La mafia, i beni confiscati, la cultura della legalità

foto (27)Ieri pomeriggio a Misterbianco ho partecipato ad un interessante dibattito su aziende e beni confiscati alla mafia, su come valorizzarli e renderli fruibili alla collettività. Voglio fare una premessa, però. La lotta alla criminalità è una priorità etica ed economica che coinvolge tutti, il Governo le istituzioni ma che è realmente efficace solo quando adeguatamente supportata dai cittadini, dalle associazioni, da una cultura diffusa di legalità. Io sono fra i 276 parlamentari, di tutti gli schieramenti, che hanno aderito agli impegni di trasparenza chiesti dalla campagna “Riparte il futuro”. Prima delle elezioni ci siamo impegnati a potenziare la norma sullo scambio elettorale politico-mafioso e accanto a questi parlamentari ci sono oltre 160 mila cittadini che hanno firmato per ottenere una politica capace di agire con forza contro la corruzione. È necessario cominciare da questa riforma per spezzare il patto deleterio che lega politico corrotto e mafioso corruttore. Per questo reputo fondamentale la modifica dell’articolo 416 ter del Codice penale, che è stata approvata nei giorni scorsi dal Senato e che adesso andrà alla Camera per l’approvazione definitiva. Si tratta di un primo importante passo per dotare l’Italia di un efficace apparato legislativo contro la corruzione, in linea con gli standard europei.

Accanto all’impegno diffuso nella lotta alla criminalità, il Governo si sta muovendo verso nuovi obiettivi. La Presidenza del Consiglio ha presentato nei giorni scorsi uno studio che prevede numerose proposte, destinate a diventare provvedimenti nelle prossime settimane, che introdurranno misure volte ad aggredire i patrimoni della criminalità, incidendo sulle disponibilità economiche delle mafie, ma anche per una più efficace gestione e destinazione dei beni sottratti alle organizzazioni mafiose: è inaccettabile che si possa lasciare a qualcuno la possibilità di pensare che con la mafia si lavora mentre con la legalità le imprese chiudono.
Una più efficace gestione dei beni e dei patrimoni confiscati è un punto fondamentale per valorizzare i beni tolti di mano alla mafia per trasformarli in risorse per la riaffermazione della legalità e per il rilancio economico di territori segnati dalla presenza criminale. Per questi motivi sono previsti un incremento della pianta organica dell’Agenzia Nazionale per i beni confiscati con soggetti dotati di specifiche professionalità di tipo tecnico e legale, il rafforzamento delle competenze dell’Agenzia, con la previsione che la stessa da un lato svolga un monitoraggio continuo e sistematico sul riutilizzo dei beni confiscati, verificandone la coerenza con il relativo provvedimento di assegnazione, e dall’altro possa assegnare direttamente alle associazioni e organizzazioni contemplate dal Codice antimafia i beni immobili di cui risulti evidente la destinazione sociale.
Al dibattito organizzato dal circolo Pd di Misterbianco e dai Giovani Democratici ha partecipato anche il prefetto Giuseppe Caruso. Anche il Direttore dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata ha ribadito l’importanza, oggi, di modifiche nell’Agenzia e di miglioramenti legislativi. “Colpire il mafioso nel patrimonio è una delle cose che più lo manda in bestia, la ciliegina sulla torta della brillante intuizione di colpire la mafia nel portafoglio sarebbe il riutilizzo dei beni confiscati – ha detto Caruso – La legge però ha funzionato solo in parte. Le aziende ‘lavanderia’ andrebbero liquidate attivando i meccanismi di salvaguardia per i lavoratori. Le aziende che funzionano vanno comunque sostenute dallo Stato perché senza il vantaggio competitivo offerto dalla mafia non possono andare avanti”. “La legge va cambiata – ha continuato Caruso – alcune confische sono servite solo ad arricchire gli amministratori”.

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