Ieri si è aperto il congresso provinciale della CGIL. Io ho portato il mio saluto e quello del PD ma, soprattutto, ho ascoltato la relazione del segretario generale Angelo Villari che con piacere propongo ai miei lettori.
Care delegate e cari delegati, compagne e compagni, graditi ospiti e gentili invitati, ringrazio tutti voi per la partecipazione nutrita e qualificata a questo congresso.
La presenza del nostro segretario generale Guglielmo Epifani, che per la prima volta partecipa ad un Congresso della CGIL catanese, ci onora ed è un riconoscimento significativo nei confronti di questa Organizzazione e di Catania inoltre la presenza della segretaria regionale Mariella Maggio, insieme agli interlocutori istituzionali , alle altre forze sociali, a partire da CISL e UIL e alle associazioni delle imprese pubbliche e private che qui ci sono , dimostra quanta importanza assuma per questa città e per il nostro territorio questa assise.
Questo è per noi motivo di grande orgoglio.
Siamo arrivati a questa scadenza dopo aver svolto 356 assemblee di base e coinvolto 28.219 iscritte e iscritti sui 63.120 della nostra organizzazione comprensoriale, che insieme ai Comuni del comprensorio di Caltagirone rappresenta oltre 80.000 iscritti confermandosi così la prima organizzazione sindacale della nostra Provincia. Abbiamo discusso nei luoghi di lavoro, nelle leghe dei pensionati, nei Comuni, in tutto il territorio provinciale, con migliaia e migliaia di lavoratori, di pensionati, giovani, precari, immigrati, i documenti congressuali ascoltando i suggerimenti , le ansie , le proposte , le idee, i problemi e i bisogni che il nostro popolo esprime e vive.
Abbiamo sentito sempre emergere la voglia forte e convinta della nostra gente dei nostri iscritti di vedere unita la CGIL e il suo gruppo dirigente e la richiesta assai convinta di tenere unito il mondo del lavoro per renderlo sempre più forte e incisivo. Ci è stata rimproverata, in virtù di questa esigenza, la scelta fatta di andare a questo Congresso su documenti contrapposti.
La maggior parte dei nostri iscritti non ha apprezzato questa contrapposizione che ha rischiato di apparire come una lacerazione incomprensibile, alla luce anche del fatto che negli ultimi anni la Confederazione e il suo gruppo dirigente a tutti i livelli ha sempre assunto le decisioni politiche, strategiche e di linea praticamente alla unanimità.
In qualche assemblea di base questa articolazione ha disorientato i nostri iscritti determinando ripercussioni negative, come è avvenuto in qualche azienda farmaceutica da poco sindacalizzata dove alcuni lavoratori si sono rifiutati di votare a conclusione dell’assemblea astenendosi sui documenti.
In una fase così delicata nella quale siamo impegnati da oltre un anno a contrastare le ricadute di una crisi senza precedenti fatta di licenziamenti, chiusure di aziende, impoverimento delle condizioni di vita e salariali dei lavoratori e dei pensionati , acuite dalle mancate scelte del governo e dalle sue incapacità di mettere in campo politiche ed interventi forti capaci di sostenere i redditi da lavoro e da pensione e di frenare gli effetti sociali della crisi su imprese e lavoro; in un momento così delicato di difficoltà e di divisioni con le altre OO.SS. e di scontro con il governo e con le controparti pubbliche e private, la scelta fatta da alcuni compagni di proporre un documento alternativo, ha ragione chi ce lo ha fatto notare, è stata in effetti anche a mio parere sbagliata.
Tuttavia, malgrado queste difficoltà, grazie al senso di responsabilità di tutti i compagni e di tutte le compagne del gruppo dirigente, al di là delle articolazioni che ci sono state e ci sono, è stato garantito il massimo di democrazia, il pieno rispetto delle regole e l’espressione libera e consapevole della volontà di tutti gli iscritti.
Nel nostro comprensorio oltre il 95% degli iscritti votanti si è espresso in favore del primo documento che vede primo firmatario il segretario generale G. Epifani, a dimostrazione del grande consenso che tutta questa organizzazione esprime sulla sua direzione e sulle scelte fatte in questi anni.
Le iscritte e gli iscritti numerosi si sono espressi liberamente permettendoci di poter dire che anche questo congresso, come è nella tradizione della CGIL , ha rappresentato un grande momento di partecipazione attiva e democratica, consentendo a migliaia e migliaia di lavoratori, di pensionati , di donne e di uomini che si riconoscono nella CGIL di essere protagonisti dentro la loro organizzazione.
Una organizzazione viva, plurale e capace di garantire le opinioni di tutti, un gruppo dirigente serio e iscritti in grado di mantenere il confronto e il dibattito sulle questioni di merito e sui problemi da affrontare, discutendo liberamente e senza farsi trasportare da polemiche e lacerazioni che nulla hanno a che vedere con la nostra storia.
Questo senso di responsabilità, questo senso di appartenenza dimostrato da tutti coloro che nei luoghi di lavoro sul territorio sono impegnati con abnegazione a rappresentare la CGIL a difenderla rendendola così forte e prestigiosa, sono la nostra forza che non va dispersa.
Questi attivisti, questi rappresentanti sindacali presenti nelle aziende, nel territorio sono la nostra rete, il nostro tessuto connettivo, guai a non tenerne adeguatamente conto.
Bisogna adesso essere coerenti con quanto emerso dalle assemblee di base e garantire l’unità della CGIL insieme all’impegno di lavorare per riannodare faticosamente i fili dell’unità del mondo del lavoro per essere più forti e più determinati nel nostro agire quotidiano di tutela e in difesa dei diritti dei lavoratori.
Assistiamo da qualche tempo sempre con più insistenza alla voglia di marginalizzare nella nostra società il lavoro, la sua funzione e il valore che esso esprime. Mi piace qui ripetere quanto detto il 5 febbraio scorso dal premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz: “oggi la gente comune, chi lavora perde, mentre la grande finanza, chi specula guadagna sempre di più. Oggi è più vantaggioso speculare che lavorare per vivere. Deve tornare ad essere il contrario.”
Ridurre il peso del lavoro, di chi produce è molto pericoloso, specie se questa scelta viene perseguita da una parte consistente della classe dirigente di Governo del nostro Paese.
Il fatto che oggi ci sia qualcuno che voglia mettere in discussione l’art. 1 della nostra Costituzione ne è la dimostrazione più esplicita, ma non la sola.
L’attacco alla Magistratura e alla sua autonomia è irresponsabile e mette in discussione il principio democratico che la legge è uguale per tutti, proprio per tutti.
L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro.
Questo principio fondamentale va difeso da tutti, minarlo, indebolirlo significa scardinare la nostra democrazia .
Il mondo dei lavori, le forze sociali e produttive non possono e non debbono consentirlo.
La CGIL rimane fedele a questo principio e alla difesa della Costituzione democratica e continuerà a impegnarsi con nuovo e sempre più forte slancio affinché tutto il corpo della Confederazione, i suoi gruppi dirigenti , l’insieme degli iscritti, la assumano come valore fondamentale.
E’ una questione democratica, culturale ed educativa.
E’ per questo che credo molto nel progetto formativo voluto dal compagno Epifani e dal compagno Panini, il cosiddetto progetto 20.000, perché esso può rappresentare l’occasione vera di formazione e di orientamento dei quadri e dei delegati della CGIL, progetto che a Catania ha già coinvolto alcune centinaia di compagne e compagni, per sviluppare quel necessario senso di appartenenza alla Organizzazione insieme ai valori fondanti della nostra carta costituzionale.
Credo che questo progetto vada ancora di più sviluppato tra i lavoratori e si debba ancora di più investire nella formazione dei nostri quadri e delegati; tutti riconoscono il grande impegno della CGIL catanese nella formazione sindacale dobbiamo ancora di più rafforzarla specie tra le giovani e i giovani iscritti, anche per rafforzare il fondamentale concetto della confederalità, in questo congresso rilanciato con forza.
Le grandi Organizzazioni sociali confederali debbono riappropriarsi della loro funzione di soggetti generali dell’innovazione e del cambiamento riaffermando i principi di giustizia e di equità e il valore della uguaglianza, oggi sempre di più messi in discussione o appannati, e i loro dirigenti devono essere consapevoli di questa funzione.
Contrastare il declino economico e sociale a cui assistiamo, ma anche e soprattutto il declino morale, istituzionale e culturale nel quale il Paese rischia di scivolare è compito anche nostro.
In una società dove le differenze si sono accentuate, dove la forbice delle diseguaglianze diventa sempre più ampia, dove la solidarietà è vista come spreco, se le organizzazioni che rappresentano il lavoro e i più deboli non rimettono al centro i principi di equità, di giustizia, di solidarietà è la loro stessa funzione che si indebolisce, anche perché sono i più deboli a pagare il prezzo più salato di questa situazione.
Eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, eguaglianza dei diritti e dei doveri, eguaglianza delle opportunità per tutte e per tutti, eguaglianza nelle possibilità di accesso al lavoro, allo studio, alla salute e la valorizzazione del merito e delle competenze insieme all’affermazione della legalità, della trasparenza nell’agire pubblico, del rispetto delle regole e alla lotta a tutte le violenze e le mafie sono la garanzia necessaria per i lavoratori, per le loro famiglie e per i più deboli, cioè per il mondo che noi rappresentiamo, per non subire discriminazioni e ingiustizie oggi sempre più frequenti e violente.
Anche perché rischiamo di dover assistere inerti all’impunità dei potenti ed all’accanimento verso i più deboli, cose queste oggi assai frequenti, insieme alla cancellazione della mobilità sociale con la corporativizzazione della società, alla cancellazione dei diritti che solo pochi potranno vedersi garantire.
E’ anche questo il ruolo e il compito del Sindacato?
Io credo di si se non si vuole essere marginali, se non ci si vuole fare relegare ad un ruolo davvero residuale alla stregua dei tanti ordini professionali che essendo costituiti in lobby riescono meglio a tutelare le proprie corporazioni, senza aspirare alla tutela degli interessi generali.
E’ questa per noi la sfida. Quando rivendichiamo alle istituzioni e alle controparti pari dignità è questo ciò che vogliamo dire. Vogliamo essere percepiti, perché ciò siamo, come soggetti sociali che hanno a cuore gli interessi generali e con questo spirito, vogliamo con la schiena dritta confrontarci con tutti.
Quando abbiamo criticato l’Amministrazione Comunale per non aver contemplato nel costituito gruppo di lavoro per il rilancio di Catania (i cosiddetti stati generali) la presenza del mondo del lavoro, mentre si è pensato di tenere dentro tante altre rappresentanze della società, lo abbiamo fatto non certo per affermare una nostra vanità, ma perché pensiamo che ci sia una sottovalutazione della funzione del lavoro e del suo apporto nella società.
Una sottovalutazione del contributo che il mondo del lavoro, i lavoratori e le loro organizzazioni di rappresentanza danno con le loro proposte, con il loro agire, con il loro impegno con il loro lavoro e con l’intelligenza che gli è propria allo sviluppo economico e sociale della nostra comunità. Sugli stati generali noi accettiamo la sfida lanciataci dal Sindaco, anche se pensiamo che le questioni che si vogliono affrontare, devono essere viste in un ottica sovra comunale.
Il Sindaco di Catania, il Presidente della Provincia, che con la sua task force in questi mesi è stato sponda per molte vertenze sindacali, si sono impegnati a recuperare questo deficit e su nostra sollecitazione insieme alle forze imprenditoriali hanno avviato un confronto, una fase ci auguriamo di vera concertazione, che avrà come prima data il 5 marzo prossimo, al quale noi annettiamo molta importanza e che dovrà svilupparsi sulle linee del protocollo siglato a settembre dalle forze sociali e produttive. Al Presidente della Provincia vogliamo ricordare che il confronto da lui preannunciatoci sul Piano territoriale provinciale e sulle politiche di bilancio necessarie per progettare interventi utili, diventa per noi un banco di prova importante.
E’ chiaro che adesso si deve passare alla fase degli atti concreti diversamente il Sindacato non potrà aspettare inerte.
Il Governo Centrale sempre di più pensa di poter fare a meno del confronto e del contributo dei corpi intermedi della società, delle organizzazioni di rappresentanza e delle organizzazioni sociali, determinando un vero e proprio vulnus non solo ad una prassi consolidata, ma alla democrazia partecipativa e allo stesso dettato costituzionale che assegna a queste forze presenti nella società compiti importanti di rappresentanza e di partecipazione attiva.
L’aver sottoscritto l’accordo sulla riforma delle regole contrattuali senza il consenso della CGIL, che è la più grande organizzazione dei lavoratori del nostro Paese, è stato un atto sbagliato per il merito dell’accordo che a nostro avviso riduce salari e spazi contrattuali, ma anche miope per il metodo usato, perché quando si esclude o si marginalizza grande parte del mondo del lavoro dalla condivisione delle regole che lo interessano diventa complicata anche l’applicazione delle regole stesse.
Questo, lo voglio dire chiaramente, non riguarda solo il Governo, che certo non brilla per la lungimiranza politica e per attenzione verso le forze sociali e produttive, ma anche e particolarmente le altre OO.SS. e le controparti imprenditoriali che così determinano l’impossibilità di confronti sereni e produttivi per l’insieme dei lavoratori e delle imprese, con un accentuazione della conflittualità che non fa bene alle relazioni industriali e al sistema delle imprese, specie in una fase di crisi economica e sociale come quella che stiamo vivendo che ha bisogno di condivisione e di accordi forti per aiutare imprese e lavoro.
La crisi è davvero molto pesante
I piccoli segnali di ripresa non cambiano una situazione nella quale le ricadute sull’occupazione, sul lavoro, sul futuro del sistema produttivo del nostro Paese sono drammatiche e destinate ancora a peggiorare nei prossimi mesi.
I segnali che si registrano sono purtroppo negativamente eloquenti. La disoccupazione aumenta, il ricorso alla CIG e agli ammortizzatori sociali è sempre più frequente, le multinazionali presenti nel nostro Paese, comprese quelle presenti in Sicilia e a Catania, riducono il loro impegno e spesso decidono di spostare altrove le loro produzioni non curandosi, dopo aver utilizzato ingenti risorse pubbliche,delle ricadute sociali per le loro decisioni, tantissime piccole e medie imprese sono in sofferenza e costrette a chiudere lasciando senza lavoro e senza reddito migliaia di lavoratori; Interi comparti vengono cancellati.
Il Governo invece di affrontare questa difficilissima situazione confrontandosi con le OO.SS. e le parti sociali su un progetto forte di rilancio dello sviluppo e di intervento deciso per sostenere i redditi da lavoro e da pensione, necessario anche per rilanciare i consumi che sempre di più si riducono per milioni di persone, continua a parlare d’altro e a minimizzare la situazione, diffondendo un ottimismo improprio e a nostro avviso dannoso.
Dicono che la crisi è alle nostre spalle, che non vi sono problemi per la nostra economia e per aziende e lavoratori. Ci viene da dire: ma dove vivono?
Eppure conoscono i dati che riguardano la nostra economia e la nostra produzione , conoscono gli indicatori che ci rivelano l’aumento del tasso di disoccupazione e gli insostenibili livelli raggiunti dal disagio sociale e dalla povertà, specie nel Mezzogiorno d’Italia e nella nostra Isola, che esplodono in modo diffuso e con sempre più drammaticità .
Purtroppo la stessa informazione spesso sottace questi drammi, salvo quando si tratta di eventi che riguardano grandi aziende o quando i lavoratori sono costretti a dimostrazioni eclatanti che esplodono per l’esasperazione che sempre di più si diffonde.
E’ davvero assurdo continuare così, è impossibile non affrontare con serietà, con autorevolezza e con decisione questa situazione che rischia di diventare difficilmente recuperabile.
Il nostro Congresso ha posto alla base del suo documento la necessità di costruire un moderno “Progetto Paese” alternativo a quello in campo in grado di affrontare la crisi e guidare il cambiamento fondato sulla centralità della conoscenza, della ricerca e dell’innovazione, sul superamento del dualismo territoriale, attraverso la qualificazione e l’orientamento sociale degli investimenti nelle reti e nei servizi, la riconversione ecologica ed ecosostenibile, la messa in sicurezza del territorio e il contrasto alle mafie perché non c’è soluzione al degrado ambientale senza giustizia sociale.
Le politiche per il Mezzogiorno sono parte essenziale di questo progetto e vanno rafforzate con un impegno straordinario in direzione di un forte impulso in materia di infrastrutture, specializzazioni produttive, politiche attive del credito.
Questo va fatto rompendo le diseguaglianze nella distribuzione del reddito, con la lotta alla povertà e alla emarginazione sociale e favorendo l’invecchiamento attivo degli anziani per difenderne reddito e dignità.
In questo quadro va data una risposta forte ai giovani che debbono avere certezza sul loro futuro, sia per ciò che riguarda il lavoro con percorsi che superando una precarietà ormai insostenibile diano sicurezza ai processi di stabilizzazione con contratti a tempo indeterminato, sia garantendo coperture previdenziali per le loro future pensioni che non siano inferiori al 60% dell’ultima retribuzione.
Ciò va fatto anche attraverso un riequilibrio della spesa previdenziale orientata più marcatamente verso le giovani generazioni oggi penalizzate, ma non certo con le boutade incomprensibili e provocatorie di qualche ministro che pensa di poter dare qualche soldo ai giovani togliendolo ai loro padri o ai loro nonni, cercando così di acuire un conflitto generazionale che invece va sanato con una forte solidarietà fra anziani e giovani.
Il lavoro pubblico e quello privato vanno unificati rompendo la contrapposizione che il Governo sta creando, e battendosi per un lavoro pubblico di qualità, responsabile ed efficiente verso i cittadini ed una riforma della Pubblica Amministrazione che garantisca l’universalità dei diritti, con modelli organizzativi nuovi e con regole uguali per tutti i lavoratori.
Questo principio è alla base della tenuta dei diritti di cittadinanza e dello stesso stato sociale.
Gli ammortizzatori sociali che oggi garantiscono una parte importante del mondo del lavoro, vanno riformati per renderli universali, aumentando le indennità e utilizzandoli per percorsi di riqualificazione, formazione e reimpiego concreti.
Tutto ciò non può essere scisso dalla necessità di riconquistare un nuovo modello contrattuale condiviso che non lasci nessuno senza contratto, estendendo a tutti la contrattazione di 2° livello per aumentare salario e potere contrattuale dei lavoratori sui temi della sicurezza e sulle condizioni di lavoro.
Vi è oggi una questione salariale che non può non essere affrontata se non si vogliono relegare ai livelli di povertà milioni di persone.
La contrattazione sociale e territoriale in questo contesto è parte essenziale del sistema contrattuale necessario per garantire i diritti di cittadinanza e rafforzare i servizi e lo stato sociale locale per gli anziani e per le fasce più deboli della nostra società.
Così si determina un sistema redistributivo più equo utilizzando anche i bilanci degli enti locali e riducendo tassazione e tariffe locali.
In questo quadro tutta la problematica riguardante gli Ato idrici ed Ato rifiuti va vista in un’ottica che garantisca da un lato la funzione pubblica di questi servizi, dall’altro la qualità dell’ambiente e ancora un sistema tariffario che elimini sprechi e tuteli le fasce più deboli.
Non si può assistere a quanto successo in queste settimane in alcuni comuni della nostra provincia, dove la grande rabbia dei lavoratori ha determinato gravi problemi sanitari e problemi di ordine pubblico. La riforma degli Ato e il nuovo piano dei rifiuti vanno approvati immediatamente per rendere efficiente, rispettoso dell’ambiente, senza sprechi e moderno questo servizio. Cosi come per noi l’acqua è un bene essenziale che appartiene a tutti perciò la sua gestione non può che essere pubblica.
Con le Istituzioni pubbliche e con tutti gli Enti Locali è necessario rendere costante un confronto preventivo sui bilanci e sulle risorse per poter garantire servizi efficienti e di qualità e tariffe accessibili a tutti.
Ma la riforma delle riforme è rappresentata dal sistema fiscale. E’ necessario costruire un sistema fiscale equo e giusto, riducendo la tassazione sui redditi da lavoro e da pensione, incentrando la lotta all’evasione e alla elusione e tassando rendite finanziarie e grandi patrimoni così come avviene in altre parti d’ Europa . Il fatto che oggi vi sia il 25% circa di persone che non pagano tasse e che solo l’1% dei contribuenti ha redditi superiori a cento mila euro la dice lunga sulle ingiustizie esistenti.
La prima aliquota va portata al 20%, le detrazioni vanno aumentate e va riequilibrato attraverso il fisco la redistribuzione nazionale del reddito a favore dei lavoratori e dei pensionati.
Lo sciopero indetto purtroppo dalla sola CGIL per il 12 marzo prossimo, malgrado si tratti di una piattaforma unitaria sottoscritta nel 2007, rappresenta la giusta risposta a questa emergenza fortemente sentita dai lavoratori, dai pensionati e dai cittadini . La richiesta di restituire immediatamente 500 euro, insieme alla richiesta forte di fermare i licenziamenti, allargare gli ammortizzatori sociali, avviare un piano per rilanciare lo sviluppo a partire dal Mezzogiorno, per attivare politiche di accoglienza e di lotta alle nuove schiavitù delle quali i lavoratori migranti sono vittime, sono per noi obiettivi non più rinviabili per recuperare da un lato la grave perdita di salario netto dovuta all’aumento della tassazione che appare sempre più insostenibile per salari e pensioni, dall’altro per rilanciare i concetti di solidarietà e accoglienza.
La CGIL di Catania nei prossimi giorni dedicherà tutto il proprio impegno, già messo in campo con le assemblee congressuali di base di queste settimane, per garantire anche nella nostra provincia la piena riuscita dello sciopero.
Lo faremo chiamando non solo i lavoratori e i pensionati alla mobilitazione ma anche i giovani , gli studenti, tutti i cittadini che ritengono ingiusto questo sistema fiscale e che si battono per lo sviluppo, per il lavoro, per la tutela del reddito, per la solidarietà e i diritti di tutti a partire da quello degli immigrati che devono essere accolti e tutelati come ogni altro cittadino di questo paese.
Per queste ragioni abbiamo deciso di organizzare una Manifestazione di piazza nella quale le parole Equità – Solidarietà – Lavoro – Futuro sono sostanziate dalla forte voglia di cambiamento reclamata a gran voce dai lavoratori, dai pensionati, dai giovani di Catania.
L’economia siciliana e quella catanese risentono e pagano più degli altri la crisi e le mancate scelte e i mancati interventi del Governo centrale e dei Governi locali. Ne è la dimostrazione quanto sta accadendo con la Fiat che decide il totale disimpegno dalla Sicilia, con l’Italtel che taglia centinaia di posti di lavoro e con la stessa STM che si disimpegna da Catania malgrado abbia appena un mese fa garantito per Numonix, anche in virtù di una crescita del mercato dei semiconduttori, il mantenimento dei livelli occupazionali esistenti.
L’assenza di una politica industriale nel nostro Paese sta determinando un declino produttivo e industriale sempre più accentuato che diventa davvero pericoloso sia sotto il profilo economico che sociale.
Appare evidente che siamo ancora dentro la crisi e che il 2010 sarà ancora peggiore del 2009.
I prossimi 9/ 12 mesi saranno di grande sofferenza e sono centinaia di migliaia i posti di lavoro a rischio di cui migliaia e migliaia in Sicilia e a Catania, visto che importanti multinazionali usano il pretesto della crisi per delocalizzare.
Alcuni ci dicono che continuiamo ad apparire pessimisti o peggio catastrofisti.
No, la verità è che vogliono partire dalla lettura vera della realtà per vedere come affrontarla e per capire quali misure possono essere idonee per superarla.
Questo è il significato del nostro allarme perché crediamo più corretto impegnarci tutti seriamente con volontà e rigore a dare risposta alle ansie che assillano i lavoratori, i precari , i pensionati del nostro Paese.
E’ per questo che abbiamo chiesto e chiediamo al Governo nazionale, alle Istituzioni locali e al Governo regionale di mettere in campo misure forti per rilanciare lo sviluppo anche lavorando per costruire un nuovo modello.
Prima di tutto per fronteggiare la crisi e l’emergenza che ne deriva. In questo senso la nostra richiesta di allargare gli ammortizzatori sociali e le misure di sostegno al reddito da lavoro e da pensione è per Catania prioritaria.
Poi crediamo che debbano essere utilizzati i prossimi mesi per un confronto a tutto campo che consenta di costruire un modello di sviluppo che finita questa crisi possa garantire la ripresa produttiva e occupazionale, la crescita del prodotto interno lordo e con esso il benessere del Paese e delle sue comunità.
La Sicilia in questo quadro deve fare la sua parte. Anche perché il Governo centrale ha dimenticato assolutamente il Mezzogiorno e la Sicilia spostando sempre di più risorse al nord del Paese. Di questo si deve parlare e su questo ci si deve impegnare, anche perché il ritardo infrastrutturale e di sviluppo della Sicilia e della nostra provincia rappresentano un handicap che penalizza gravemente i cittadini di quest’area. Le risorse per velocizzare il trasporto su ferro, per potenziare la rete stradale interprovinciale e intercomunale, devono subito essere utilizzate per avviare immediatamente i lavori per la loro realizzazione.
Il Governo Siciliano , le Istituzioni tutte possono fare e devono fare molto di più se non vogliono lasciare da un lato che quest’isola si trascini senza speranza, dando di sé all’esterno una immagine pessima fatta di malaffare, di assistenzialismo , di mafia e di incapacità ad affrontare i problemi reali che vivono i cittadini siciliani, dall’altro se non vogliono farsi percepire come un ceto politico e di Governo incapace di essere classe dirigente con uno scollamento pericoloso dalle proprie comunità e dalla società civile. Tutto ciò può accentuare in modo sempre più grave la perdita della speranza e della voglia di riscatto che tantissimi siciliani sentono e vogliono affermare.
Per dare questa speranza, per sostenere questa voglia di riscatto bisogna partire dal lavoro, perché solo il lavoro riesce a dare dignità ai cittadini, solo il lavoro può allontanarli dal bisogno e dal ricatto in modo da garantire l’affermarsi dei diritti in una regione in un territorio che li ha visti mortificati a scapito dei favori e delle clientele.
Catania vive una situazione non dissimile e forse per qualche aspetto peggiore di quella appena descritta. Dai nostri congressi di categoria, caratterizzati da una forte unità interna, ne è uscito un quadro chiaro e approfondito settore per settore.
Voglio qui segnalare solo alcuni e non esaustivi dati sull’andamento della nostra economia e del nostro territorio e sulla situazione sociale che registriamo partendo proprio da quanto emerso nei congressi su richiamati, per proporre le misure che a nostro avviso sono necessarie per affrontare le difficoltà esistenti.
Nell’ultimo anno il tasso di disoccupazione è passato dal 18% al 21%, tra i giovani con meno di 24 anni tocca ormai il 50%, cioè 1 giovane su due non ha , ne trova lavoro.
Gli stessi rapporti di lavoro precari, registrano un forte calo perché molti non vengono rinnovati. Catania è una delle città più precarie d’Italia, lo dicono i dati ISTAT e per ultimo lo studio fatto dall’UPLMO pochi giorni addietro in cui si registrano decine di migliaia di assunzioni nel nostro territorio ma quasi tutte precarie.
Precari che a migliaia e migliaia operano nei troppi call center catanesi senza diritti e senza garanzie o, quando assunti a tempo indeterminato rischiano da un giorno all’altro il posto di lavoro per la perdita delle commesse.
Questo è avvenuto alla Ratio Consulta dove oltre 80 lavoratori sono stati sospesi perché l’Enel ha annullato l’appalto. Chiediamo una risposta forte e immediata per questi lavoratori per ridare loro il lavoro e con esso prospettive certe.
Ciò avviene anche nel settore pubblico per i provvedimenti del Governo che tutti conosciamo.
Nella scuola i provvedimenti della Gelmini hanno provocato tra personale ATA e docenti, 1500 licenziamenti, perché di questo si tratta per chi ha avuto per anni incarichi annuali oggi non confermati, e quasi altrettanti ve ne saranno quest’anno con la controriforma che il Governo porta avanti.
I provvedimenti Gelmini- Tremonti, stanno provocando e provocheranno sempre di più sovraffollamento delle classe, da noi già denunciato, peggiorando gravemente la qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento degli alunni della nostra provincia.
Per l’Università che dovrebbe rappresentare la fucina della nuova classe dirigente del paese, il discorso non cambia: taglio delle risorse,contrazione dell’offerta formativa, inaccessibilità all’alta formazione per moltissimi giovani. Una penalizzazione particolare per le Università meridionali e per il nostro ateneo che non potranno godere dei finanziamenti privati che al nord sono significativi.
Si rischia qui a Catania insieme alla desertificazione industriale di assistere ad una desertificazione intellettuale e culturale che impoverisce la nostra realtà.
Queste riforme oltre a creare un danno enorme alla scuola e all’Università pubbliche determinano un deficit che nei fatti blocca quella mobilità sociale che il diritto allo studio per tutti aveva con difficoltà garantito; smantellare la scuola pubblica è per noi inaccettabile, ma è davvero un delitto non garantire l’istruzione pubblica in una realtà come quella catanese dove il tasso di povertà riguarda 1 famiglia su 4 e forse una su tre e dove la dispersione scolastica risulta molto marcata. E’ per questo che noi riteniamo un dovere difendere la scuola pubblica e laica.
Solo investendo sulla conoscenza un territorio può competere con le sfide del mercato globale.
Nel settore edile registriamo una riduzione degli addetti di oltre il 20%, oltre 2.000 lavoratori, e la chiusura di più di cento aziende, con quello che ciò significa anche in termini di lavoro per l’indotto.
Si è registrato, sempre nell’edilizia un calo del 38% dei lavori pubblici, le gravi difficoltà del Comune di Catania e degli altri enti locali hanno certamente influito su questo dato, del 10% dei lavori privati con una riduzione del 9% del numero delle imprese e del 24% della massa salariale.
La logistica e il trasporto merci che rappresentano il volano di un territorio registrano la crisi di tantissime aziende che qui operano e ovunque si registra l’apertura di procedure di cassa integrazione e mobilità.
L’agricoltura che è stata sempre un fiore all’occhiello della nostra economia, con prodotti di nicchia e di qualità è ormai al collasso.
Il Governo Regionale dovrebbe impegnare risorse adeguate per rilanciare l’agricoltura ed in particolare quella catanese fatta di tante produzioni d’eccellenza che danno lavoro a decine di migliaia di lavoratori e rappresentano la spina dorsale di tantissimi comuni della nostra provincia.
A causa della crisi che vive l’ agricoltura le giornate lavorative si sono ridotte del 40%, il che significa che gli oltre 30.000 addetti del settore, che non possono più usufruire della riconferma delle giornate per calamità ma neanche di ammortizzatori sociali in deroga per l’assenza di risorse, si sono impoveriti pesantemente. Il Governo da un lato afferma che l’agricoltura siciliana e catanese è appesantita dall’assistenzialismo, dall’altro per fini elettorali spende 140 milioni di euro per le quote latte che interessano particolarmente il Veneto dove è candidato a Governatore il ministro Zaia.
Voglio che sia chiaro di cosa stiamo parlando: un bracciante agricolo guadagna circa 40 euro al giorno netti, quando riesce a lavorare per l’intero mese riesce a racimolare un salario netto di circa 1.000 euro .
Oggi con la crisi che investe il settore la maggior parte dei braccianti lavorano mediamente 1 8 giorni al mese percependo un salario medio di 750 euro.
Un lavoro molto duro, discontinuo e un salario davvero insufficiente, quando non si è costretti a lavorare in nero o sottopagati, come avviene per circa il 50% dei braccianti agricoli e dei lavoratori migranti preseti nel nostro territorio, per questi ultimi si registrano purtroppo anche casi di vera e propria schiavitù. Alle pessime condizioni di lavoro corrispondono in tanti casi condizioni di vita pessime ai margini delle comunità. Su questa questione vogliamo qui sottolineare il nostro apprezzamento alla scelta compiuta dal consiglio comunale di Catania di far partecipare alle sue sedute un rappresentante degli immigrati. Ciò rappresenta un segnale importante ed in controtendenza sulle politiche di integrazione e di accoglienza.
Nel commercio, nei servizi, nel turismo il discorso non cambia , anzi assistiamo a causa della riduzione dei consumi, a processi di esternalizzazione e ad una perdita di posti di lavoro davvero preoccupante.
In questo quadro c’è da sottolineare che la crescita sproporzionata di ipermercati nella nostra provincia, oltre a determinare la crisi e la chiusura di tanti piccoli e medi esercizi commerciali sta determinando una precarizzazione del lavoro inaccettabile. Ciò vale per Etnapolis, per Auchan ma anche e principalmente per Ipercoop che qui si è insediata l’anno scorso che ha utilizzato metodi nel reclutamento e nell’utilizzo dei lavoratori a tempo determinando inaccettabili e a nostro parere ricattatori. Alla faccia dei protocolli di legalità e di responsabilità sociale che si sottoscrivono.
Bisogna porre fine a questa continua nascita di ipermercati non giustificata né dai livelli di reddito ma neanche dai bacini di utenza. Si scompensa così il nostro sistema commerciale privando le città , i centri storici e le periferie dei servizi di prossimità senza creare né occupazione né ricchezza. Catania ha il più alto tasso di presenza di ipermercati e di centri commerciali da Roma in giù. Perché avviene tutto questo? Da cosa è giustificato?
Quello che è immediatamente evidente e che si innesca un meccanismo che coinvolge interessi a nostro avviso non sempre trasparenti a partire dalla crescita del valore e delle rendite dei terreni prima agricoli.
Nei settori produttivi e nell’industria troppe piccole e medie imprese con meno di 16 dipendenti chiudono, l’emorragia di posti di lavoro sembra inarrestabile.
Il settore della chimica e della farmaceutica sta vivendo momenti assai difficili con la riduzione di posti di lavoro a tempo indeterminato e la non riconferma di quelli a tempo determinato. Anche in questo settore il ricorso alla cassa integrazione e alla mobilità è sempre più massiccio, basti guardare alle difficoltà della SIFI per rendersene conto. Senza parlare della Wyeth Lederle dove dopo l’acquisizione dello stabilimento di Catania da parte della Pfizer le prospettive non sono ancora chiare.
La Cesame non riesce ancora a ripartire anche se il senso di responsabilità dei lavoratori che hanno costituito una cooperativa per riprendere la produzione fa intravedere qualche speranza che tocca alle Istituzioni rendere concreta. I lavoratori espulsi da anni dai processi produttivi ( Cesame, Maar.,Marketing sud, Coem, e purtroppo tanti altri) non riescono a trovare ricollocazione, malgrado i tanti protocolli d’intesa siglati in sede prefettizia dalle Istituzioni. .
Il polo tessile di Bronte è praticamente in via di smantellamento.
La crisi ha colpito anche il settore dei trasporti a partire dall’aeroporto dove centinaia di precari non sono stati riassunti e dove la crisi di Alitalia ha lasciato senza lavoro decine di piloti e di assistenti di volo catanesi che vedono così mortificata la loro professionalità e vanificati gli impegni assunti nazionalmente.
Nel comparto dell’elettronica e dell’high – tech, la Sat è stata chiusa e i segnali di una possibile ripresa sembrano allontanarsi e le prospettive che si prevedono per STM e per Numonix come detto prima non lasciano ben sperare.
L’annunciato investimento a Catania da parte dell’Enel, della Sharp e della STM per la realizzazione di uno stabilimento di produzione di pannelli fotovoltaici, che pur rappresenta un segnale positivo e che dovrebbe portare nuova occupazione , ancora non ci è dato sapere con precisione, se non attraverso la stampa e gli annunci fatti dalle Istituzioni, quali sono i tempi e i modi della sua realizzazione.
Questo annuncio sta accendendo tantissime aspettative tra i disoccupati della nostra provincia e tra i lavoratori espulsi dal ciclo produttivo.
Vogliamo ricordare, solo per evitare equivoci, che questo investimento sul fotovoltaico sostituisce il precedente già previsto e finanziato sul Modulo 6 della STM che doveva portare una occupazione aggiuntiva di circa 1.000 lavoratori e ch è stato abbandonato.
I dati Inps di Catania ci dicono che nella nostra provincia gli ammortizzatori sociali in deroga e quelli ordinari compresa l’ indennità di disoccupazione sono aumentati in tutti i settori di oltre il 70% rispetto al 2008. Ma il dato davvero preoccupante è quello della cassa integrazione ordinaria guadagni nel settore dell’industria che aumenta di oltre dieci volte tanto passando da circa 87 mila ore a oltre un milione e trecentomila ore. Sembra incredibile ma è così. Altro dato preoccupante infine è quello relativo agli incidenti e agli infortuni sul lavoro che vede Catania e la sua provincia ai primi posti nella graduatoria nazionale. Basti ricordare i morti di Mineo del 2007 i cui familiari sono stati occupati grazie alla legge regionale, qui chiediamo che sia applicata per tutti gli altri casi di morte sul lavoro. Bisogna garantire la sicurezza sul lavoro che viene spesso colpevolmente trascurata . Ciò va fatto riproponendo la precedente normativa stravolta da questo Governo, ma anche rafforzando con uomini e mezzi gli uffici preposti alla prevenzione dei rischi ,al controllo del rispetto delle regole e alla repressione dei reati.
Questi sono solo gli esempi più eclatanti di quanto grave sia la situazione sociale ed economica catanese, ed è per questo, infatti, che è davvero preoccupante che di fronte a questo quadro drammatico poco si faccia.
Le Istituzioni tutte, i Governi nazionale e regionale non sembrano all’altezza del compito anche se segnali ,che speriamo possano diventare presto atti concreti, arrivano dalla Provincia e dal Comune di Catania. Dobbiamo per correttezza dire che sino ad oggi la Prefettura che qui ringraziamo ha costituito un punto di riferimento e una sponda per tante vertenze complesse.
Noi pensiamo che la questione sociale a Catania rischia di diventare sempre più questione democratica.
Per questo richiamiamo tutti ad intervenire concretamente e velocemente, rifuggendo da tentazioni propagandistiche come quella della costruzione del Ponte, che non è stato mai per noi una priorità, ma che dopo la tragedia avvenuta nella Provincia di Messina e che in queste settimane si sta ripetendo in tante altre località della Sicilia orientale e non solo, appare incomprensibile.
Infatti per noi vista la scarsità di risorse disponibili quelle previste per il ponte vanno intanto orientate in direzione del recupero del territorio, del suo assetto idrogeologico, della messa in sicurezza degli edifici pubblici e scolastici in gran parte a rischio e per la costruzione di un sistema infrastrutturale del quale Catania e l’intera regione hanno bisogno.
In questo quadro il Piano Casa che si sta discutendo all’ARS a nostro avviso non risolve l’emergenza abitativa e, se non modificato, rischia di trasformarsi in una nuova occasione di assalto al territorio.
Per far fronte a tale emergenza chiediamo che si sblocchino i finanziamenti per la realizzazione degli alloggi di edilizia convenzionata e sovvenzionata in cooperativa per dare un alloggio a tanti lavoratori.
Inoltre chiediamo di attivare immediatamente tutti i cantieri lavoro progettati e finanziati nei comuni della nostra provincia per garantire lavori utili e necessari al territorio , ma anche per dare reddito e occupazione a migliaia e migliaia di disoccupati che aspettano di poter avere un’opportunità di lavoro specie in edilizia.
Troppo spesso leggiamo di studi effettuati da Istituti di ricerca che dimostrano il peggioramento delle condizioni e della qualità della vita dei cittadini di Catania e di tutta la Provincia.
La legalità e la sicurezza dei cittadini registrano un peggioramento impressionante.
Vi è, infatti, una preoccupante recrudescenza delle attività malavitose e mafiose, che va contrastata sia dalle forze dell’ordine e dalla magistratura, alle quali insieme alla Questura di Catania va dato atto di aver ottenuto importanti risultati con arresti di esponenti e di interi clan mafiosi, che hanno contribuito a rendere Catania un po’ più sicura e vivibile, sia dalle istituzioni e dalla società civile. Ciò è necessario per attrarre imprese e capitali che qui si vogliono allocare.
Inoltre, la più importante istituzione culturale catanese il Teatro Massimo Bellini è stata fatta oggetto di un attacco durissimo, che è venuto dal suo interno.
Infatti è stato proprio il suo scriteriato ormai ex Sovrintendente, che finalmente ha fatto un passo indietro presentando al Presidente della regione le sue dimissioni, ma che con i suoi comportamenti arroganti e le accuse infondate ha messo in forse il funzionamento del Teatro stesso, con grande nocumento per la cultura e per l’intera comunità catanese. Ringraziamo il Commissario dott.ssa Cancellieri per le dichiarazioni fatte nei giorni scorsi che con parole chiare e puntuali hanno reso giustizia ai lavoratori e alla dura vertenza che questi hanno aperto per ridare al teatro il prestigio messo in forse da questa conduzione personalistica.
L’altro Teatro catanese, lo Stabile, vive una stagione di difficoltà che non può essere sottovalutata.
Per finire , Catania è quella città nella quale mentre si reprime una importante esperienza di partecipazione attiva di giovani e cittadini, come quella dell’Experia, che nel cuore del centro storico di Catania rappresenta un luogo di inclusione, di aggregazione, di socializzazione e di recupero, si lasciano troppo spesso calpestare le regole e la legalità.
A questa esperienza va data a parere della CGIL la possibilità di continuare riconsegnando il Cinema Experia a questi giovani e se ciò non è possibile trovando un’altra soluzione parimenti adeguata.
E’ EVIDENTE CHE E’ L’EMERGENZA LAVORO LA VERA QUESTIONE CATANESE. C’E’ BISOGNO DI UN VERO E PROPRIO PIANO PER IL LAVORO PER CATANIA E LA SUA PROVINCIA.
QUESTO NOI CHIEDIAMO
Perché la rinascita di Catania, il miglioramento delle condizioni e della qualità della vita dei suoi cittadini, la lotta alla povertà e al sottosviluppo, la lotta alle illegalità, sono possibili solo se si liberano migliaia e migliaia di cittadini dal bisogno primario del lavoro, senza il quale si mortifica la loro dignità e il loro impegno civile.
Per far ciò bisogna partire dalle misure e dagli impegni previsti nel protocollo di Settembre che qui abbiamo più volte richiamato. È chiaro però che tutte le associazioni imprenditoriali devono svolgere il loro compito di rilancio di una imprenditoria attiva che rispetti regole e contratti con responsabilità e autonomia. Cosa questa non sempre evidente nei confronti della politica e delle Istituzioni.
Appare evidente che è indispensabile prima di tutto investire sulla conoscenza, sulla ricerca e sulla formazione per il superamento degli squilibri territoriali che penalizzano la nostra provincia.
A Catania ciò è possibile perché le intelligenze le capacità non mancano e anzi vanno sollecitate attraverso le istituzioni scolastiche e universitarie che debbono essere aiutate e sostenute in questo progetto, cercando di evitare la fuga di giovani cervelli che impoverisce il nostro tessuto sociale, economico e produttivo. L’investimento sulla conoscenza e sulle risorse umane rappresenta il vero valore aggiunto di un territorio e la più incisiva leva per uscire dalla crisi come ha anche sottolineato la Banca d’Italia in un recente studio.
E’ evidente che il sistema di reti e servizi territoriali è decisivo per lo sviluppo. Catania deve vedere presto approvato il suo PRG per disegnare una città vivibile , organizzata e moderna che ne esalti potenzialità e risorse.
Su questo tema daremo il contributo che il Sindaco ci ha richiesto, sapendo che non siamo già d’accordo a qualsiasi cementificazione speculativa e selvaggia. Il caso corso dei Martiri della libertà è un caso negativamente emblematico e la CGIL ne richiede la rimodulazione.
E’ necessario che il sistema della mobilità e dei trasporti a Catania venga integrato per rendere conveniente e sostenibile il trasporto pubblico oggi assai deficitario. La metropolitana su cui si stanno investendo ingenti risorse e gli altri vettori presenti nel territorio, a partire dalla AMT che deve essere risanata e trasformata, debbono creare un coordinamento in modo da realizzare quella integrazione necessaria a rendere più efficiente il sistema del trasporto pubblico locale, più economico e razionale ma anche per proporre il biglietto integrato tanto richiesto dai cittadini catanesi.
Ciò va collegato ad un sistema di posteggi scambiatori che deve essere messo in rete con tutti i vettori del TPL.
L’ aeroporto , le ferrovie, il porto e l’interporto, che va rilanciato, devono far parte di un sistema intermodale per potere esaltare la propria funzione e meglio contribuire al rilancio dell’economia catanese.
Gli Enti locali, la Camera di Commercio, la Regione, le Imprese private devono superare i veti incrociati e fare sistema per favorire la realizzazione di questo progetto di intermodalità, ancor più necessario in assenza di un piano regionale dei trasporti.
Non vi può essere sviluppo senza una adeguata rete infrastrutturale del trasporto e della mobilità che per noi è prioritario debba essere sostenibile.
Il turismo, che rappresenta un punto di forza e una grande opportunità per la nostra economia per la ricchezza del patrimonio culturale, paesaggistico e naturalistico della nostra provincia, va destagionalizzato e rilanciato attraverso una moderna organizzazione e un’incisiva attività di marketing e deve essere sostenuto da politiche pubbliche che valorizzino le sue potenzialità a partire dalla salvaguardia del territorio e dell’ambiente da scempi e speculazioni. In questo contesto la realizzazione del PUA deve essere governata per evitare tali rischi. L’Etna è un patrimonio naturalistico unico ed inestimabile per questo ne va salvaguardata l’integrità senza progetti faraonici che lo snaturerebbero.
Il turismo deve rappresentare una delle principali soluzioni alla costruzione di un modello di sviluppo sostenibile per il rilancio dell’ economia e dell’occupazione nel nostro territorio.
Un impegno forte ed un’attenzione particolare vanno poste da parte del Governo nazionale e regionale per dare impulso al nostro sistema produttivo a partire dalla STM della quale ricordiamo che il Tesoro è anche azionista, pertanto chiediamo che si assuma le proprie responsabilità dichiarando con chiarezza le sue intenzioni sullo stabilimento di Catania. Il Polo dell’high – tech, della Farmaceutica, dell’Agroalimentare , il distretto del tessile di Bronte , che con un proprio marchio può rappresentare un importante griffe della grande tradizione della produzione tessile italiana, sono punti di forza del nostro sistema industriale e produttivo e devono essere sostenuti e rilanciati.
La collaborazione Università- Territorio-Industria rappresenta senz’altro il valore aggiunto per il rilancio e il rafforzamento del nostro sistema produttivo.
La legge sul credito d’imposta approvata al’ARS può rappresentare una opportunità per la Sicilia e per Catania per dare sostegno alle imprese e per creare nuove opportunità di lavoro per i tanti giovani disoccupati e per quei lavoratori, spesso ultracinquantenni, espulsi dai processi produttivi.
In questo quadro è importante orientare lo sviluppo verso la “green economy” a partire dall’utilizzo delle energie rinnovabili come il fotovoltaico che tanto interesse sta suscitando tra gli imprenditori non solo a Catania.
Lo sviluppo del fotovoltaico può rappresentare, anche attraverso forme incentivanti da prevedere nelle gare pubbliche , la possibilità per il reimpiego con un’adeguata formazione dei lavoratori di aziende in crisi oggi in mobilità o in cassa integrazione.
Il progetto del piano solare mediterraneo lanciato nel luglio 2008 dalla Francia ed Egitto che prevede notevoli investimenti oltre a dare risposta alla forte domanda di energia rinnovabile deve diventare una delle opportunità da privilegiare per rafforzare la nostra economia .
Nel nostro territorio le potenzialità delle colture specializzate e di eccellenza sono davvero enormi. Basti pensare all’agrumicultura, alla viticultura, che si è sviluppata con la produzione vinicola pregiata conosciuta in tutto il mondo, alla coltivazione del ficodindia, dell’uva da tavola, per capire le potenzialità di questo settore.
Si tratta di sostenere, riconvertire, riorganizzare il sistema agricolo con gli investimenti e i progetti necessari per far sviluppare un’agricoltura moderna, legata al mercato del fresco e alle industrie di trasformazione.
Un sistema economico e produttivo efficiente ha bisogno di servizi adeguati e di una P.A. capace di rispondere velocemente ai bisogni delle imprese e dei cittadini.
Questa è senz’altro un’altra priorità che Catania non può sottovalutare, insieme a interventi forti di lotta alla povertà, all’emarginazione e al disagio per sostenere l’ inclusione sociale e per garantire alle fasce più deboli della società a partire dagli anziani e ai non autosufficienti dignità e diritti di cittadinanza.
Un tessuto sociale forte, un territorio sicuro che rispetta regole e leggi e che combatte tutte le forme di malaffare diventa più attrattivo e forte anche economicamente.
Appare evidente che se si vogliono raggiungere questi obbiettivi tutti gli sforzi, tutte le risorse, tutti gli interventi devono essere ad essi orientati.
I fondi Fas, le risorse comunitarie di Agenda 2007/2013 per la cui utilizzazione si registra un grave ritardo , la ZFU, che deve essere finanziata anche con risorse aggiuntive dal Comune, dalla Provincia e dalle Regione, sono un’occasione che non può essere sprecata.
In questo quadro va a nostro avviso creata una cabina di regia unica in modo da monitorare e orientare tali risorse e finanziamenti nella direzione prima richiamata.
E’ chiaro che il progetto è ambizioso, ma non può che essere così in una realtà che parte assai svantaggiata e con un gap con le altre realtà più sviluppate assai significativo.
La CGIL è pronta a fare la sua parte, mettendo a disposizione di questo progetto idee e proposte.
Noi siamo pronti al confronto senza pregiudizi guardando al merito dei problemi ma senza accettare veti e pregiudizi nei nostri confronti. .
Bisogna fare presto, non è più il tempo delle parole, la situazione non lo permette.
Le Istituzioni devono sapere che se si perde ancora tempo si corre il rischio di registrare un assoluto scollamento con il Paese reale che soffre ed ha bisogno di risposte e di soluzioni immediate.
Il Sindacato non può farsi coinvolgere in questo rischio. Per queste ragioni chiedo ad Alfio ed Angelo Segretari generali di CISL e UIL che sono qui e che ringrazio particolarmente, che malgrado vi siano tante cose che dividono in questa fase le nostre organizzazioni e che ciascuno di noi difende, di fare uno sforzo comune perché abbiamo il dovere di ricercare le ragioni per stare insieme . Lo impone la drammatica situazione che vivono i lavoratori i pensionati il mondo che noi rappresentiamo a cui dobbiamo dare risposte e speranza di riscatto e di futuro.
Credo che sarete d’accordo con me che se non vi saranno le prime significative risposte alla gravità della crisi affrontando l’ emergenza ma anche progettando nuove ipotesi di sviluppo, sarà necessario mettere in campo il protagonismo dei lavoratori nelle forme e nei modi che unitariamente concorderemo.
Care delegate e cari delegati, invitate e invitati, ringrazio tutti voi per quello che avete sin qui fatto, per l’aiuto che mi avete dato e che mi date, ringrazio tutte le categorie, tutti i quadri e i responsabili dei servizi e delle strutture presenti nel territorio che con il vostro impegno quotidiano fate grande la nostra CGIL.
Un ringraziamento particolare al compagno Epifani che ci ha onorato della sua presenza, la compagna Maggio che costantemente ci supporta, insieme alla segreteria regionale della CGIL.
Infine ringrazio il compagno Francesco Battiato che ci ha consegnato una confederazione più forte ed unita, i compagni della segreteria, i responsabili dei dipartimenti, dell’IRES ,che coinvolgerà tante intelligenze di questa provincia, cosa questa di cui siamo loro grati, ringrazio il tesoriere, l’apparato,l’ufficio vertenze, il direttivo e tutto il gruppo dirigente. Un grazie ai compagni dell’Inca e della Società dei servizi. Dobbiamo ringraziare infine le donne di questa organizzazione, che anche attraverso il loro coordinamento con il loro continuo impegno hanno consentito di fare della CGIL di Catania una organizzazione che rispetta l’equilibrio di genere. Infatti la presenza delle donne è forte, qualificata e significativa, oltre che paritaria come viene dimostrato dalla composizione delle segreteria.
L’impegno della CGIL a sostenere tutte le strutture a noi vicine, Federconsumatori, Auser e i giovani dell’UDU, per noi risorsa preziosa, sarà sempre più deciso e continuo.
La CGIL è fedele alla sua storia alla sua memoria e alla sua grande tradizione, indispensabili per rafforzare il sentimento di identità.
Qui oggi il compagno Andrea Miccichè, storico, ci parlerà di questo.
E’ per questo che chiedo alla CGIL regionale di sostenere il nostro progetto di recupero dell’archivio storico fondamentale per custodire ma anche per far conoscere questa memoria fatta di lotte di passioni e di impegno civile.
Il compagno Battiato quando ha rimesso l’incarico di segretario generale della CGIL catanese ha dichiarato che malgrado gli sforzi compiuti dal mondo del lavoro ha lasciato una città peggiore di come l’aveva trovata sette anni prima.
Il mio più grande desiderio, il sogno della CGIL catanese delle lavoratrici e dei lavoratori, dei cittadini di questa comunità di donne e di uomini che noi rappresentiamo, è quello di poter affermare fra qualche anno che Catania sia finalmente migliorata.
Tutti noi ci impegneremo a lavorare per questo.
E serve anche cominciare a pensare a chi il lavoro non ce l’ha e non l’ha mai avuto. Arroccarsi solo in difesa di chi lavora o rischia di essere licenziato non va. Tutto il rispetto per il dramma di chi rischia il posto a magari ha famiglia, ma siamo ormai un esercito quelli che mai sono riusciti a lavorare ad anni dalla laurea o dal diploma. Chi si interessa di noi? La Cgil mi pare non tanto.
A mio avviso serve di più una concertazione reale con gli altri sindacati. Tornare ad essere la Triplice (Cgil, Cisl, Uil) e lottare insieme all’Ugl, senza veti ed ostracismi fuori dal tempo.
Eppure oggi in Sicilia, con le varie vertenze aperte, dalla Cesame alla Sat, da Termini Imerese all’StM, occorre uno sforzo muscolare assoluto della Cgil. Assoluto.
In una situazione di debolezza delle sinistre come quella che vi è oggi in Sicilia, credo occorra ragionare in termini ultrarealistici. I sindacati qui fanno un lavoro durissimo e serve puntare oggi ai minimi risultati. Non dico appena appena essere visibili, ma è chiaro come le gambe della Cgil siano molto molli.
Meglio sottolineare in blu il “possibile”.
Poco, ma è sempre meglio che vi sia e che sia quanto più forte possibile.
Io semplicemente mi chiedo che cosa possa concretamente fare il sindacato in una situazione di assoluto deserto occupazionale come quella catanese.