Era il 2001, e Corrado Guzzanti (alla RAI, ma erano altri tempi) scherzava con questo finto slogan elettorale della “Casa delle Libertà”.
A distanza di dieci anni non c’è più Guzzanti in RAI, a momenti non c’è più la RAI e non c’è più nemmeno la voglia di scherzare.
L’unica cosa rimasta è quello slogan, che oggi non ci appare più finto.
Il neo “Partito degli Onesti” ha tirato fuori dal cilindro l’ennesima astuzia: rendere talmente oneroso l’accesso alla giustizia in materia di appalti che in moltissimi casi corrotti e corruttori potranno dormire sonni tranquilli, in assenza di reazioni da parte degli altri concorrenti.
Tra le pieghe del d.l. 98/2011, confidenzialmente chiamato “La manovra”, troviamo infatti una chicca ad uso e protezione dei tangentisti.
Di che si tratta, è presto detto: l’art. 37 al comma 6 prevede, per i ricorsi contro provvedimenti che riguardano procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture, il pagamento di un contributo unificato di € 4.000,00, indipendentemente dal valore della controversia. A scanso di equivoci è specificato che per ricorsi si intendono quello principale, quello incidentale, e i motivi aggiunti che introducono domande nuove. A questo si aggiunge l’aumento della metà degli importi dei contributi “ove il difensore non indichi il proprio indirizzo di posta elettronica certificata e il proprio recapito fax”.
Di seguito riporto il testo di un emendamento che tenta di scongiurare questo sconcio
AL PRESIDENTE DEL SENATO ON. AVV. RENATO SCHIFANI
Il Consiglio Direttivo della Sezione nella seduta del 7 luglio 2011, preso in esame l’art. 37 D.L. n. 98 del 2011, il quale, al 6° comma, prevede:
– relativamente ai ricorsi avverso provvedimenti concernenti procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture, il pagamento di un contributo unificato di € 4.000,00, indipendentemente dal valore della controversia, con la specificazione che per ricorsi si intendono quello principale, quello incidentale, e i motivi aggiunti che introducono domande nuove;
– l’aumento della metà degli importi dei contributi ove il difensore non indichi il proprio indirizzo di posta elettronica certificata e il proprio recapito fax;
CONSIDERATO
– che le richiamate disposizioni portano all’esasperazione un trend legislativo volto a limitare la tutela giurisdizionale nel delicato settore dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture nel quale le scelte effettuate dalle amministrazioni committenti sono non infrequentemente il frutto di corruzione, di malaffare, di traccheggiamenti, i quali si manifestano soprattutto attraverso la esclusione dei concorrenti non graditi sovente per pretesti di carattere formale, riguardanti la documentazione;
– che soltanto la tutela giurisdizionale può costituire una remora a tali inconvenienti, stante che pochi sono i casi nei quali i fatti assumono rilevanza penale;
– che già con il Codice dei contratti approvato con D. Lgs. n. 104 del 2010, era stato previsto, per i ricorsi nella predetta materia un contributo di € 2.000,00, indipendentemente dal valore della controversia;
– che inoltre con il D.L. n. 70 del 2011 appena convertito in legge, all’art. 4, è stata prevista, relativamente ai giudizi in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, la possibilità per il giudice di condannare d’ufficio la parte soccombente al pagamento di una sanzione pecuniaria in misura non inferiore al doppio e non superiore al quintuplo del contributo unificato dovuto per il ricorso introduttivo del giudizio quando la decisione è fondata su ragioni manifeste od orientamenti giurisprudenziali consolidati;
– che le richiamate disposizioni di cui al D.L. n. 98 del 2011, in corso di conversione, si pongono palesemente in contrasto con la garanzia della tutela giurisdizionale contro gli atti della pubblica amministrazione, la quale “non può essere esclusa o limitata … per determinate categorie di atti” (art. 113 Cost.);
– che si pongono altresì in contrasto con la disposizione secondo la quale “tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi” (art 24 Cost.);
– che infatti la previsione di un contributo di € 4.000, comporta che non a tutti i concorrenti ma soltanto a quelli che partecipano per appalti di notevole valore sarà possibile accedere alla tutela giurisdizionale;
– che negli anni 70 il legislatore più volte ha tentato di introdurre disposizioni volte a limitare la tutela giurisdizionale nella materia degli appalti di lavori pubblici, e tutte le volte la Corte Costituzionale è intervenuta dichiarando incostituzionali le norme via via introdotte (Corte Cost. n. 284/1974, n. 227/1975 e n. 8/1982);
– che la ricordata disposizione contenuta nell’art. 37 la quale prevede un aumento del 50% del contributo per l’ipotesi in cui il difensore non indichi il proprio indirizzo elettronica certificata e il proprio recapito fax costituisce una inammissibile manifestazione di disprezzo per la categoria degli avvocati amministrativisti.
Tutto ciò premesso, la Sezione
CHIEDE
che il testo del decreto legge sia emendato con l’abrogazione delle due previsioni predette riguardanti rispettivamente il contributo di € 4.000,00 e l’aumento del 50% per l’ipotesi di mancata indicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata e del fax.
FA PRESENTE
che l’emendamento soppressivo sarebbe pienamente rispettoso del principio dell’invarianza della spesa stante che i maggiori introiti che deriverebbero dall’aumento del contributo da € 2.000 a € 4.000 sarebbero certamente inferiori al minore introito che deriverebbe dalla sostanziale preclusione della tutela giurisdizionale per gli appalti di importo piccolo e medio.
Palermo, 11 luglio 2011
Il Presidente
Prof. Avv. Salvatore Raimondi
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