A Catania congresso provinciale della Cgil

Ieri si è aperto il congresso provinciale della CGIL. Io ho portato il mio saluto e quello del PD ma, soprattutto, ho ascoltato la relazione del segretario generale Angelo Villari che con piacere propongo ai miei lettori.

Care delegate e cari delegati, compagne e compagni, graditi ospiti  e gentili invitati, ringrazio tutti voi per la partecipazione  nutrita e qualificata  a questo congresso.
La presenza  del nostro  segretario generale  Guglielmo Epifani,  che per la prima volta  partecipa ad un  Congresso della CGIL catanese, ci onora ed è un riconoscimento significativo nei confronti di  questa Organizzazione e di Catania inoltre la presenza della   segretaria regionale   Mariella Maggio, insieme  agli interlocutori   istituzionali , alle altre forze sociali, a partire da CISL e UIL  e alle associazioni delle imprese  pubbliche  e private  che qui ci sono , dimostra quanta importanza  assuma per  questa città  e per il nostro territorio  questa assise.
Questo è per noi motivo di grande orgoglio.
Siamo  arrivati  a questa scadenza  dopo aver svolto  356 assemblee  di base e coinvolto  28.219 iscritte e iscritti  sui 63.120 della nostra organizzazione comprensoriale, che insieme ai Comuni  del comprensorio di Caltagirone rappresenta  oltre 80.000 iscritti confermandosi così la prima organizzazione sindacale della nostra Provincia. Abbiamo discusso  nei luoghi  di lavoro, nelle leghe  dei pensionati,  nei Comuni, in tutto il territorio provinciale, con  migliaia e migliaia  di lavoratori, di pensionati, giovani, precari, immigrati, i documenti congressuali  ascoltando i suggerimenti , le ansie , le proposte , le idee, i problemi e i bisogni che il nostro  popolo esprime  e vive.
Abbiamo sentito  sempre   emergere la  voglia forte e convinta della nostra  gente dei nostri iscritti di vedere unita la CGIL e il suo  gruppo dirigente  e la  richiesta  assai convinta  di tenere  unito il mondo del lavoro per renderlo  sempre  più forte  e incisivo. Ci è stata rimproverata,  in virtù  di questa esigenza, la scelta  fatta di andare a questo Congresso su documenti contrapposti.
La maggior parte  dei nostri  iscritti  non ha  apprezzato  questa contrapposizione  che ha rischiato  di  apparire come  una lacerazione  incomprensibile, alla luce anche  del  fatto  che negli  ultimi anni la Confederazione  e il suo gruppo  dirigente  a tutti i livelli  ha sempre assunto  le  decisioni  politiche,  strategiche  e di linea praticamente  alla  unanimità.
In qualche assemblea  di base  questa articolazione  ha disorientato  i nostri  iscritti  determinando  ripercussioni  negative, come è avvenuto in qualche azienda farmaceutica da poco sindacalizzata  dove alcuni  lavoratori si sono  rifiutati  di votare  a conclusione  dell’assemblea  astenendosi  sui documenti.
In  una fase così delicata  nella quale  siamo impegnati  da oltre un anno a contrastare  le ricadute  di una  crisi senza  precedenti  fatta di licenziamenti, chiusure di aziende, impoverimento delle condizioni  di vita e salariali dei lavoratori e dei pensionati , acuite dalle mancate scelte del governo  e  dalle sue incapacità  di mettere in campo politiche  ed interventi forti capaci  di sostenere  i redditi da lavoro e da pensione  e di frenare  gli effetti  sociali della crisi   su imprese e lavoro; in un momento così delicato di difficoltà e di divisioni  con le altre OO.SS. e di scontro con il governo e con le controparti  pubbliche e private, la scelta fatta da alcuni compagni  di proporre  un documento alternativo, ha ragione  chi ce lo ha fatto notare, è stata in effetti  anche  a mio parere sbagliata.
Tuttavia,  malgrado queste difficoltà, grazie al senso  di responsabilità di tutti i compagni e di tutte le  compagne  del gruppo dirigente, al di là  delle articolazioni che ci sono state  e ci sono, è stato garantito  il massimo  di democrazia, il pieno rispetto delle regole  e l’espressione  libera  e consapevole della volontà di tutti gli iscritti.
Nel nostro comprensorio  oltre il 95% degli iscritti votanti  si è espresso in favore del primo documento  che vede primo firmatario  il segretario generale  G. Epifani, a dimostrazione  del grande consenso che tutta questa organizzazione  esprime sulla sua  direzione  e sulle  scelte fatte  in questi  anni.
Le iscritte e gli iscritti  numerosi si sono espressi  liberamente  permettendoci  di poter  dire che  anche   questo congresso, come è nella tradizione  della CGIL , ha rappresentato  un grande  momento  di partecipazione  attiva e democratica, consentendo  a migliaia e migliaia  di lavoratori, di pensionati , di donne e di uomini che si  riconoscono  nella CGIL di essere protagonisti  dentro  la loro  organizzazione.
Una organizzazione  viva,  plurale e capace di garantire le opinioni di tutti, un gruppo dirigente  serio e iscritti in grado  di mantenere il  confronto  e il dibattito  sulle questioni di merito   e sui problemi da affrontare, discutendo liberamente  e senza farsi  trasportare  da   polemiche e lacerazioni che nulla hanno a che vedere con la nostra storia.
Questo  senso di responsabilità, questo  senso di  appartenenza  dimostrato  da tutti  coloro che nei luoghi di lavoro sul territorio sono impegnati  con abnegazione a rappresentare  la CGIL a difenderla  rendendola  così forte e prestigiosa, sono la nostra forza che non va dispersa.
Questi  attivisti, questi rappresentanti sindacali presenti  nelle aziende, nel territorio sono la  nostra rete,  il nostro tessuto  connettivo,  guai a non tenerne adeguatamente  conto.
Bisogna adesso essere coerenti con  quanto  emerso dalle assemblee di base e garantire  l’unità  della CGIL insieme all’impegno  di lavorare  per  riannodare faticosamente  i fili dell’unità  del mondo  del lavoro  per essere  più forti e più determinati nel nostro agire quotidiano di tutela  e in  difesa dei diritti  dei lavoratori.
Assistiamo da qualche tempo  sempre con  più insistenza  alla voglia  di marginalizzare nella nostra  società il lavoro, la sua funzione e il valore che esso esprime. Mi piace qui ripetere quanto detto il 5 febbraio scorso dal premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz:  “oggi la gente comune, chi lavora perde, mentre la grande finanza, chi specula guadagna sempre di più. Oggi è più vantaggioso speculare che lavorare per vivere. Deve tornare ad  essere il contrario.”
Ridurre il peso del lavoro, di chi produce è molto pericoloso, specie  se questa  scelta viene perseguita  da una parte consistente  della classe  dirigente  di Governo  del nostro Paese.
Il fatto che oggi  ci sia qualcuno  che voglia  mettere in discussione  l’art.  1 della  nostra Costituzione ne è la dimostrazione  più esplicita, ma non la sola.
L’attacco alla Magistratura e alla sua autonomia è irresponsabile e mette in discussione il principio democratico che la legge è uguale per tutti, proprio per tutti.
L’Italia è una  Repubblica  democratica  fondata sul lavoro.
Questo principio fondamentale  va difeso da tutti, minarlo, indebolirlo significa  scardinare la nostra democrazia .
Il mondo  dei lavori, le forze  sociali e produttive non possono  e non  debbono consentirlo.
La CGIL rimane fedele  a questo  principio  e alla  difesa della Costituzione democratica e continuerà  a impegnarsi  con nuovo e sempre  più forte slancio affinché tutto il corpo della Confederazione, i suoi gruppi dirigenti , l’insieme degli iscritti, la assumano  come valore fondamentale.
E’ una questione democratica,  culturale  ed educativa.
E’ per questo  che credo molto  nel progetto formativo voluto dal compagno Epifani e dal compagno Panini, il cosiddetto progetto 20.000, perché  esso può  rappresentare l’occasione vera  di formazione  e di orientamento dei quadri e dei delegati della CGIL, progetto che a Catania  ha già coinvolto  alcune centinaia  di compagne e compagni, per sviluppare quel necessario senso di appartenenza  alla Organizzazione  insieme ai valori fondanti  della nostra  carta costituzionale.
Credo che questo progetto vada ancora  di più sviluppato  tra  i lavoratori   e si debba ancora di più investire nella formazione dei nostri quadri e delegati; tutti riconoscono il grande impegno della CGIL catanese nella formazione sindacale dobbiamo ancora di più rafforzarla specie tra le giovani e i giovani iscritti, anche per rafforzare il fondamentale concetto della confederalità, in questo congresso rilanciato con forza.
Le grandi Organizzazioni sociali confederali debbono riappropriarsi  della loro funzione di soggetti generali  dell’innovazione  e del cambiamento  riaffermando  i principi di giustizia  e di equità  e il valore  della uguaglianza, oggi sempre  di più messi in discussione o appannati, e i loro dirigenti devono essere consapevoli  di questa funzione.
Contrastare il  declino  economico e sociale a cui assistiamo, ma anche e soprattutto il declino morale, istituzionale e culturale nel quale il Paese rischia di scivolare è compito anche nostro.
In una società  dove le differenze si sono  accentuate, dove la forbice  delle diseguaglianze   diventa sempre più ampia,  dove la solidarietà è vista come  spreco, se le organizzazioni  che rappresentano il lavoro  e i più deboli non rimettono al centro i principi di equità, di giustizia, di solidarietà è la loro stessa  funzione che si indebolisce, anche perché sono i  più deboli a pagare il prezzo più salato  di questa situazione.
Eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, eguaglianza dei diritti e dei doveri, eguaglianza  delle opportunità per tutte e per tutti, eguaglianza  nelle possibilità  di accesso  al lavoro, allo studio, alla salute e la valorizzazione  del merito e delle competenze insieme all’affermazione della legalità,  della trasparenza nell’agire pubblico, del rispetto delle regole e alla lotta a tutte le violenze e le mafie sono la garanzia  necessaria per i lavoratori, per le loro famiglie e per i più deboli, cioè per il mondo che noi rappresentiamo, per non subire discriminazioni  e ingiustizie  oggi sempre più frequenti e violente.
Anche perché rischiamo di dover assistere  inerti all’impunità dei potenti  ed all’accanimento  verso i più deboli, cose queste oggi assai frequenti, insieme alla cancellazione della mobilità sociale  con la corporativizzazione della società, alla cancellazione dei diritti che solo pochi potranno vedersi garantire.
E’ anche questo il ruolo e il compito del Sindacato?
Io credo di si se non si  vuole essere marginali, se non ci si vuole fare relegare  ad un ruolo davvero residuale  alla stregua dei tanti ordini professionali  che essendo costituiti in lobby riescono meglio a tutelare le proprie corporazioni, senza aspirare alla tutela degli interessi generali.
E’ questa per noi la sfida. Quando  rivendichiamo alle istituzioni e alle controparti pari dignità  è questo ciò che vogliamo dire.  Vogliamo essere percepiti, perché ciò siamo, come soggetti sociali che  hanno  a cuore gli interessi generali e con questo spirito, vogliamo con la schiena dritta confrontarci con tutti.
Quando abbiamo criticato l’Amministrazione Comunale per non aver  contemplato  nel costituito gruppo di lavoro per il rilancio di Catania (i cosiddetti  stati generali) la presenza  del  mondo  del lavoro, mentre si è pensato  di tenere  dentro tante altre  rappresentanze  della società, lo abbiamo  fatto non certo per affermare una nostra vanità, ma perché pensiamo che ci sia  una sottovalutazione  della funzione del lavoro e del suo apporto nella società.
Una sottovalutazione del contributo  che il mondo  del lavoro, i  lavoratori  e le  loro organizzazioni di rappresentanza   danno  con le loro proposte, con il loro agire, con il loro  impegno  con il loro lavoro e con  l’intelligenza che gli è propria  allo sviluppo economico e sociale della nostra comunità. Sugli stati generali noi accettiamo la sfida lanciataci dal Sindaco, anche se pensiamo che  le questioni che si vogliono affrontare, devono essere viste in un ottica sovra comunale.
Il  Sindaco di Catania, il Presidente della Provincia, che con la sua task force in questi mesi  è stato  sponda per molte vertenze sindacali, si sono impegnati a recuperare questo deficit e su nostra sollecitazione insieme alle forze imprenditoriali hanno avviato un confronto, una fase ci auguriamo di  vera  concertazione,  che avrà come prima data il 5 marzo prossimo, al quale noi annettiamo molta importanza e che dovrà svilupparsi sulle linee del protocollo siglato a settembre dalle forze sociali e produttive. Al Presidente della Provincia vogliamo ricordare che il confronto da lui preannunciatoci  sul Piano territoriale provinciale e sulle politiche di bilancio necessarie per progettare interventi utili, diventa per noi un banco di prova importante.
E’ chiaro che adesso si deve passare alla fase degli atti concreti diversamente il Sindacato non potrà aspettare inerte.
Il Governo Centrale  sempre  di più pensa  di poter fare a meno del confronto e del contributo dei corpi intermedi della società, delle organizzazioni di rappresentanza e delle organizzazioni sociali, determinando  un vero  e proprio  vulnus non solo ad una prassi consolidata, ma alla democrazia  partecipativa e allo stesso dettato costituzionale che assegna  a queste forze  presenti  nella società   compiti importanti di rappresentanza e  di partecipazione attiva.
L’aver sottoscritto l’accordo  sulla riforma delle regole contrattuali senza il consenso  della CGIL, che è la più grande organizzazione dei lavoratori del nostro Paese, è stato  un atto sbagliato per il merito dell’accordo che a nostro avviso riduce salari e spazi contrattuali, ma anche miope per   il metodo usato, perché quando si esclude   o si marginalizza grande parte del mondo  del lavoro  dalla condivisione   delle regole  che lo interessano  diventa complicata  anche l’applicazione  delle regole  stesse.
Questo, lo voglio dire chiaramente,  non riguarda  solo il Governo, che certo non brilla per la lungimiranza politica e per attenzione verso le forze sociali e produttive, ma anche e particolarmente le altre OO.SS.  e le controparti imprenditoriali che così  determinano  l’impossibilità di confronti  sereni e produttivi per l’insieme dei lavoratori e delle imprese, con  un accentuazione  della conflittualità che  non fa bene alle relazioni industriali  e al sistema delle imprese, specie  in una fase  di crisi economica e sociale  come quella  che stiamo  vivendo che ha bisogno  di  condivisione  e di accordi forti per aiutare imprese e lavoro.
La crisi  è davvero molto pesante
I piccoli  segnali di ripresa non cambiano una situazione nella quale  le ricadute sull’occupazione, sul lavoro, sul futuro  del sistema produttivo del nostro Paese sono  drammatiche e destinate  ancora a peggiorare  nei prossimi mesi.
I segnali che si registrano sono purtroppo negativamente eloquenti. La disoccupazione aumenta, il ricorso alla CIG e agli ammortizzatori sociali è sempre più frequente, le multinazionali   presenti nel nostro Paese, comprese quelle presenti in Sicilia e a Catania, riducono il loro impegno e spesso decidono di spostare altrove le loro produzioni  non curandosi, dopo aver utilizzato  ingenti    risorse pubbliche,delle  ricadute sociali  per le  loro decisioni, tantissime  piccole e medie imprese sono in sofferenza  e  costrette a chiudere lasciando senza lavoro  e senza reddito migliaia di lavoratori;  Interi comparti  vengono  cancellati.
Il Governo  invece  di   affrontare   questa difficilissima  situazione   confrontandosi  con le OO.SS. e le  parti sociali su un progetto forte di rilancio dello sviluppo e di intervento deciso  per sostenere i redditi da lavoro e da pensione, necessario anche per rilanciare  i consumi  che sempre di più  si riducono  per milioni di persone,  continua a parlare  d’altro e a minimizzare   la situazione, diffondendo un ottimismo improprio e a nostro avviso dannoso.
Dicono che la crisi  è alle nostre spalle, che non vi sono problemi per la nostra economia e per aziende e lavoratori. Ci viene da dire: ma dove vivono?
Eppure conoscono i dati che riguardano la nostra economia  e la nostra produzione , conoscono gli indicatori che ci rivelano l’aumento del tasso di disoccupazione e gli insostenibili    livelli  raggiunti  dal disagio sociale e dalla povertà, specie nel Mezzogiorno d’Italia  e nella nostra Isola, che esplodono  in modo diffuso  e con sempre più drammaticità .
Purtroppo la stessa  informazione  spesso sottace  questi drammi, salvo quando  si tratta di eventi che riguardano grandi  aziende  o quando  i lavoratori sono costretti a dimostrazioni eclatanti che esplodono per l’esasperazione che sempre di più si diffonde.
E’ davvero  assurdo continuare così,  è impossibile  non affrontare con serietà, con autorevolezza e con decisione questa situazione  che  rischia di diventare difficilmente recuperabile.
Il nostro Congresso ha posto alla base del suo documento la necessità di costruire un moderno  “Progetto Paese” alternativo a quello in campo in grado di affrontare  la crisi e guidare il cambiamento  fondato sulla centralità  della conoscenza, della ricerca e dell’innovazione, sul superamento  del dualismo territoriale, attraverso la qualificazione e  l’orientamento sociale  degli  investimenti nelle  reti e  nei servizi, la riconversione ecologica ed ecosostenibile, la messa in sicurezza  del territorio  e il contrasto alle mafie  perché non c’è  soluzione  al degrado ambientale  senza giustizia  sociale.
Le politiche per il Mezzogiorno sono parte essenziale di questo progetto e vanno rafforzate  con un impegno straordinario  in direzione  di  un forte impulso in materia di infrastrutture, specializzazioni produttive, politiche  attive del credito.
Questo va fatto rompendo  le diseguaglianze  nella distribuzione  del reddito, con la lotta alla povertà e alla emarginazione  sociale e favorendo  l’invecchiamento  attivo degli anziani  per difenderne reddito e dignità.
In questo quadro va data una risposta  forte ai giovani che debbono avere  certezza  sul loro futuro,  sia per ciò che riguarda  il lavoro con percorsi   che  superando una precarietà  ormai insostenibile  diano  sicurezza ai processi di stabilizzazione  con contratti a tempo indeterminato, sia garantendo  coperture previdenziali per le loro  future  pensioni che non siano inferiori al 60% dell’ultima retribuzione.
Ciò va fatto  anche attraverso  un riequilibrio  della spesa  previdenziale  orientata più marcatamente  verso le giovani generazioni oggi penalizzate, ma non certo con le boutade incomprensibili e  provocatorie di qualche ministro che pensa di poter dare qualche soldo ai giovani togliendolo ai loro padri o ai loro nonni, cercando così di acuire un conflitto generazionale che invece va sanato con una forte solidarietà fra anziani e giovani.
Il lavoro pubblico  e quello privato  vanno  unificati rompendo la contrapposizione che il Governo      sta creando,  e battendosi per un lavoro pubblico di qualità, responsabile ed efficiente  verso i cittadini ed una riforma  della Pubblica Amministrazione che garantisca l’universalità dei diritti, con modelli  organizzativi nuovi  e con regole uguali per tutti i lavoratori.
Questo principio è alla base  della tenuta dei diritti di cittadinanza e dello stesso stato sociale.
Gli ammortizzatori sociali  che  oggi garantiscono una parte importante del mondo del lavoro, vanno riformati  per renderli universali, aumentando le indennità e utilizzandoli per percorsi di riqualificazione,   formazione  e reimpiego concreti.
Tutto ciò non può essere scisso  dalla  necessità di riconquistare un nuovo modello contrattuale condiviso che non lasci nessuno senza contratto, estendendo a tutti  la contrattazione di 2° livello per aumentare salario e potere contrattuale  dei lavoratori  sui temi della sicurezza e sulle condizioni di lavoro.
Vi è oggi una questione salariale  che non può non essere affrontata se non si vogliono relegare ai livelli di povertà milioni di persone.
La contrattazione sociale e territoriale  in questo contesto  è parte essenziale del sistema   contrattuale  necessario  per garantire  i  diritti  di cittadinanza  e rafforzare i servizi e lo stato sociale  locale per gli anziani e per  le fasce  più deboli  della nostra società.
Così si determina un sistema redistributivo più equo utilizzando anche i bilanci  degli enti locali e riducendo tassazione e tariffe locali.
In questo quadro tutta la problematica riguardante gli Ato idrici ed Ato rifiuti va vista in un’ottica  che garantisca da un lato la funzione pubblica di questi servizi, dall’altro la qualità dell’ambiente e ancora  un sistema tariffario che elimini sprechi e tuteli le fasce più deboli.
Non si può assistere a quanto successo in queste settimane in alcuni comuni della nostra provincia, dove la grande rabbia dei lavoratori ha determinato gravi problemi sanitari e problemi di ordine pubblico. La riforma degli  Ato e il nuovo piano dei rifiuti vanno approvati immediatamente per rendere efficiente, rispettoso dell’ambiente, senza sprechi e moderno questo servizio. Cosi come per noi l’acqua è un bene essenziale che appartiene a tutti perciò la sua gestione non può che essere pubblica.
Con le Istituzioni pubbliche e con tutti gli Enti Locali  è  necessario  rendere costante  un confronto  preventivo sui bilanci  e sulle  risorse per poter garantire servizi efficienti e di qualità e tariffe accessibili a tutti.
Ma la riforma delle riforme è rappresentata dal sistema fiscale. E’ necessario  costruire un sistema fiscale  equo e giusto, riducendo la tassazione  sui redditi da lavoro e da pensione,  incentrando la lotta all’evasione  e alla elusione  e tassando  rendite  finanziarie  e grandi  patrimoni così come avviene in  altre parti d’ Europa . Il fatto che oggi vi sia il 25% circa di  persone che non pagano tasse e che solo l’1% dei contribuenti ha redditi superiori a cento mila euro la dice lunga sulle ingiustizie esistenti.
La prima  aliquota va portata  al 20%, le detrazioni  vanno aumentate e  va riequilibrato  attraverso il fisco  la redistribuzione  nazionale del reddito  a favore dei lavoratori e dei pensionati.
Lo sciopero indetto purtroppo dalla sola CGIL per il 12 marzo  prossimo, malgrado si tratti di una piattaforma unitaria sottoscritta nel 2007, rappresenta la giusta risposta a questa emergenza  fortemente sentita  dai lavoratori, dai pensionati e dai cittadini . La richiesta  di restituire immediatamente  500 euro, insieme alla richiesta forte  di fermare i licenziamenti, allargare gli ammortizzatori sociali, avviare   un piano per rilanciare  lo sviluppo  a partire dal Mezzogiorno,  per attivare politiche  di accoglienza  e di lotta alle nuove schiavitù delle quali i lavoratori migranti sono vittime, sono per noi obiettivi non più rinviabili per recuperare da un lato la grave perdita di salario netto dovuta all’aumento della tassazione che appare sempre più insostenibile per salari e pensioni, dall’altro per rilanciare i concetti di solidarietà e accoglienza.
La CGIL di Catania  nei prossimi   giorni  dedicherà tutto il proprio impegno, già messo in campo con le assemblee  congressuali  di base  di queste settimane, per garantire anche  nella nostra provincia la piena riuscita dello sciopero.
Lo faremo chiamando non solo i lavoratori e i pensionati  alla mobilitazione ma anche i giovani , gli studenti, tutti i cittadini che ritengono ingiusto questo sistema fiscale e che si battono per lo sviluppo, per il lavoro, per la tutela del reddito, per la solidarietà  e i diritti  di tutti  a partire da  quello degli immigrati  che devono essere accolti  e tutelati  come ogni altro cittadino di questo paese.
Per queste ragioni  abbiamo deciso di organizzare una Manifestazione di piazza nella quale  le parole  Equità – Solidarietà  – Lavoro – Futuro  sono sostanziate dalla forte voglia di cambiamento reclamata a gran voce  dai lavoratori, dai pensionati, dai giovani  di Catania.
L’economia  siciliana  e quella catanese  risentono e pagano più degli altri la crisi e le mancate  scelte e i  mancati interventi del Governo centrale e dei Governi locali.  Ne è la dimostrazione  quanto sta accadendo  con la Fiat  che decide  il totale  disimpegno dalla Sicilia, con l’Italtel  che taglia centinaia di posti di lavoro  e con la stessa STM che si disimpegna da Catania  malgrado  abbia appena  un mese fa garantito per  Numonix, anche in virtù di una crescita del  mercato  dei semiconduttori, il mantenimento dei livelli occupazionali esistenti.
L’assenza di una  politica industriale  nel nostro Paese sta determinando un declino produttivo  e industriale  sempre più accentuato che diventa  davvero pericoloso sia sotto il profilo economico che sociale.
Appare evidente  che siamo ancora dentro la crisi  e che il 2010 sarà ancora  peggiore del 2009.
I prossimi 9/ 12 mesi saranno di grande  sofferenza e  sono centinaia  di migliaia i posti di lavoro a rischio  di cui migliaia e migliaia  in Sicilia  e a Catania, visto che importanti multinazionali usano il pretesto della crisi  per delocalizzare.
Alcuni ci dicono  che continuiamo ad apparire  pessimisti  o peggio catastrofisti.
No,  la verità  è che vogliono partire dalla lettura  vera della realtà  per vedere  come affrontarla e per capire quali misure possono  essere  idonee  per superarla.
Questo è il significato del nostro  allarme perché  crediamo più corretto  impegnarci  tutti   seriamente con volontà  e rigore a dare risposta  alle  ansie che assillano  i lavoratori, i precari , i pensionati del nostro Paese.
E’ per questo  che abbiamo  chiesto  e chiediamo  al Governo nazionale, alle  Istituzioni locali e al Governo regionale di mettere in campo  misure forti  per rilanciare lo sviluppo anche lavorando per costruire un nuovo modello.
Prima di tutto  per fronteggiare  la crisi e l’emergenza che ne deriva. In questo senso la  nostra richiesta  di allargare gli ammortizzatori sociali  e le  misure di sostegno  al reddito da lavoro e da pensione è per Catania  prioritaria.
Poi crediamo che  debbano essere  utilizzati  i prossimi mesi per un confronto  a tutto campo  che  consenta  di  costruire  un modello di sviluppo  che finita questa crisi  possa garantire la ripresa produttiva e occupazionale, la crescita del prodotto interno lordo e con esso il benessere del Paese e delle sue comunità.
La Sicilia  in questo quadro  deve fare la sua parte. Anche perché il Governo centrale ha dimenticato assolutamente il Mezzogiorno e la Sicilia spostando sempre di più risorse al nord del Paese. Di questo si deve parlare e su questo ci si deve impegnare, anche perché il ritardo infrastrutturale e di sviluppo della Sicilia e della nostra provincia rappresentano un handicap che penalizza gravemente i cittadini di quest’area. Le risorse per velocizzare il trasporto su ferro, per potenziare la rete stradale  interprovinciale e intercomunale, devono subito essere utilizzate per avviare immediatamente i lavori per la loro realizzazione.
Il Governo Siciliano , le Istituzioni tutte  possono fare e devono fare molto di più  se non vogliono lasciare da un lato che quest’isola si trascini  senza speranza, dando  di sé all’esterno una immagine pessima fatta di malaffare,  di assistenzialismo , di mafia e di incapacità ad affrontare i problemi reali che vivono i cittadini siciliani, dall’altro se non vogliono farsi  percepire  come  un ceto politico e di  Governo incapace  di essere  classe dirigente con uno  scollamento pericoloso dalle proprie  comunità e dalla società civile. Tutto ciò può accentuare in modo sempre  più grave la perdita della speranza e della voglia di riscatto che tantissimi siciliani sentono e vogliono affermare.
Per dare questa speranza, per sostenere  questa voglia di riscatto bisogna partire dal lavoro, perché solo il lavoro riesce a dare dignità ai cittadini, solo il lavoro può allontanarli dal bisogno e dal ricatto in modo da garantire  l’affermarsi dei diritti  in una regione  in un  territorio che li ha visti mortificati a scapito dei favori e delle clientele.
Catania vive una situazione  non dissimile e forse per qualche aspetto peggiore  di quella  appena descritta. Dai nostri congressi di categoria, caratterizzati da una forte unità interna, ne è uscito un quadro chiaro e approfondito settore per settore.
Voglio qui segnalare  solo alcuni e non esaustivi dati sull’andamento della nostra economia e del nostro territorio e sulla situazione sociale  che registriamo partendo proprio da quanto emerso nei congressi su richiamati, per  proporre  le misure che a nostro avviso sono necessarie  per affrontare  le difficoltà  esistenti.
Nell’ultimo anno  il tasso di disoccupazione  è passato  dal 18% al 21%, tra i giovani con meno di 24 anni  tocca ormai il 50%, cioè  1 giovane  su due  non ha , ne trova lavoro.
Gli stessi rapporti  di lavoro precari, registrano  un forte  calo  perché  molti non vengono rinnovati. Catania è una delle città più precarie d’Italia, lo dicono i dati ISTAT e per ultimo lo studio fatto dall’UPLMO pochi giorni addietro in cui si registrano decine di migliaia di assunzioni nel nostro territorio ma quasi tutte precarie.
Precari che  a migliaia e   migliaia operano nei troppi call center catanesi senza diritti e senza garanzie o, quando assunti a tempo indeterminato rischiano da un giorno all’altro il posto di lavoro per la perdita delle commesse.
Questo è avvenuto alla Ratio Consulta dove oltre 80 lavoratori sono stati sospesi perché l’Enel ha annullato l’appalto. Chiediamo una risposta forte e immediata per questi lavoratori per ridare loro il lavoro e con esso prospettive certe.
Ciò avviene  anche  nel settore pubblico per i provvedimenti  del Governo che tutti  conosciamo.
Nella scuola  i  provvedimenti  della Gelmini  hanno  provocato tra personale  ATA e docenti,  1500 licenziamenti,  perché  di questo si tratta per chi  ha avuto per  anni incarichi  annuali oggi non confermati, e quasi altrettanti ve ne  saranno quest’anno  con la controriforma  che il Governo porta avanti.
I provvedimenti Gelmini- Tremonti, stanno provocando  e provocheranno  sempre di più  sovraffollamento delle classe, da noi già denunciato, peggiorando gravemente  la qualità dell’insegnamento  e dell’apprendimento degli alunni della nostra provincia.
Per l’Università che dovrebbe rappresentare la fucina della nuova classe dirigente del paese, il discorso non cambia: taglio delle risorse,contrazione dell’offerta formativa, inaccessibilità all’alta formazione per moltissimi giovani. Una penalizzazione particolare per le Università meridionali e per il nostro ateneo che non potranno godere dei finanziamenti privati che al nord sono significativi.
Si rischia qui a Catania insieme alla desertificazione industriale di assistere ad una desertificazione intellettuale e culturale che impoverisce la nostra realtà.
Queste riforme  oltre a  creare  un danno enorme  alla scuola e all’Università pubbliche   determinano  un deficit   che nei fatti  blocca quella mobilità sociale  che il diritto  allo studio per tutti aveva con difficoltà garantito; smantellare la scuola  pubblica è per noi inaccettabile,  ma è davvero un delitto  non garantire  l’istruzione pubblica  in una  realtà  come quella  catanese  dove  il  tasso di povertà riguarda 1 famiglia  su  4 e forse una su tre e dove la dispersione scolastica risulta molto marcata. E’ per questo che noi riteniamo un dovere difendere la scuola pubblica e laica.
Solo investendo sulla conoscenza un territorio può competere con le sfide del mercato globale.
Nel settore edile registriamo  una riduzione degli addetti di oltre il 20%, oltre 2.000 lavoratori, e la chiusura di più di cento  aziende, con quello che ciò significa anche  in termini di lavoro per l’indotto.
Si è registrato, sempre nell’edilizia un calo del 38% dei lavori  pubblici, le gravi difficoltà del Comune di Catania e degli altri  enti locali hanno certamente  influito su questo dato, del 10% dei lavori   privati  con una riduzione del 9% del numero delle imprese  e del 24% della massa     salariale.
La logistica  e il trasporto merci  che rappresentano il volano  di un territorio registrano la crisi  di  tantissime   aziende  che qui operano  e  ovunque si registra l’apertura  di procedure  di cassa integrazione  e mobilità.
L’agricoltura  che è stata sempre  un fiore all’occhiello  della nostra economia, con prodotti  di nicchia e di qualità  è ormai  al collasso.
Il Governo Regionale  dovrebbe  impegnare risorse adeguate  per rilanciare l’agricoltura  ed in particolare quella catanese fatta di tante produzioni d’eccellenza che danno lavoro a decine di migliaia di lavoratori e rappresentano la spina dorsale di tantissimi comuni della nostra provincia.
A causa della crisi che vive l’ agricoltura le giornate lavorative si sono ridotte  del 40%, il che significa che gli oltre 30.000 addetti del settore, che non possono più  usufruire della riconferma delle giornate  per  calamità ma neanche di ammortizzatori sociali  in deroga  per l’assenza di risorse, si sono impoveriti pesantemente. Il Governo da un lato afferma che l’agricoltura siciliana e catanese è appesantita dall’assistenzialismo, dall’altro per fini elettorali spende 140 milioni di euro per le quote latte che interessano particolarmente il Veneto dove è candidato a Governatore il  ministro Zaia.
Voglio che sia  chiaro  di  cosa stiamo parlando: un bracciante agricolo  guadagna  circa 40 euro al giorno netti, quando riesce  a lavorare per  l’intero  mese riesce a racimolare  un salario netto  di circa  1.000 euro .
Oggi  con la crisi che investe  il settore  la maggior  parte dei braccianti lavorano mediamente 1 8 giorni al mese percependo un salario medio  di 750 euro.
Un lavoro molto duro,  discontinuo  e un salario davvero insufficiente, quando non si  è costretti a lavorare  in nero  o sottopagati, come avviene per circa il 50% dei braccianti agricoli e dei lavoratori migranti preseti nel nostro territorio, per questi ultimi si registrano  purtroppo anche casi di vera e propria schiavitù. Alle  pessime condizioni di lavoro corrispondono in tanti casi condizioni di vita pessime ai margini delle comunità. Su questa questione vogliamo qui sottolineare il nostro apprezzamento alla scelta compiuta dal consiglio comunale di Catania di far partecipare alle sue sedute un rappresentante degli immigrati. Ciò rappresenta un  segnale importante ed  in controtendenza sulle politiche di integrazione e di accoglienza.
Nel commercio, nei servizi, nel turismo il discorso non cambia , anzi assistiamo a causa della riduzione dei consumi, a processi di esternalizzazione e ad una perdita di posti di lavoro davvero      preoccupante.
In questo quadro  c’è  da sottolineare  che la crescita  sproporzionata  di  ipermercati nella nostra provincia, oltre a determinare la crisi e la chiusura di tanti  piccoli e medi esercizi  commerciali sta determinando una precarizzazione  del lavoro  inaccettabile. Ciò vale  per Etnapolis, per Auchan ma anche  e principalmente  per Ipercoop che  qui si è insediata  l’anno scorso che ha utilizzato  metodi  nel reclutamento  e nell’utilizzo dei lavoratori  a tempo determinando inaccettabili e a nostro parere ricattatori. Alla faccia dei protocolli di legalità e di responsabilità sociale che si sottoscrivono.
Bisogna porre fine  a questa continua  nascita di  ipermercati  non giustificata né dai livelli di reddito ma neanche dai bacini di utenza. Si  scompensa così il nostro  sistema commerciale privando le città , i centri storici e le periferie dei servizi di prossimità  senza creare né occupazione né ricchezza. Catania ha il più alto tasso di presenza di ipermercati e di centri commerciali da Roma in giù. Perché avviene tutto questo? Da cosa è giustificato?
Quello che è immediatamente  evidente e che si innesca un meccanismo che coinvolge interessi a nostro avviso non sempre trasparenti a partire dalla crescita del valore e delle rendite dei terreni prima agricoli.
Nei settori  produttivi  e nell’industria troppe  piccole e medie imprese  con meno di 16 dipendenti  chiudono, l’emorragia di posti di lavoro  sembra inarrestabile.
Il settore della chimica e della farmaceutica  sta vivendo  momenti assai difficili con la riduzione di posti di lavoro a tempo indeterminato e la non riconferma di quelli a tempo determinato. Anche in questo settore il ricorso alla cassa integrazione e alla mobilità è sempre più massiccio, basti guardare alle difficoltà della SIFI per rendersene conto. Senza parlare della Wyeth Lederle dove dopo l’acquisizione dello stabilimento di Catania da parte della Pfizer  le prospettive non sono ancora chiare.
La Cesame non riesce ancora a ripartire anche se il senso di responsabilità dei lavoratori che hanno costituito una cooperativa per  riprendere la produzione fa intravedere qualche speranza che tocca alle Istituzioni rendere concreta.  I lavoratori espulsi da anni  dai processi produttivi ( Cesame, Maar.,Marketing sud, Coem, e purtroppo tanti altri) non riescono a trovare ricollocazione, malgrado i tanti protocolli d’intesa siglati in sede prefettizia dalle Istituzioni.          .
Il polo tessile di Bronte  è praticamente  in via di smantellamento.
La crisi ha colpito anche il settore dei trasporti a partire dall’aeroporto dove centinaia di  precari non sono stati riassunti e dove la crisi di Alitalia ha lasciato senza lavoro decine di piloti e di assistenti di volo catanesi che vedono così mortificata la loro professionalità e vanificati gli impegni assunti nazionalmente.
Nel comparto  dell’elettronica e dell’high – tech, la Sat è stata chiusa e i segnali di una possibile   ripresa  sembrano allontanarsi e le prospettive che si prevedono  per STM e per  Numonix come detto prima  non lasciano ben sperare.
L’annunciato investimento  a Catania da parte dell’Enel, della Sharp e della STM per la realizzazione  di uno stabilimento di produzione di pannelli fotovoltaici, che pur rappresenta un segnale positivo e che dovrebbe portare nuova occupazione , ancora non ci è dato sapere con precisione, se non attraverso la stampa  e gli annunci fatti dalle Istituzioni, quali sono i tempi e i modi della sua realizzazione.
Questo annuncio sta accendendo tantissime  aspettative tra i disoccupati della nostra provincia e tra i lavoratori espulsi dal ciclo  produttivo.
Vogliamo ricordare,  solo per evitare equivoci, che questo investimento  sul fotovoltaico sostituisce  il precedente  già previsto e finanziato sul Modulo 6 della STM che doveva portare una occupazione aggiuntiva di circa 1.000 lavoratori e ch è stato abbandonato.
I dati Inps di Catania ci dicono che nella nostra provincia gli ammortizzatori sociali in deroga e quelli ordinari compresa l’ indennità di  disoccupazione sono aumentati in tutti i settori di oltre il 70% rispetto al 2008. Ma il dato davvero preoccupante è quello della cassa integrazione ordinaria guadagni nel settore dell’industria che aumenta di oltre dieci volte tanto passando da circa 87 mila ore a oltre un milione e trecentomila ore. Sembra incredibile ma è così. Altro dato preoccupante infine è quello relativo agli incidenti e agli infortuni sul lavoro che vede Catania e la sua provincia ai primi posti nella graduatoria nazionale. Basti ricordare i morti di Mineo del 2007 i cui familiari sono stati occupati grazie alla legge regionale, qui chiediamo che sia applicata per tutti gli altri casi di morte sul lavoro.  Bisogna garantire la sicurezza sul lavoro che viene spesso colpevolmente trascurata . Ciò va fatto riproponendo la precedente normativa stravolta da questo Governo, ma anche rafforzando con uomini e mezzi gli uffici preposti alla prevenzione dei rischi ,al controllo del rispetto delle regole  e alla repressione dei reati.
Questi sono solo gli esempi più eclatanti  di quanto grave sia la situazione sociale  ed economica catanese, ed è per questo, infatti, che è davvero preoccupante che di fronte a questo quadro drammatico poco si faccia.
Le Istituzioni tutte, i Governi nazionale e regionale non sembrano all’altezza del compito  anche se  segnali ,che speriamo possano diventare presto atti concreti, arrivano  dalla Provincia e dal Comune di Catania. Dobbiamo per correttezza dire che sino ad oggi la Prefettura che qui ringraziamo ha costituito un punto di riferimento e una sponda per tante vertenze complesse.
Noi pensiamo che la questione sociale a Catania  rischia  di  diventare  sempre più  questione democratica.
Per questo richiamiamo tutti ad intervenire  concretamente e velocemente, rifuggendo  da tentazioni propagandistiche  come quella  della costruzione del Ponte, che non è stato mai per noi una priorità, ma che dopo la tragedia  avvenuta nella Provincia di Messina e che in queste settimane si sta ripetendo  in tante altre località della Sicilia orientale  e non solo,  appare incomprensibile.
Infatti per noi vista la scarsità di risorse disponibili quelle previste per il ponte vanno intanto orientate  in direzione  del recupero del territorio, del suo assetto idrogeologico, della  messa in sicurezza degli edifici pubblici e scolastici in gran parte a rischio  e per la costruzione di un  sistema infrastrutturale  del quale Catania  e l’intera regione hanno  bisogno.
In questo quadro il Piano Casa che si sta discutendo all’ARS a nostro avviso non risolve l’emergenza abitativa e, se non modificato, rischia di trasformarsi in una nuova occasione di assalto al territorio.
Per far fronte a tale emergenza chiediamo che si sblocchino i finanziamenti per la realizzazione degli alloggi di edilizia convenzionata e sovvenzionata in cooperativa per dare un alloggio a tanti lavoratori.
Inoltre chiediamo di   attivare  immediatamente  tutti i cantieri lavoro progettati e finanziati nei comuni della nostra provincia per garantire lavori utili e necessari al territorio , ma anche  per dare reddito e  occupazione  a migliaia e migliaia di disoccupati  che aspettano di poter avere un’opportunità di lavoro specie in edilizia.
Troppo spesso leggiamo di studi effettuati da Istituti di ricerca che dimostrano il peggioramento  delle condizioni e della qualità della vita dei  cittadini di Catania e di tutta la Provincia.
La legalità e la sicurezza dei cittadini registrano un peggioramento impressionante.
Vi è, infatti, una preoccupante recrudescenza delle attività  malavitose e mafiose, che va contrastata sia dalle forze dell’ordine e dalla magistratura, alle  quali  insieme alla Questura di Catania va dato atto di aver ottenuto   importanti risultati con arresti  di esponenti e di interi clan mafiosi, che hanno contribuito a rendere  Catania un po’ più sicura e vivibile, sia dalle istituzioni e dalla società civile. Ciò è necessario per attrarre imprese e capitali che qui si vogliono allocare.
Inoltre, la più importante  istituzione culturale catanese il Teatro Massimo Bellini è stata fatta oggetto di un attacco durissimo, che è venuto dal suo interno.
Infatti è stato proprio  il suo scriteriato ormai ex Sovrintendente, che finalmente ha fatto un passo indietro presentando al Presidente della regione le sue dimissioni, ma che con i suoi comportamenti arroganti  e le accuse infondate ha messo  in forse il funzionamento  del Teatro stesso, con grande nocumento per la cultura e per l’intera comunità catanese. Ringraziamo il Commissario dott.ssa Cancellieri per le dichiarazioni fatte nei giorni scorsi  che con parole chiare e puntuali  hanno reso giustizia ai lavoratori e alla dura vertenza che questi hanno aperto per ridare al teatro il prestigio messo in forse da questa conduzione personalistica.
L’altro Teatro catanese, lo Stabile, vive una stagione di difficoltà che non può essere sottovalutata.
Per finire , Catania è quella città nella quale mentre si reprime una importante esperienza di partecipazione  attiva di giovani e  cittadini, come quella dell’Experia, che nel cuore del centro  storico di Catania rappresenta un luogo di inclusione, di aggregazione, di socializzazione e di recupero, si lasciano  troppo spesso calpestare le regole e la legalità.
A questa esperienza va data a parere della CGIL la possibilità di continuare riconsegnando il Cinema Experia a questi giovani e se ciò non  è possibile trovando  un’altra soluzione parimenti      adeguata.
E’ EVIDENTE CHE E’ L’EMERGENZA LAVORO LA VERA QUESTIONE CATANESE. C’E’ BISOGNO DI UN VERO E PROPRIO PIANO PER IL LAVORO PER CATANIA E LA SUA PROVINCIA.
QUESTO NOI  CHIEDIAMO
Perché la rinascita di Catania, il miglioramento delle condizioni e della qualità della vita dei suoi cittadini, la lotta alla povertà e al sottosviluppo, la lotta alle illegalità, sono possibili solo se si liberano migliaia e migliaia di cittadini dal bisogno primario del lavoro, senza il quale si mortifica la loro dignità e il loro impegno civile.
Per far ciò  bisogna partire dalle misure e dagli impegni previsti nel protocollo di Settembre che qui abbiamo più volte richiamato. È chiaro però che tutte le associazioni imprenditoriali devono svolgere il loro compito di rilancio di una imprenditoria attiva che rispetti regole e contratti con responsabilità e autonomia. Cosa questa non sempre evidente nei confronti della politica e delle Istituzioni.
Appare evidente che è indispensabile prima di tutto investire  sulla conoscenza, sulla ricerca e sulla formazione  per il  superamento degli squilibri territoriali che penalizzano la nostra provincia.
A Catania ciò è possibile  perché  le intelligenze le capacità  non mancano e anzi  vanno sollecitate attraverso le istituzioni scolastiche e universitarie  che debbono essere aiutate  e  sostenute in questo progetto, cercando di evitare  la fuga di giovani  cervelli che  impoverisce il nostro tessuto sociale, economico e produttivo. L’investimento sulla conoscenza e sulle risorse umane rappresenta il vero valore aggiunto di un territorio e la più incisiva leva per uscire dalla crisi come ha anche sottolineato la Banca d’Italia in un recente studio.
E’ evidente che il sistema di reti e servizi territoriali è decisivo per lo sviluppo. Catania deve vedere presto approvato il suo PRG per disegnare una città vivibile , organizzata e moderna che ne esalti potenzialità e risorse.
Su questo tema daremo il contributo che il Sindaco ci ha richiesto, sapendo che non siamo già d’accordo a qualsiasi cementificazione speculativa e selvaggia. Il caso corso dei Martiri della libertà è un caso negativamente emblematico e la CGIL ne richiede la rimodulazione.
E’ necessario che il sistema della mobilità e dei trasporti a Catania venga integrato per rendere conveniente e sostenibile il trasporto pubblico oggi assai deficitario. La metropolitana su cui si  stanno investendo ingenti risorse e gli altri vettori presenti nel territorio, a partire dalla AMT che deve essere risanata e trasformata, debbono creare un coordinamento in modo  da realizzare  quella integrazione necessaria a rendere più efficiente il sistema del trasporto pubblico locale, più economico e razionale ma anche per proporre il  biglietto integrato  tanto richiesto dai cittadini catanesi.
Ciò va collegato  ad un sistema di  posteggi scambiatori che  deve essere  messo in rete con tutti i vettori del TPL.
L’ aeroporto , le ferrovie, il porto e l’interporto, che va rilanciato,  devono far parte di un sistema intermodale per potere esaltare la propria funzione e meglio  contribuire al rilancio dell’economia catanese.
Gli Enti locali, la Camera di Commercio, la Regione, le Imprese private devono superare i veti  incrociati  e fare sistema per favorire  la realizzazione di questo progetto di intermodalità, ancor più necessario in assenza di un piano regionale dei trasporti.
Non vi può essere sviluppo senza una adeguata  rete infrastrutturale  del trasporto  e della mobilità che per noi è prioritario debba essere sostenibile.
Il turismo, che rappresenta un punto di forza e una grande opportunità per la nostra economia per la ricchezza del patrimonio culturale, paesaggistico e naturalistico della nostra provincia, va  destagionalizzato  e rilanciato attraverso una moderna organizzazione e un’incisiva attività  di  marketing e deve essere sostenuto da politiche pubbliche che valorizzino le sue potenzialità a partire dalla salvaguardia del territorio e dell’ambiente da scempi e speculazioni. In  questo contesto la realizzazione del PUA  deve essere governata per evitare tali rischi. L’Etna è un patrimonio naturalistico unico ed inestimabile per questo ne va salvaguardata l’integrità senza progetti faraonici che lo snaturerebbero.
Il turismo deve  rappresentare una delle principali soluzioni  alla costruzione di un modello di  sviluppo sostenibile per il rilancio dell’ economia e dell’occupazione  nel nostro territorio.
Un impegno forte ed un’attenzione particolare  vanno poste da  parte del Governo nazionale e regionale  per dare impulso al nostro sistema  produttivo a partire  dalla STM della quale ricordiamo  che il Tesoro è anche azionista, pertanto chiediamo che si assuma le proprie responsabilità dichiarando con chiarezza  le sue  intenzioni sullo stabilimento di Catania. Il Polo dell’high – tech, della Farmaceutica, dell’Agroalimentare , il distretto del tessile di Bronte , che con  un proprio marchio   può rappresentare  un importante griffe della grande tradizione della produzione tessile italiana, sono punti di forza del nostro sistema industriale e produttivo e devono essere sostenuti e rilanciati.
La collaborazione Università- Territorio-Industria rappresenta senz’altro il valore aggiunto per il rilancio e il rafforzamento del nostro sistema produttivo.
La legge sul credito d’imposta approvata al’ARS può rappresentare  una opportunità per la Sicilia e per Catania  per dare sostegno alle imprese e per creare nuove  opportunità  di lavoro  per i tanti giovani disoccupati e per quei lavoratori, spesso  ultracinquantenni,  espulsi dai processi produttivi.
In questo quadro è importante  orientare lo sviluppo verso  la  “green economy” a partire dall’utilizzo delle energie rinnovabili come il fotovoltaico che tanto interesse sta suscitando tra gli imprenditori  non solo a Catania.
Lo sviluppo del fotovoltaico può rappresentare, anche attraverso forme  incentivanti da prevedere nelle gare pubbliche  , la possibilità per il reimpiego con un’adeguata formazione  dei lavoratori di aziende in crisi oggi in mobilità o in cassa integrazione.
Il progetto del piano solare mediterraneo  lanciato nel luglio 2008 dalla Francia ed Egitto che prevede notevoli  investimenti  oltre  a dare risposta alla forte domanda di energia rinnovabile deve diventare una delle opportunità da privilegiare per rafforzare la nostra  economia .
Nel nostro territorio le potenzialità delle colture  specializzate e di eccellenza  sono davvero enormi. Basti pensare all’agrumicultura, alla viticultura, che si è sviluppata con la produzione vinicola pregiata  conosciuta in tutto il mondo, alla coltivazione del ficodindia, dell’uva da tavola, per capire le potenzialità di questo settore.
Si tratta di sostenere, riconvertire, riorganizzare  il sistema agricolo  con gli investimenti  e i progetti necessari per far sviluppare un’agricoltura  moderna, legata al mercato del fresco e alle industrie di trasformazione.
Un sistema economico  e produttivo efficiente  ha bisogno di servizi adeguati  e di una P.A.  capace di rispondere  velocemente  ai  bisogni delle  imprese e dei cittadini.
Questa è senz’altro  un’altra priorità che Catania non può sottovalutare, insieme  a interventi forti di lotta alla povertà, all’emarginazione e al disagio per sostenere l’ inclusione sociale e per garantire  alle fasce più deboli  della società a partire dagli  anziani e ai non autosufficienti    dignità e diritti di cittadinanza.
Un tessuto sociale forte, un territorio sicuro  che rispetta regole e leggi e che combatte tutte le forme di malaffare diventa più attrattivo e forte anche economicamente.
Appare evidente che se si vogliono raggiungere questi obbiettivi  tutti gli sforzi, tutte le risorse, tutti gli interventi devono essere ad essi orientati.
I fondi Fas, le risorse  comunitarie di Agenda 2007/2013  per la cui utilizzazione si  registra un grave ritardo   , la ZFU, che deve essere finanziata anche con  risorse aggiuntive dal Comune, dalla Provincia e dalle Regione, sono un’occasione  che non può essere sprecata.
In questo quadro va a nostro avviso creata una cabina di regia unica in modo da monitorare  e orientare  tali   risorse e finanziamenti nella direzione  prima richiamata.
E’ chiaro che il progetto è   ambizioso, ma non può che essere così in una realtà  che parte assai svantaggiata e con un gap con le altre realtà più sviluppate assai significativo.
La CGIL è pronta a fare la sua parte, mettendo a disposizione di questo progetto    idee  e  proposte.
Noi siamo pronti al confronto  senza pregiudizi  guardando al merito dei problemi ma senza accettare veti e pregiudizi nei nostri confronti.      .
Bisogna fare presto, non è più il tempo delle parole, la situazione  non lo permette.
Le Istituzioni  devono sapere che se si perde ancora tempo si  corre il rischio di registrare  un assoluto scollamento con il Paese reale che soffre ed ha bisogno di risposte e di soluzioni immediate.
Il Sindacato non può farsi coinvolgere in questo rischio. Per queste ragioni chiedo ad Alfio ed Angelo Segretari generali di CISL e UIL che sono qui e che ringrazio particolarmente, che malgrado vi siano tante cose che dividono in questa fase le nostre organizzazioni e che ciascuno di noi difende, di fare uno sforzo comune perché abbiamo il dovere di ricercare le ragioni per stare insieme . Lo impone la drammatica situazione che vivono i lavoratori i pensionati il mondo che noi rappresentiamo a cui dobbiamo dare risposte e speranza di riscatto e di futuro.
Credo che sarete d’accordo con me che se non vi saranno  le prime significative risposte alla gravità della crisi  affrontando l’ emergenza ma anche progettando nuove ipotesi di sviluppo,    sarà necessario  mettere in campo il protagonismo dei lavoratori nelle forme e  nei modi che unitariamente   concorderemo.
Care delegate e cari delegati, invitate  e invitati,  ringrazio tutti voi per quello che avete sin qui fatto, per l’aiuto che mi avete  dato e che mi  date, ringrazio tutte le categorie, tutti i quadri e i responsabili dei servizi e delle strutture   presenti nel territorio che con il vostro impegno quotidiano fate grande la nostra CGIL.
Un ringraziamento particolare al compagno Epifani che ci ha onorato della sua presenza, la compagna Maggio che costantemente ci supporta, insieme alla segreteria regionale della CGIL.
Infine ringrazio il compagno Francesco Battiato che ci ha consegnato una confederazione più forte      ed unita, i compagni della segreteria, i responsabili dei dipartimenti, dell’IRES ,che coinvolgerà tante intelligenze di questa provincia, cosa questa di cui siamo loro grati, ringrazio il tesoriere, l’apparato,l’ufficio vertenze, il  direttivo e tutto il gruppo dirigente. Un grazie ai compagni dell’Inca e della Società dei servizi. Dobbiamo ringraziare infine le donne di questa organizzazione, che anche attraverso il loro coordinamento con il loro continuo impegno hanno consentito di fare della CGIL di Catania una organizzazione  che rispetta l’equilibrio di genere. Infatti la presenza delle donne è forte, qualificata e significativa, oltre che paritaria come viene dimostrato dalla composizione delle segreteria.
L’impegno della CGIL a sostenere tutte le strutture a  noi vicine, Federconsumatori, Auser e i giovani dell’UDU, per noi risorsa preziosa, sarà sempre più deciso e continuo.
La CGIL è fedele alla sua storia alla sua memoria e alla sua grande tradizione, indispensabili per rafforzare il sentimento di identità.
Qui oggi il compagno Andrea Miccichè, storico, ci parlerà di questo.
E’ per questo che chiedo alla CGIL regionale di sostenere il nostro progetto di recupero dell’archivio storico fondamentale per custodire ma anche per far conoscere questa memoria fatta di lotte di passioni e di impegno civile.
Il compagno Battiato quando ha  rimesso l’incarico  di segretario generale della CGIL catanese ha dichiarato che malgrado gli sforzi compiuti dal mondo del lavoro ha lasciato una città peggiore  di come l’aveva trovata sette anni prima.
Il mio più grande desiderio, il sogno della CGIL catanese  delle lavoratrici e dei lavoratori, dei cittadini di questa comunità di donne e di uomini che noi rappresentiamo, è quello di poter affermare   fra qualche anno  che Catania  sia finalmente migliorata.
Tutti noi ci impegneremo a lavorare per questo.

7 comments to A Catania congresso provinciale della Cgil

  • Graziana

    E serve anche cominciare a pensare a chi il lavoro non ce l’ha e non l’ha mai avuto. Arroccarsi solo in difesa di chi lavora o rischia di essere licenziato non va. Tutto il rispetto per il dramma di chi rischia il posto a magari ha famiglia, ma siamo ormai un esercito quelli che mai sono riusciti a lavorare ad anni dalla laurea o dal diploma. Chi si interessa di noi? La Cgil mi pare non tanto.

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  • Antonino Savoca

    A mio avviso serve di più una concertazione reale con gli altri sindacati. Tornare ad essere la Triplice (Cgil, Cisl, Uil) e lottare insieme all’Ugl, senza veti ed ostracismi fuori dal tempo.

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  • Umberto Gravina

    Eppure oggi in Sicilia, con le varie vertenze aperte, dalla Cesame alla Sat, da Termini Imerese all’StM, occorre uno sforzo muscolare assoluto della Cgil. Assoluto.

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  • Gianni Russo

    In una situazione di debolezza delle sinistre come quella che vi è oggi in Sicilia, credo occorra ragionare in termini ultrarealistici. I sindacati qui fanno un lavoro durissimo e serve puntare oggi ai minimi risultati. Non dico appena appena essere visibili, ma è chiaro come le gambe della Cgil siano molto molli.

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  • Valentina

    Meglio sottolineare in blu il “possibile”.

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  • Luigi Amelio

    Poco, ma è sempre meglio che vi sia e che sia quanto più forte possibile.

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  • Gianluca Ravò

    Io semplicemente mi chiedo che cosa possa concretamente fare il sindacato in una situazione di assoluto deserto occupazionale come quella catanese.

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