Ieri mattina sono stato in visita al carcere femminile di Rebibbia. E’ stata una mattinata densa di immagini ed emozioni contrastanti. La tenerezza dei bimbi, figli delle recluse, accuditi con amore e grande cura e attenzione nell’asilo nido del carcere e le pesanti porte blindate del reparto di Alta sicurezza, i sorrisi delle ragazze impegnate nei lavori in laboratorio e la durezza della vita in cella.
Nel complesso ho trovato una struttura che nonostante i problemi legati al sovraffollamento e alla carenza d’organico del personale di polizia penitenziaria riesce a fornire un’accoglienza dignitosa alle detenute. Durante la mattinata trascorsa a Rebibbia sono stato accompagnato dalla direttrice dell’istituto di pena Ida Del Grosso, dalla presidente della Commissione tutela diritti del I municipio Roma Capitale, Iside Castagnola e dalla Presidente dell’associazione “A Roma insieme “ Gioia Passarelli.
Con loro ho visitato i reparti di detenzione ordinaria, alta sicurezza, l’asilo nido, la ludoteca, la biblioteca, la lavanderia industriale, i laboratori di sartoria, pelletteria e gli spazi dedicati ai colloqui.
Il mio apprezzamento va alla direzione e a tutto il personale dell’istituto, agli agenti della polizia penitenziaria agli educatori e ai puericultori che curano l’asilo nido di Rebibbia e all’associazione “A Roma insieme” che collabora attivamente con la direzione e il personale per dare ai piccoli figli di donne detenute un sostegno nel loro percorso di crescita. Penso che alcune delle buone pratiche di Rebibbia, come il lavoro specializzato e la possibilità di far uscire i bimbi dall’istituto per delle attività di svago e socializzazione, andrebbero esportate in altri istituti penitenziari. E’ in progetto ad esempio l’apertura di una biblioteca per bambini all’interno del carcere, spero di tornare a Rebibbia in occasione dell’inaugurazione.
Ho voluto visitare la sezione femminile di Rebibbia per verificare di persona le condizioni in cui vivono le persone che stanno scontando la pena. Visitare le carceri, vi garantisco, è sempre un’esperienza forte è lo è ancor di più quando, come in questo caso, ci si trova davanti ad una struttura in cui sono presenti i bambini figli delle madri detenute.
Anche se esistono delle serie difficoltà legate al sovraffollamento e alla carenza di personale della Polizia Penitenziaria, che porrò all’attenzione del Dap, ho avuto modo di constatare a Rebibbia come i sistemi di vigilanza dinamica rendano più umano il carcere sia per i detenuti sia per gli agenti di Polizia Penitenziaria e ho avuto la conferma che il lavoro all’interno delle strutture carcerarie rappresenti un mezzo decisivo per il reinserimento nella società delle persone che hanno commesso reati.
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