diritto è e resta la fiscalità generale. Intendiamo ribadirlo per evitare ogni equivoco intorno all’affermazione sulla “insostenibilità del SSN” anche nella prospettiva del nuovo Governo. Il PD ritiene che in nessun modo il livello di finanziamento del Fondo sanitario nazionale possa scendere al di sotto dei valori stabiliti nell’ultimo Patto per la salute. La ricerca di maggiori risorse non riduce comunque, per stare al passo con le nuove esigenze di cura e di innovazione, la necessità di affrontare il tema della sostenibilità del sistema attraverso un reale e profondo processo di riorganizzazione del Servizio sanitario nazionale. Esistono indubbiamente sacche di spreco e inefficienze da aggredire con il criterio dell’appropriatezza, insieme a quello della valutazione e della trasparenza.
Le scelte prioritarie attraverso cui avviare questo percorso di riorganizzazione e di rilancio del SSN sono:
OSPEDALE E TERRITORIO: DA REPARTI SPECIALISTICI A INTENSITÀ DELLE CURE
E’urgente un piano di rinnovamento strutturale e tecnologico degli ospedali e passare dall’ospedale basato sul numero di posti letto e sulle diverse specialità, al principio dell’intensità delle cure. Puntare su poche strutture altamente tecnologiche per le emergenze e i casi acuti affiancate da strutture a bassa e media intensità di cura dove assistere i pazienti con patologie croniche e tutti coloro che non necessitano di interventi di alta specializzazione. Gli ospedali devono poi essere collegati tra loro attraverso reti di specialità per evitare doppioni e ridondanze, ma è essenziale anche lo stretto legame con i presidi territoriali, le strutture riabilitative e residenziali, la domiciliarità, la medicina generale e la pediatria di comunità per garantire reali processi di presa in carico e di continuità di cura.
RIQUALIFICARE E RIORGANIZZARE LE CURE PRIMARIE
Serve abbandonare l’idea del lavoro “solista” e di attesa per realizzare il modello di medicina associata e di iniziativa, già sperimentato con successo in alcune regioni. Gli studi dei medici di medicina generale, attraverso forme incentivate di aggregazione strutturale o funzionale con la rete della continuità assistenziale e della specialistica convenzionata, devono assicurare la gestione di cure e diagnosi di primo livello H 24, diffondendo sui territori quei servizi alla prevenzione e gestione dei fattori di rischio, delle cronicità e delle disabilità, quali presupposti indispensabili a garantire una efficace domiciliarità e/o semiresidenzialità delle patologie emergenti. Servono studi attrezzati, informatizzati, collegati con gli ambulatori specialistici e gli ospedali e con la rete dei servizi socio sanitari
APPROPRIATEZZA E MEDICINA DIFENSIVA
L’evoluzione tecnologica, le pressioni sugli operatori, i timori da parte dei medici di essere denunciati portano ad alimentare il fenomeno della medicina difensiva. Creare le condizioni affinché i medici prescrivano visite ed esami solo quando è opportuno significa lavorare per la sostenibilità del sistema ed evitare che gli interventi sanitari generino più danni che benefici. Servono linee guida e percorsi diagnostico-terapeutici scientificamente validi e verificati dalle società scientifiche; serve la tessera sanitaria digitale per ogni persona, in modo da poter verificare quali sono le terapie in corso e quelle passate ed evitare la duplicazione di esami già eseguiti; serve il monitoraggio delle attività diagnostiche sia nel pubblico che nel privato convenzionato. Deve anche essere finalmente introdotta una legge sul rischio clinico che imponga l’introduzione di strumenti per la prevenzione degli eventi avversi ed il loro monitoraggio e riveda i meccanismi di assicurazione, al fine di garantire la copertura a tutti i professionisti del SSN e al contempo ne riduca i costi. Il PD, consapevole del profondo disagio dei professionisti, intende orientare le sue politiche secondo alcune direttrici di intervento: le quattro A: assicurazione, autorizzazione, accreditamento e accordi contrattuali (questi ultimi per le strutture private), con la prima che diventa condizione necessaria e imprescindibile per le altre tre, costituendo, quindi, un obbligo. La tutela, comunque configurata, deve valere per tutto l’arco temporale in cui può essere esercitata un’azione risarcitoria (10 anni in civile) – migliorare la sicurezza delle cure: attuando in ogni struttura funzioni dedicate alla prevenzione e gestione del rischio, lavorando sull’appropriatezza (le buone pratiche sulla base di linee guida accreditate), sviluppando procedure confidenziali di emersione e valutazione degli errori, incrementando politiche di formazione. attivare sistemi misti, risarcitori e indennitari, in maniera da tutelare le persone danneggiate, indipendentemente dal riconoscimento o meno di una responsabilità individuabile (no fault) – creare un fondo per i grandissimi rischi e per le insolvenze, introducendo il concetto della responsabilità oggettiva delle strutture sanitarie, siano esse pubbliche o private – dare piena e pronta attuazione al fondo di solidarietà per le categorie professionali più esposte al fine di contenere i premi assicurativi, – mettere a punto tabelle univoche per la valutazione del danno, allo scopo di uniformare, secondo equità e giustizia, l’ammontare delle liquidazioni.
PUNTARE SULLA PREVENZIONE
Gran parte della spesa sanitaria si concentra negli ultimi anni di vita dei pazienti ed è associata al trattamento e alla riabilitazione di patologie croniche. Le malattie cardiovascolari e i tumori rappresentano circa i ¾ della mortalità, a queste si aggiunge la piaga del nostro secolo, il diabete (3 milioni di ammalati in Italia, quasi 400 milioni nel mondo). Si stima che almeno l’80% delle malattie cardiache, dei casi di ictus e di diabete, oltre a un terzo dei tumori, siano prevenibili. Dentro questo contesto va inserita la vera, straordinaria sfida alla sostenibilità del SSN. Per continuare a garantire il sistema universalistico è indispensabile ridurre la pressione sul sistema stesso attraverso serie e incisive politiche per la prevenzione. Alle tradizionali attività di prevenzione e diagnosi precoce va affiancato il sostegno a corretti stili di vita, dalla lotta alle dipendenze, alla corretta alimentazione, all’attività fisica, anche coinvolgendo i percorsi scolastici fin dalle elementari. Serve poi una coerenza delle politiche nazionali e locali e un welfare di comunità che veda assieme i servizi e le numerose organizzazioni della società civile e del volontariato.
UNA NUOVA POLITICA DEL FARMACO
Il mercato farmaceutico italiano rappresenta il terzo mercato europeo e il sesto mondiale, ed è pari a quasi venticinque miliardi di euro. Il comparto assorbe circa il 20% delle risorse del fondo sanitario nazionale. E’ un settore cruciale per l’assetto industriale del nostro Paese e dovrebbe essere fortemente valorizzato e riorientato all’innovazione e alla ricerca. Ma per garantire questo l’Italia deve superare la cultura dell’emergenza permettendo alle aziende farmaceutiche una pianificazione delle loro attività su un periodo di 3-5 anni, evitando ripetuti e contraddittori interventi che destabilizzano e rendono il nostro Paese poco affidabile e poco appetibile per gli investimenti da parte delle grandi multinazionali. Va superata la concezione culturale del farmaco solo come fattore di spesa per la sanità.
FEDERALISMO E GOVERNANCE
La scelta federalista sancita nel titolo V della Costituzione rappresenta un’opzione strategica che non va messa in discussione. Al tempo stesso alcune conseguenze negative nell’applicazione dei principi federalisti vanno corrette, in particolare l’aumento del divario nella qualità dell’assistenza tra le regioni del nord e quelle meridionali. Non sono accettabili differenze così marcate nell’accesso, nella qualità delle cure e nell’efficienza dei servizi erogati. I problemi riguardano tutti i settori, dagli ospedali, alla riabilitazione, all’assistenza territoriale sanitaria e socio-sanitaria. La situazione nelle regioni meridionali è la più preoccupante ma la nostra sfida è per una sanità efficiente e di qualità anche nel sud che consideriamo una “grande questione nazionale”. Va rivista l’intera impostazione dei piani di rientro e dei commissariamenti, ma c’è bisogno di far rispettare ciò che vale e funziona nelle regioni più virtuose attraverso il monitoraggio continuo costante dell’appropriatezza delle prestazioni, una valutazione in tempo reale delle spese per individuare eventuali anomalie, un’analisi delle cause del deficit e infine un’autorità vicaria con poteri effettivi capace di intervenire tempestivamente in presenza di situazioni anomale sostituendosi, per il periodo necessario, all’amministrazione regionale. Per queste ragioni è necessario affermare un processo di maggiore omogeneizzazione del sistema a livello territoriale e di qualità delle prestazioni e dei servizi. In tal senso va rivisto e rafforzato il ruolo del Ministero della Salute che deve recuperare un’effettiva capacità di governo delle politiche sanitarie, in un rapporto di piena e leale collaborazione istituzionale con le Regioni, svolgendo appieno la sua funzione di indirizzo, monitoraggio, valutazione, innovazione del sistema con criteri di omogeneità ed equità di accesso ai Livelli Essenziali di Assistenza in tutto il Paese. Un ministero rinnovato e una infrastruttura tecnico-scientifica efficace, altamente qualificata che tenga insieme, coordinate e integrate, le competenze dell’Istituto Superiore di Sanità, dell’AIFA e dell’Age.Na.S. e che agisca a sostegno dell’intero sistema per promuovere innovazione, rendere sistematico il monitoraggio delle attività, l’accreditamento, le verifiche, l’accertamento della qualità e dell’appropriatezza dei servizi e delle prestazioni, la sicurezza delle procedure. Una struttura in grado di elaborare con autonomia scientifica dati e valutazioni necessarie a chi ha la responsabilità nazionale e regionale di governare il SSN.
I PARTITI FUORI DALLE NOMINE
Gli scandali e il malaffare hanno investito il mondo della sanità in questi anni. Va contrastata la criminalità che trova nel settore sanitario una possibilità di business illecito particolarmente interessante. Servono meccanismi diversi di selezione dei dirigenti del SSN, trasparenti e verificabili. La selezione dei Direttori Generali, dei dirigenti e dei primari, deve avvenire secondo chiari, motivati e visibili criteri esclusivamente basati sul merito. Vanno ridefiniti i requisiti professionali e la selezione va fatta mettendo a confronto le candidature. Tutto il percorso va reso pubblico su internet. Alla selezione deve però seguire una fase di verifica dei risultati non solo sulla base degli aspetti economici e gestionali ma anche sulle strategie e i risultati in termini di salute.
COINVOLGERE OPERATORI E CITTADINI: OPERAZIONE TRASPARENZA
Qualunque proposta di rilancio della sanità pubblica passa per il coinvolgimento dei medici, degli infermieri, dei tecnici e di tutti gli operatori sanitari che vanno valorizzati nel loro difficile compito ma soprattutto vanno coinvolti nei processi decisionali e nel governo clinico di aziende e ospedali. Le organizzazioni del lavoro devono perseguire l’efficienza dei costi di produzione dei servizi attraverso politiche del lavoro orientate alla qualità e all’efficacia, soprattutto considerando che, nella tutela della salute, i tempi delle relazioni sono tempi di cura. Non sono più sostenibili aree così vaste di precariato tra medici e personale sanitario, una precarietà strutturata che indebolisce le prospettive dei giovani e del servizio. La stessa formazione universitaria e post universitaria va chiamata ad un cambio di paradigma che orienti diversamente i contenuti, le metodologie formative e soprattutto i luoghi e i soggetti dove si insegna il saper fare, il saper essere e il saper far fare, reclutando a questi obiettivi in modo paritario e trasparente i professionisti e le strutture del SSN. Sui fini del miglioramento della qualità professionale e della tutela dei valori deontologici connessi alle attività mediche e sanitarie va rapidamente concluso un processo di ammodernamento ordinamentale degli Ordini delle professioni mediche e sanitarie. Indubbiamente occorre riprendere un percorso di aziendalizzazione per ridare responsabilità, trasparenza, efficienza, alla gestione liberandola dall’ingerenza politica. Dal canto loro i cittadini hanno maturato una crescente consapevolezza e sono oggi soggetti attivi nei processi di cura e assistenza, nella governance istituzionale e nella tutela dei diritti. Per questo è auspicabile una grande operazione trasparenza a partire dai risultati clinici di ogni ospedale che dovrebbero essere resi pubblici su internet, e messi a disposizione dei cittadini che sono gli “azionisti” del Servizio Sanitario Nazionale. Oltre a questo andrebbero pubblicati sui siti di ogni azienda ospedaliera e Asl i costi di acquisto di beni e servizi per favorire processi di trasparenza e concorrenza per rendere più omogeneo a livello nazionale l’intero settore e arrivare a una significativa riduzione generale dei prezzi di acquisto.

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