Nessuna frustata all’economia ma solo un’accozzaglia di norme tappabuchi
Non è certo la frustata all’economia annunciata da Berlusconi pochi giorni fa, anzi il cosiddetto decreto milleproroghe può essere sintetizzato come un’accozzaglia di norme eterogenee e spesso contraddittorie, molte delle quali dettate da interessi particolari. Nel provvedimento manca completamente un filo conduttore a dimostrazione dell’assenza di un organico progetto industriale per affrontare la grave crisi che attanaglia il Paese. Nonostante la propaganda governativa, non è certo questo lo strumento per rilanciare i consumi, innescare le leve dello sviluppo e favorire l’occupazione. Nel merito, non si può non sottolineare l’assurda ed iniqua tassa sulle calamità naturali per cui le regioni colpite da un terremoto e da una alluvione dovranno alzare le tasse o le addizionali di propria competenza, compresa l’accise sulla benzina, per sopperire alla stretta delle risorse centrali. Un danno coronato dalla beffa dell’individuazione nel 6 aprile della giornata in ricordo delle vittime del terremoto dell’Aquila. Ma la tassa sulle calamità non è l’unico nuovo balzello contenuto in questo provvedimento: dal primo luglio 2011 il biglietto del cinema costerà un euro in più e anche il continuo rinvio del termine del pagamento delle multe relative alle quote latte sta, di fatto, configurando una nuova tassa che la Lega impone a tutti gli italiani per i propri tornaconti elettorali. Al Senato, il milleproroghe è stato approvato ricorrendo alla fiducia per arginare l’assalto alla diligenza dei senatori di maggioranza che vedono in questo provvedimento uno strumento per ricercare quel consenso che sentono svanito. Alla Camera gli equilibri non fanno dormire sonni tranquilli e così, pur di evitare il voto nelle commissioni di merito, è stato forzatamente interrotto il dibattito e il provvedimento andrà in aula senza relatore e senza il consenso delle commissioni competenti. Un atteggiamento inaudito e senza precedenti che svilisce il ruolo del parlamento. In aula la nostra opposizione si farà sentire.
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