Job Act? Sì, ma pensiamo anche ad un South Act

poletti0609thLe politiche per il lavoro del Governo Renzi, e in particolare il Job Act, rappresentano uno shock in una situazione di emergenza occupazionale senza precedenti, ma non possiamo ignorare una macroscopica lacuna in questo provvedimento: ancora una volta il tema del Mezzogiorno non esiste, nonostante tutti gli indicatori dovrebbero indurre a mettere al centro la questione meridionale per tentare di far ripartire l’economia nazionale. E’ necessario per questo affiancare al Job Act un South Act per colmare l’enorme divario tra Sud e Nord.
E’ quanto ho affermato oggi pomeriggio, intervenendo a Catania nella facoltà di Scienze Politiche al seminario organizzato dall’associazione culturale Haruka, alla presenza del ministro del Lavoro Giuliano Poletti. Il Sud infatti è il grande assente in questo provvedimento, una mancanza grave che occorre colmare con misure straordinarie.

Il PIL del Mezzogiorno nel 2013 ha registrato un calo del 4%, la disoccupazione meridionale è al 21,7%, quella giovanile al 60,9% e in questo quadro la Sicilia continua a perdere terreno, sia in termini di PIL che di occupati, mentre a tutto ciò si assommano 175 mila persone in cassa integrazione, in mobilità o con sussidi di disoccupazione. A rendere il tutto ancor più allarmante, i dati del rapporto Invalsi 2013 sull’apprendimento scolastico: l’Italia è divisa in due, con un grave ritardo del Sud sul Nord che trova conferma anche nei test di ammissione alle facoltà universitarie più appetibili, in particolare Medicina ed Odontoiatria.

Insomma, al Sud meno ricchezza, meno lavoro, meno scuola e formazione, meno opportunità. Per questo è necessario affiancare al Job Act un South Act, con investimenti massicci nella scuola e nell’Università meridionale, ma anche in strade, ferrovie ed aeroporti, nel contrasto al digital divide e all’alfabetizzazione informatica, sgravi fiscali e contributivi per le assunzioni, tagli alle tasse per le piccole e medie imprese, misure a sostegno dell’autoimprenditorialità e dell’autoimpiego, riforma delle pubbliche amministrazioni, investimenti nella lotta alle mafie.

Abbiamo investito 10 miliardi per il bonus da 80 euro. Un investimento analogo, al quale assommare un rapido e efficace utilizzo delle risorse della programmazione comunitaria, potrebbe rappresentare la svolta buona che l’Italia attende.

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