Un patto con le imprese o l’Italia affonda

Un’intervista a Pier Luigi Bersani – “Il Mattino”, 9 maggio 2011

Pier Luigi Bersani

Non cerca la «santa alleanza» ma avverte: «Se Berlusconi va al Quirinale, non rincorro lui ma chi ha fatto lo schizzinoso sulle larghe convergenze»: il segretario del Pd Pier Luigi Bersani offre un «confronto per dimostrare che esiste una alternativa valida al centrodestra» anche a Confindustria e parti sociali. «In nome della ricostruzione del Paese».

Napoli è lo specchio di quel che accade a livello nazionale: un Pd diviso all’interno di un’opposizione che va in ordine sparso. Perché gli elettori dovrebbero punire Berlusconi e non chi non è in grado di offrire una alternativa valida?
«Napoli ha una storia a sé, vicende molto tribolate nelle quali il Pd ha vissuto passaggi certamente difficili. Detto questo, a Napoli si vede anche un Pd in grado di reagire e mettersi generosamente al lavoro per offrire una soluzione per la città: nessuno meglio di Morcone può far valere esperienza e risultati utili al governo di una città così difficile. Che non possiamo consentire venga consegnata alla filiera berlusconiana. Serve un governo che abbia forte autonomia, spina dorsale e rigore morale.
Il Pd oggi generoso è lo stesso che Rosa Russo Jervolino dice di non aver mai sentito al suo fianco?
«È una storia lunga e complicata, in cui anche Rosetta ha avuto le sue, anche giustificate, amarezze. Ma ora dobbiamo guardare avanti, Napoli è sommersa dai rifiuti. E a proposito di miracoli, il centrodestra governa a Roma, ha Provincia e Regione e la spazzatura è lì. Ringrazio i soldati ma non sfuggirà nemmeno a loro che son lì prevalentemente e transitoriamente per le tv. Come furono mandati a Milano a spalare la neve da La Russa, a maggior gloria del centrodestra».
Propone rigore morale, Ma, denunciati i pericoli del voto inquinato, quando Maroni ha annunciato una legge per garantire liste pulite lo avete attaccato.
«Sinceramente, gli ultimi due giorni di Maroni non mi sono piaciuti neanche un po’. Per due episodi inaccettabili. Discutiamo pure di nuove leggi ma intanto non guasterebbe darsi dei codici e non mettere in lista certa gente: sono rimasto sconcertato nel leggere quella singolare proprietà transitiva per cui Maroni garantisce per Lettieri e Lettieri per Cosentino. Maroni sa benissimo, se vuol essere onesto, chi può garantire la moralità a Napoli: ha nominato lui Morcone capo dell’Agenzia per i beni confiscati alle mafie. Se poi il giorno dopo, addirittura, a Bologna annuncia che fa l’accordo sulla sicurezza solo se vince il leghista, arrivederci».
È vero che Napoli ha una storia particolare, ma la stessa divisione l’opposizione l’ha squadernata nel voto voluto sulla missione in Libia.
«È la Lega che ha aperto una questione politica e non potevamo certo restare muti. È emerso con nettezza che non si trattava di una questione internazionale ma di comporre il dissidio internazionale tra Arcore e via Bellerio. Quasi una pagliacciata se la vicenda non fosse drammatica. E il prossimo missile che parte sarà targato Lega, visto che non è cambiato nulla se non l’aver dato l’impressione di voler esser sia quelli che lanciano i missili sia quelli che fanno i baciamano».
Eppure il governo regge e raggranella voti. Persino la richiesta di Napolitano di far chiarezza sulla nuova maggioranza, è interpretata da Bossi come l’occasione per dimostrare che il governo c’è.
«Oggi la tendenza è quella al disamore crescente, anche in chi li ha votati, e ad un indebolimento forte. Misureranno un voto in più o in meno ma stiamo al punto: quello che ha denunciato il presidente della Repubblica, detto in parole povere, è il famoso ribaltone, il teatrino della politica, portato all’eccesso, contro cui Berlusconi si è sempre scagliato. Non so fin quando gli elettori leghisti berranno le leggende che gli raccontano nelle valli: tanti voti di fiducia sono segno di debolezza, vittorie di Pirro che lasciano la maggioranza sempre più ammaccata».
Però dalla sua assemblea la Confindustria, pur critica, non ha infierito sul governo. È spaventata dalle vostre proposte fiscali?
«C’è sicuramente un elemento di giudizio e pregiudizio. Con i governi dell’Unione abbiamo fatto interventi a favore dell’impresa enormemente superiori a quelli del centrodestra ma, certo, accompagnati da messaggi di disistima, e siccome non di solo pane vive l’uomo… Ma non avevo mai visto una riunione di Confindustria a porte chiuse, per l’esigenza, evidentemente, di dirsene un po’. È un fatto nuovo ed importante. Il Paese sta andando avanti con il pilota automatico, senza un governo che intervenga ed io ad industriali e forze sociali dico che abbiamo proposte sulle quali siamo pronti ad un confronto. Per far crescere la fiducia nella possibilità di un’alternativa».
Evidentemente manca proprio la fiducia. Come ha detto Napolitano, l’opposizione, per diventare governo, deve offrire una alternativa credibile e praticabile.
«Noi abbiamo già governato, non siam mica degli avventizi. E Napolitano è la prova vivente che il centrosinistra non solo è in condizione di far governo ma anche di offrire presìdi alla Costituzione come nessun altro. La destra ha vinto un po’ ovunque, compresa l’Italia, promettendo meno tasse, lotta all’immigrazione, meno Stato. La ricetta è piaciuta ma i risultati sono quel che sono e siamo al punto di svolta: non ci si crede più ma non ci si è ancora staccati. Il mutamento di opinione va incoraggiato con una proposta di governo».
Intanto il risultato è un doppio ultimatum al Pd: Casini vi dice di rompere a sinistra, Vendola di chiudere ai centristi.
«Il Pd ha il diritto-dovere di presentare un progetto agli italiani. Da discutere innanzitutto con il centrosinistra ma lanciando anche un appello al confronto alle forze moderate in nome della ricostruzione del Paese. Nessuno tiri la giacca al Pd ma dica cosa propone. Senza ignorare che, con questa legge elettorale, chi prenderà il 35, 36 per cento e dunque un voto in più alla Camera, eleggerà il presidente della Repubblica. Teniamone conto, prima di fare gli schizzinosi in tema di larghe convergenze».

Una santa alleanza per sbarrare la strada del Colle a Berlusconi?
«Io non voglio sante alleanze difensive, come dice Casini. Ma avverto: attenzione, se Berlusconi fa il presidente della Repubblica, io non rincorro lui ma chi è stato schizzinoso».

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