Su “La Sicilia” del 4 gennaio 2016, in un’intervista di Giuseppe Bonaccorsi abbiamo parlato di Catania e dei suoi problemi. Buona lettura.
GIUSEPPE BONACCORSI «Catania la vedo come una nave incagliata che non riesce più a muoversi». Così parla il deputato naz. Pd, Giuseppe Berretta, che ad inizio 2016 parla a tutto campo della città e delle scommesse per il Sud del governo Renzi. E’ logico che le prime domande di questa intervista riguardino lo stato della città che, nonostante gli sforzi, da decenni non sembra avere più quello smalto che l’aveva contraddistinta negli anni 90. On. Berretta, allora, è una Catania senza speranze quella che si affaccia nel 2016? «Come prima cosa vorrei cominciare dall’Asi. Se la zona industriale resta quella che è puoi mettere in campo tutti gli strumenti che vuoi, ma non ne usciremo fuori. Gli imprenditori dell’Asi lamentano l’abbandono dell’area, la scarsezza dei servizi, il rischio alluvioni. C’è una condizione disastrata e questo comporta un handicap enorme per tutta la città. In verità non tutto dipende dal Comune, ma se ci si propone di costruire la città del futuro una delle priorità assolute deve essere il recupero dell’Asi. Quanto a Catania, in senso generale, oggi non la vedo bene. Tutti i grandi progetti presentati non hanno mosso un passo: dal tema del Distretto del sud-est all’attesa infinita della città metropolitana; dal Prg messo nel cassetto a corso Martiri. Anche l’apertura del porto alla città, più volte annunciata, non si è verificata. E potrei continuare con il recupero del palazzo di cemento, del palazzo delle Poste, dell’Ascoli Tomaselli… Inoltre registro un atteggiamento ondivago, per cui una volta la questura deve essere allocata all’Ascoli Tomaselli, poi alla Sommaruga e infine al Ferrarotto. Se in primo luogo neanche la decisione originaria è stata assunta in maniera metta, nessun obiettivo potrà essere raggiunto». Secondo lei la paralisi ruota intorno alla destinazione del Palazzo delle Poste che poi a cascata può «sbloccare» le altre opere? «Nel palazzo delle Poste andrà la nuova cittadella giudiziaria. Non può andare altro». A novembre sul palazzo delle poste si doveva tenere un altro incontro al ministero, ma non c’è stato. C’è il rischio che qualcuno remi contro? «I tentativi di frenare l’operazione, sempre se esistono, sono velleitari perché l’immobile è stato comprato con il vincolo di edificio giudiziario e tale dovrà diventare». Sul fronte della vivibilità come vede Catania? «Anche su questo fronte non registro miglioramenti. Un solo caso: qualche giorno fa mi è arrivata la notizia che il ricovero per homeless del Faro è stato chiuso perché a quanto pare bisogna fare la gara e non si è arrivati in tempo. E’ Una scelta poco comprensibile e inaccettabile. Poi se si guarda alla pulizia la differenziata è al palo, i parchi sono in abbandono, il trasporto pubblico è carente e l’esperimento Brt, uno dei pochi interventi innovativi, è stato depotenziato». Per permettere però di far funzionare il «Librino express». «Che non funziona a dovere perché paradossalmente ha complicato la vita dei cittadini, tagliando fuori percorso alcune scuole, Noi abbiamo chiesto modifiche non ancora adottate». Lei però dimentica che il sindaco ha presentato 326 cose fatte in due anni e mezzo. Non gliene va bene neanche una? «Ne poteva fare anche 3600, ma il tema è capire cosa si sceglie come priorità. E allora: come sono state scelte queste 326 cose? Vorrei ribadire che ogni qualvolta dalla città si leva una voce di qualcuno che propone una idea, pensando che sia utile partecipare al dibattito per il bene della città, questo viene subito attaccato. Invece andrebbe rovesciata l’impostazione di amministrare coinvolgendo e facendo partecipare, ma non solo a chiacchiere. Penso che andrebbe lanciata anche la proposta di una giornata civica del cittadino, in cui ogni catanese dedica una giornata l’anno alla sua città svolgendo tutti quei servizi che servono al bene comune. Una forma per far sentire tutti partecipi. Invece qui siamo di fronte a un Comune arroccato in una città che appare estranea e lontana». Una città forse disillusa e stanca? «Sicuramente questa città appare sfibrata, ma proprio perché appare così ci vuole una cura da cavallo. Ora l’idea di affidarsi soltanto al sindaco come colui che dovrebbe risolvere tutto è una immagine sbagliata». Manca la società civile, l’apporto degli intellettuali… «In parte sì, ma ad esempio nel rapporto con l’Università c’è un limite del sindaco. Noi abbiamo un Rettore che è una persona aperta e attenta. Servirebbe quindi un suo maggiore coinvolgimento nelle scelte». Lei si è fatta una idea chiara sugli ultimi nodi finanziari? «Intanto con la Legge di stabilità abbiamo dato un grosso aiuto al Comune per non farlo fallire. Quello di allungare in 30 anni il Piano di rientro era l’unico modo per salvare la città. E’ stata fatta una scelta giusta. Dopo di che l’unico modo per affrontare i nodi finanziari è incentivare la crescita dell’economica e contrastare l’evasione. Quanto alle Partecipate il paradosso catanese è che società che si occupano di gas e acqua in altre città fanno utili, qui invece fanno il contrario». Andiamo al tema dei partiti, In città c’è totale confusione. Il Pd esiste ancora? «La fase politica attuale è caratterizzata da grandi movimenti, con obiettivi molto limitati. Ora in questa confusione un ruolo fondamentale dovrebbe esercitarlo il Pd, invece registriamo una sua grande assenza». Da 10 mesi non riunite la direzione.. «Il fatto è che il segretario provinciale Enzo Napoli non è più difeso neanche da chi finora lo aveva difeso a spada tratta, come la deputata Concetta Raia. E’ una situazione che non può più essere tollerata, Serve aprire subito una fase nuova in grado di rimettere in moto il partito». Sta chiedendo un congresso? «Per il Pd ci vuole un progetto». In una Catania in forte crisi rischia di abbattersi anche la questione Tecnis. La politica può fare qualcosa? «Sulla Tecnis l’augurio che possiamo farci tutti è che il commissario riesca a fare in fondo la sua parte, e quindi a dare continuità ai posti di lavoro e a realizzare le opere in itinere, a partire dall’ospedale S. Marco». Nell’agenda della Finanziaria il sud sembra aver ritrovato spazio. E’ così? «Quello che mi preme sottolineare è che dopo tanti anni il tema del Mezzogiorno è tornato nella legge di Stabilità. Inoltre in sede di commissione Bilancio abbiamo reperito per il Sud altri due miliardi e mezzo aggiuntivi». Nella Finanziaria avete inserito un emendamento per la proroga dei precari. «E’ una storia finita che va chiusa una volta per tutte. Ci vuole uno sforzo di tutti, Regione e Comuni in primis. L’idea lanciata è quella di una agenzia che assorba tutti i precari e che li utilizzi in maniera più equa all’interno di tutti gli uffici comunali e regionali. Bisognerà vedere se la Regione sarà d’accordo, ma questo percorso va chiuso per poi riprendere a fare concorsi e ripartire con una gestione ordinaria delle risorse». Ma i cambiamenti ai quali lei allude passano da una forte assunzione di responsabilità della politica che in Sicilia non è certo stata sempre all’altezza… «Che in generale ci sia una responsabilità della politica è indubbio, ma che la politica sia il tutto è una mentalità sbagliata. Ad esempio in Sicilia si accusa la politica di essere inadeguata, ma la politica è una sola parte della macchina, poi c’è la società civile, l’impresa, la capacità dei cittadini di impegnarsi di più per il pubblico… ». A proposito di impegni della politica. Come finirà con i fondi per il terremoto di S. Lucia? «Il nostro intervento è stato determinante a tal punto che la corte di Cassazione sta definendo i contenziosi, dando ragione ai contribuenti. Adesso il ritardo è dell’agenzia delle Entrate. Noi comunque stiamo facendo una pressione inaudita».
Analisi spietata, ma reale. Per guarire bisogna conoscere la malattia. Purtroppo le cassandre di turno potrebbero sostenere l’efficienza di questa amministrazione, che purtroppo langue nel suo edonismo…tutti bravi…tutti efficienti. Per non vedere come langue Catania bisogna non viverci. Qualche spruzzata di fiori qui e là non copre le numerose buche nelle strade cittadine, non copre la superdiffusa illegalità, oggi la fiera era letteralmente sopraffata da venditori abusivi un vero caos. Non aggiungo altro, aspettiamo una vera cura anche se pesante. 326 cose fatte potrebbero soddisfare qualcuno se non ne restasser altre 3260 più importanti da fare, e che propabilmente resteranno non fatte. Sono veramente contento della imparzialità della Sua intervista e del suo impegno per questa nostra povera città.