Ricordando Antonio vi regalo la Costituzione

Antonio Sorbello è un giovane studente giarrese dell’istituto scientifico Leonardo di Riposto. Mi piace parlare di Antonio al presente, pur sapendo che non c’è più, che ci ha lasciati prematuramente cinque anni fa. Ma durante la serata che ho trascorso alcuni giorni fa, nell’aula magna del liceo di Riposto, la sua presenza era forte, con tutta la sua esperienza di vita all’interno del gruppo scout Cngei di Riposto. Ho partecipato infatti alla premiazione delle borse di studio intitolate proprio ad Antonio Sorbello e volute dai suoi familiari. Una bella serata, in cui si è parlato di scoutismo ed impegno sociale e durante la quale mi è stata data la possibilità di parlare di volontariato. Un tema davvero attuale, strettamente legato al welfare (alla rimodulazione del welfare stesso che i tempi di oggi ci impongono) e ai diritti. Diritti sanciti dalla nostra splendida Costituzione, nel troppo spesso ignorato articolo 3. E proprio per questo mi ha fatto piacere regalare ai ragazzi che hanno partecipato al concorso una copia della Carta costituzionale.

Al centro del nostro incontro a Riposto, abbiamo posto un tema davvero centrale come quello del volontariato. Io l’ho affrontato cercando di tenere insieme una duplice prospettiva: quella di chi ha sempre avuto curiosità per ciò che si muove nella società e che ha cercato di mantenere viva questa curiosità nella propria attività universitaria e una prospettiva più politica, chiamata a individuare delle risposte o, quanto meno, un percorso per superare i problemi e le difficoltà.

Affermazione scontata ma necessaria, credo che il volontariato sia un tema troppo spesso dimenticato, del tutto secondario nell’agenda del Paese. Nonostante questo silenzi, lontano dai media, anche nel nostro Paese si è formato un esercito dell’altruismo, dell’attenzione verso gli ultimi, verso i più bisognosi. Gli ultimi dati raccolti dall’Istat parlano di 4,8 milioni di volontari, il 9,2% della popolazione. A questi numeri vanno poi aggiunti quelli del cosiddetto “volontariato informale”. Uno studioso come Ilvo Diamanti ha giustamente parlato di un “volontariato di vita quotidiana”, un volontariato individuale, praticato spesso al di fuori delle grandi associazioni.

Il volontariato costituisce una grande risorsa sociale e del nostro Paese ed anche della nostra regione. In questa direzione premono i processi in atto nella società italiana, nelle sue pieghe più profonde. Basti pensare ai cambiamenti che investono le dinamiche di esclusione sociale, che toccano in primo luogo i minori e i giovani. Oggi infatti accanto agli anziani emerge la vulnerabilità dei bambini e dei giovani. Nel nostro Paese ci sono più bambini poveri che anziani indigenti. In una realtà come la nostra la differenza tra povertà e benessere, tra libertà e dipendenza non la fa più soltanto la mancanza di pochi soldi ma l’assenza di formazione, di cultura, di chance e di opportunità.

Dinanzi a problemi di questa portata è evidente come sia necessario fare nuovi e grandi passi in avanti verso un nuovo welfare. Invece assistiamo ad una drastica riduzione della spesa sociale e ad un ulteriore impoverimento del nostro sistema di welfare. Rispetto a questi processi credo sia importante tenere insieme il ruolo di regia delle istituzioni e la capacità propria del mondo del volontariato di interpretare in anticipo i bisogni dei più deboli e di offrire risposte innovative e importanti.

In un campo così complesso, come è quello delle risposte ai bisogni delle fasce sociali più deboli, nessuno può pensare di farcela da solo. Occorre costruire un sistema integrato di interventi e servizi in cui il pubblico sia presente, in forme giuridiche anche differenti, in piena sinergia con i soggetti del terzo settore. Occorre muoversi con una grande capacità di innovare e sperimentare. Uno Stato che intende ridurre le disuguaglianze, contrastare l’esclusione sociale, affrontare i rischi legati alla precarietà deve essere in grado di superare le storiche fratture tra politiche di crescita e politiche sociali.

E’ chiaro il rapporto che lega qualità del Welfare e qualità del Volontariato. Più il welfare è debole, più il volontariato è chiamato ad un ruolo di supplenza e spesso, troppo spesso – occorre dirlo con franchezza – di vero e proprio tappabuchi.

Occorre una svolta a partire dai grandi temi irrisolti che accompagnano ormai da troppo tempo la vita del nostro Paese: dalla necessità di seri e intensi investimenti per la formazione e la famiglia al superamento dell’anomalia italiana nelle politiche di contrasto delle povertà e dell’esclusione sociale.

Siamo infatti l’unico grande Paese europeo a non avere misure stabili contro la povertà. Ci caratterizziamo per l’assenza di ogni forma seria di integrazione del reddito, sia esso un reddito minimo d’inserimento, sia esso un reddito di cittadinanza. A differenza di quanto accade in tutti i grandi paesi europei. Una situazione di debolezza del welfare che si ripercuote soprattutto sui giovani sulle loro possibilità di scelta e di futuro.

Una situazione da cui bisogna uscire. Le spese per i servizi sociali non costituiscono un mero costo, né tanto meno uno spreco, ma un vero e proprio investimento per il futuro, per lo sviluppo sociale, civile e produttivo.

Ma ancora di più occorrono scelte politiche forti e coerenti. Perché quando parliamo di sostegno al volontariato, riforma del welfare parliamo di risorse economiche, ma parliamo soprattutto di scelte politiche di fondo che un Paese come il nostro deve assolutamente compiere.

E questa svolta la si compie investendo grandi risorse nella scuola, nella ricerca, nell’università.

“Chi, come me, guadagna più di 250mila dollari l’anno, deve pagare più tasse Lo dice Barack Obama alla prima uscita pubblica dopo le elezioni. Barack Obama, non un estremista di sinistra. Hollande in Francia propone una tassazione del 75 per cento per chi ha redditi superiori al milione di euro. In Germania l’SPD, dall’opposizione, propone misure simili. In Italia occorre muoversi in questa direzione perché impiegati e operai sono allo stremo.

Il Palazzo della politica poi va ripulito. Non c’è dubbio. Si è superato ogni sopportazione. Ma non dobbiamo dimenticare che le radici della crisi sono nel sistema finanziario e in una concentrazione di ricchezza e potere senza precedenti. Per risanare i bilanci pubblici, dissanguati da un enorme travaso di risorse, si è pensato di operare drastici tagli allo Stato Sociale. Ma i problemi nella finanza pubblica sono dovuti a cause che non hanno nulla a che vedere con lo Stato sociale. Da un lato è causato dalle ingenti risorse utilizzate per salvare le banche e gli istituti di credito. Dall’altro è causato dalle politiche fiscali che hanno favorito i grandi redditi (che hanno pagato sempre meno tasse).

Il volontariato in un quadro politico e sociale rinnovato può svolgere ancora meglio il grande ruolo che già svolge nella società, è una grande opportunità per il nostro Paese e per la nostra terra. Dobbiamo muoverci insieme per rafforzarlo, per farne anche qui in provincia di Catania e in Sicilia una grande opportunità di sviluppo, e di lavoro, di crescita civile e democratica.

Non a caso ho ritenuto utile regalare a chi mi ha ascoltato alcune copie della Costituzione Repubblicana, invitando i ragazzi a leggerla, a partire dalla sua norma fondamentale, l’art. 3 li dove si afferma che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”, ma immediatamente si aggiunge “….È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese…”.

Si tratta con tutta evidenza di una polemica contro l’ordinamento sociale attuale che bisogna trasformare attraverso gli strumenti che la carta Costituzionale mette a disposizione. La trasformazione della società, il cambiamento di cui tanto si parla, passa attraverso le politiche e la Politica. Oggi come ieri, forse più di ieri sentiamo dire “la politica è una brutta cosa”, “che me ne importa”. In questi casi Piero Calamandrei raccontava una storiella che a mio avviso calza a pennello. Due emigranti attraversavano l’oceano su un piroscafo traballante. Arriva una gran burrasca ed uno dei due impaurito domanda ad un marinaio: “Siamo in pericolo?”, e questi risponde “Se continua così il bastimento tra mezz’ora affonda”. Allora corre nella stiva a svegliare l’amico e dice: “Beppe, Beppe, se continua questo mare, il bastimento tra mezz’ora affonda”. E l’altro risponde “Che mi importa, non è mica mio!”. Questa è l’indifferenza alla Politica.

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