da l’Unità di oggi, l’intervista di Claudia Fusani
La sentenza Ruby «non avrà alcun effetto sulla tenuta del governo». E il decreto-carceri va fatto subito «perché c`è il rischio che disagi e malessere possano degenerare in proteste violente». Altri rinvii sarebbero irresponsabili. Il sottosegretario alla Giustizia Giuseppe Berretta prova a sgomberare il campo da fantasmi e sciacalli che aleggiano da giorni nel triangolo Palazzo Chigi, via Arenula, sede del ministero della Giustizia, e Viminale, sede del ministero dell`Interno.
Primo sospetto: ce la farete a portare il decreto carceri in Consiglio dei ministri per mercoledì?
«Il punto non è se ce la facciamo. Il punto è che dobbiamo farlo. Il testo del decreto è pronto. Ho finito l`altro ieri un primo giro nei penitenziari, la situazione è insostenibile e le proteste, finora civili, potrebbero in fretta degenerare. Questo è un pericolo che va scongiurato. Il decreto ha senso se lo facciamo adesso, prima del grande caldo, perché servirà soprattutto ad alleggerire la pressione e la tensione».
Però è già al terzo rinvio. E mercoledì sarà una riunione già affollata di provvedimenti altrettanto delicati, lavoro, Iva…
«Mettiamola così: se finora è stato rinviato per motivi comprensibili, d`ora in poi non lo sarebbero più».
Nel senso che avete aggiustato e spiegato quello che serviva?
«Il decreto ha l`obiettivo di far uscire o non far entrare in carcere 4.500-5000 detenuti con condanne fino a tre anni e non superiori a quattro purchè non siano reati gravi…».
Che sono però per lo più colletti bianchi in carcere per reati contro la pubblica amministrazione, quasi mai puniti con pene oltre i sei anni.
«Non è un indulto per cui vanno a casa e basta. Chi deve scontare pene fino a quattro anni va agli arresti domiciliari oppure viene impiegato in lavori socialmente utili. Il decreto ha un duplice obiettivo: risolvere ora un`emergenza e anticipare il principio già contenuto nel provvedimento sulla messa alla prova in aula alla Camera per cui il carcere diventa l`extrema ratio della punizione. È una rivoluzione culturale quella che stiamo chiedendo di avviare. Non possiamo pensare di risolvere tutto mettendo tutti dentro. Dobbiamo da una parte depenalizzare e dall’altra consentire l’applicazione di pene alternative. Sperimentare la giustizia riparativa per cui si risarcisce il danno e al tempo stesso il reo lavora in strutture convenzionate».
La Corte europea dei diritti dell`uomo ci ha condannato a una mula salatissima se non daremo almeno 3 mq per ogni detenuto.
Non è una questione di multe. È un fatto di civiltà. Dobbiamo diventare più europei, sia per il sistema delle pene che per i tempi della giustizia. Oggi, ad esempio, inauguriamo a Catania un reparto dedicato ai detenuti nell’ospedale civile Cannizzaro. È l`unica struttura in Sicilia».
Lei intravede nel decreto qualche possibile leggina pro-Berlusconi?
«No, e comunque sarebbe bello smetterla di parlare di norme ad o contra Berlusconi e valutare gli interventi normativi per gli effetti che producono sul sistema e per i vantaggi per i cittadini».
Ci sarà la norma che punisce l`autoriciclaggio?
«Eventualmente nel decreto sicurezza a firma del ministro Alfano. Che però, per questioni pratiche, io terrei diviso dal testo carceri. Sono partite diverse».
Sul civile il governo ha già fatto un mezzo miracolo.
«La svolta sono i giovani laureati che faranno la pratica collaborando con il giudice, come già avviene negli studi legali. E poi i 400 giudici onorari in Appello e i 30 magistrati in più in Cassazione. Daremo un taglio del 30 per cento all`arretrato di cinque milioni di cause».
3 milioni di cause arretrate nel penale, l`unica soluzione sono indulto o amnistia?
«È una questione su cui più prima che dopo le forze politiche in Parlamento dovranno meditare».
Oggi arriva la sentenza Ruby. Il governo rischia?
«Il governo rischia se non fa le cose. Se le fa, va avanti e rischia invece chi cerca costantemente di sovrapporre i piani. Chi punta a far andare a casa il governo per questioni giudiziarie pagherà un prezzo molto alto in termini politici ed elettorali».
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